La prima parte dell’articolo è disponibile qui.

Di DIEGO ORTOLANI DELFINO

Come pensavamo, le opzioni Apruebo e Convenzione Costituzionale hanno trionfato nel referendum. I sondaggi prevedevano questo trionfo e stavolta non hanno sbagliato. Ma l’incisività della vittoria, praticamente 80 a 20 in entrambe le opzioni, ha dato vita alla festa notturna in piazze e quartieri, ed è stata addirittura letta come rifondativa. L’astensione alla fine è stata alta, al 49%, ma vari elementi molto positivi la relativizzano, in particolare l’alta partecipazione giovanile (abitualmente astensionisti) e la chiara differenza di classe nella votazione: più proletari erano i quartieri più cresceva la partecipazione e più eclatante era il trionfo, al punto che solo nei tre quartieri in cui si concentra la popolazione ricca, a Santiago, hanno vinto il Rechazo e la CM: “Non erano 30 pesos, erano 3 quartieri”.

Questo sbilanciamento giovanile e proletario del voto è molto stimolante, e in parte coincide con la “composizione organica” della ribellione iniziata nell’ottobre 2019, i cui protagonisti sono stati soprattutto (seppur con molte differenze) giovani proletari/e precari, anche cognitari e affettivi, specie nelle Primeras Líneas e nelle derivazioni assembleari e territoriali (riflettevo su questo in un testo dell’anno scorso). Ciò indica interessanti possibili derivazioni della ribellione e dei suoi soggetti, quanto alla loro auto-costituzione politica, materiale, simbolica, sensibile.

Nonostante questo, tutti gli ostacoli analizzati restano presenti. Non appena si è finito di contare i voti e si è festeggiato il trionfo, riappaiono nitidamente le trappole e i pericoli descritti, specificamente rispetto al “Processo Costituzionale”.

In più, la destra e i suoi rappresentanti contano di portare una lista unica all’elezione dei costituenti (non senza difficoltà), in cerca sia del terzo che permette il blocco, sia di fare numero per i possibili 2/3 del Partido del Orden nella Convención. Pablo Longueira, il “colonnello” dell’UDI, allontanato a suo tempo dallo scenario poltico per la sua partecipazione a gravi fatti di corruzione politico-imprenditoriale, lo riassumeva magistralmente alle sue armate evidenziando parte delle trappole dell’Accordo.

Dall’altro lato, è molto probabile che i partiti di opposizione parlamentaria si presentino divisi in almeno due liste (anche se si fanno appelli per una lista unica), soprattutto per la spinta dell’ala più a destra dell’ex Concertación, particolarmente restia ad abbandonare il circolo del Partido del Orden e aprirsi all’accordo col Frente Amplio e soprattutto con il Partito Comunista. Una lista sarebbe formata da tutta l’ex Concertación, e un’altra eventualmente dal FA e dal PC (anche se anche quest’ultima ha le sue difficoltà).

E tutto ciò al netto di quel che si è spiegato: si schiera il circo dei partiti delegittimati, in cui l’octubrismo e il popolo mobilitato, che hanno aperto la breccia, o non hanno spazio o al massimo ne hanno uno subordinato e non protagonista, rafforzando la possibilità di una NC gattopardista.

In questi giorni si spegne l’eco dei festeggiamenti, l’inquietudine si diffonde e tornano a porsi i dilemmi. Nel movimento dei movimenti (che abbiamo chiamato M18) si riapre il confronto e torna a emergere chiaramente la necessità di andare oltre il processo dell’Accordo. L’obiettivo massimo è quello di cambiare la legge regolamentare per approdare a un’Assemblea Costituente plurinazionale e moltitudinaria, senza l’egemonia dei partiti politici e con le sue proprie regole. Quello minimo, prevedere altre formule che almeno implichino una Lista Unica di candidati, con la partecipazione dei partiti ma con l’egemonia dei movimenti, costituendo questi magari un qualche tipo di Assemblea Generale o Parlamento Popolare in cui discutere e individuare i candidati. E così, emergono proposte, in un processo che sarà febbrile e ingarbugliato, il cui orizzonte più realistico, dalla prospettiva ribelle, è la riapertura delle mobilitazioni per imporre le nostre istanze.

È vero che il blocco dominante non domina in maniera monolitica in questo momento, e mostra alcune incrinature, proprio grazie al lungo ciclo di lotte iniziato nel 2006 e alla ribellione. Il quadro generale è quello di una crisi di legittimità e di un’estrema frammentazione politico-partitica, pur non trattandosi di una crisi di dominio perché il sistema mostra gli artigli della repressione, con le forze armate e di polizia ben pilotate dal blocco neoliberale dominante. Ricorda “il vecchio muore e il nuovo non può nascere”.

Un dialogo tra il “M18” e i partiti, forse necessario almeno in questa congiuntura (almeno con quei partiti che, come il PC, il FA, qualche piccolo settore dell’ex Concertación, e partiti minori, possano avere la volontà di articolarsi contro il neoliberalismo) è difficile e perfino improbabile, per vari motivi che non possiamo qui approfondire, primo fra tutti il loro grado di delegittimazione.

Sfide

Se esiste qualcosa come un movimento dei movimenti che risulta essere una novità politica selvaggia rispetto al sistema di partiti costituito, che è stato protagonista della ribellione contro il neoliberalismo in assenza quasi assoluta di questi, aprendo un momento costituente (e crediamo sia così), questo movimento affronta tutte queste sfide: come e a che scopo sperimentare la propria auto-costituzione politica, che fare rispetto al sistema dei partiti e al potere dello Stato, come mantenere aperti nelle loro possibilità tanto il processo di ribellione quanto il processo costituente (e questo come doppio movimento, costituzionale e di auto-costituzione).

Quale orizzonte del comune, della riappropriazione della ricchezza, della democrazia e quali nuove istituzioni immaginare. Tastare se sono possibili derive rivoluzionarie e per quali percorsi, problema di un’epoca di capitalismo delegittimato ma fuori controllo e sempre più distruttivo. Non ci sono dubbi sul fatto che si tratta di un movimento che ha dispiegato un’enorme energia e creatività, capace di produrre enunciazioni come “Non era depressione, era capitalismo” o “Finché la dignità non sarà l’abitudine”, e che conserverà un grande potere destituente.

Tutto ciò con alle spalle trent’anni di frammentazione neoliberale, depoliticizzazione e memorie parzialmente recise. E avendo di fronte tanto la continua minaccia della repressione quanto tutti gli altri dispositivi neoliberali di normalizzazione e cattura, in un contesto continentale (e globale) in cui opera l’alleanza imperiale-oligarchica, che sorvola come sempre la Nostra America come abbiamo visto di recente con il golpe in Bolivia. Grandi sfide, alle quali eventi fondamentali come questi due ottobre consecutivi apportano incoraggiamento ed epica.

(Traduzione di Maddalena Lovadina)

Questo articolo è stato pubblicato in castigliano per sinpermiso l’1 novembre 2020. Foto in copertina di Jose Pereira.

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