di FANT PRECARIO.

Cari Euronomadi, riprende, con quanto di seguito, la corrispondenza da Genova1.

Dove ci sono amministratori capaci le cose avvengono” (Graziano Delrio su Raffaella Paita, 26 maggio 2015)

I. I FATTI

Nei precedenti interventi si era parlato di vari eventi che avevano interessato il capoluogo ligure nell’ultimo anno, dallo sciopero degli invitti tranvieri (ricordate Comrade X, con Hedy Lamarr splendida tranviera militante comunista che si innamora di Clark Gable?) allo splendido “ripescaggio” della Costa Concordia, alle alluvioni dell’autunno.
Sono state cronache che non hanno incontrato i favori del grande pubblico e neppure dei compari che hanno disegnato l’altra storia della città, quella vera (e breve) della periferia proletaria (storia che va dal 1944 al 1980, all’incirca). Addirittura, il presidente del soviet supremo di Sampierdarena mi ha sconfessato (pur essendo io il suo più fedele e umile discepolo) così redarguendomi: «solo bile…».
Invero, avevo soltanto cercato di dimostrare che (i) Genova non è mai esistita (Genova è un’idea come un’altra… ammoniva l’avvocato di Asti); (ii) Genova è un laboratorio del capitalismo finanziario di stato; (iii) Genova è pura fiction (come quelle di Terence e Tarciso, che la principale banca ligure abbondantemente finanziava) dove il vessillo della putrescente sinistra si pone a coibentare tasselli di un immobile apparato repressivo, attraverso la gestione della memoria.
paita-occhi-al-cieloUna volta nella vita i fatti mi hanno dato ragione. Leggo dal Secolo XIX: dopo dieci anni di centrosinistra, la Liguria cambia e sceglie un presidente di Regione di centrodestra. È Giovanni Toti, candidato per il quale si sono riuniti Forza Italia, Lega nord, Fratelli d’Italia e centristi di Area Popolare. Grande sconfitta Raffaella Paita, candidata del Pd lanciata dal presidente uscente Claudio Burlando, che ha accusato la sinistra e il suo candidato, l’ex Pd Luca Pastorino, di avere “cinicamente” aiutato l’avversario di centrodestra dividendo i sostenitori del Pd. Il risultato finale è netto: Toti 34,7%, Paita 27,7%. […] Paita ha commentato al telefono con l’Ansa la sconfitta dando la colpa a Pastorino autore di «un’operazione cinica che ha consegnato la Regione a “un uomo di Berlusconi”». Edoardo Rixi, vicesegretario federale della Lega che ha ritirato la candidatura a favore di Toti esulta «perché la Lega ha trascinato il centrodestra alla vittoria» e la candidata del Movimento 5 Stelle parla di «una vittoria storica» per il movimento alla prima prova in regione Liguria […]. Pastorino replica a Paita: «non è colpa mia se ha perso, la colpa è sua e di Renzi che hanno distrutto il loro partito. Toti non avrà i numeri per governare e e rivedremo un patto del Nazareno al pesto».

Ora, sappiamo tutti come è andata: Raffaella Paita [coniugata Merlo, Presidente dell’Autorità Portuale, altro pezzo di gerontocrazia picina, ma cfr. anche la coppia (ormai non più tale) Armella (presidente della Fiera di Genova) Lunardon (segretario regionale PD), tanto che taluni rimpiangono la famiglia Milosevic-Markovic] vittoriosa regina delle primarie avverso “l’uomo per tutte le stagioni”, Sergio “Ivan” Cofferati, è uscita sconfitta nella competizione regionale dal mirabolante Toti (uno che quanto a personalità, Cariglia era Giggi Riva) che, con l’atletico e proverbiale lancio della stampella (intuibile dove si sia conficcata), ha riportato Forza Italia al titolo meritatissimo di Governatore.
Facile ironizzare, facile dare interpretazioni di facciata, facile addurre la necessità, per la sinistra (de che? rispetto a cosa?) della rifondazione del partito degli assessori che da tanto tempo regge la stagnazione Burlandiana (clone di Breznev con meno sopracciglia ma più gusto per la guida spericolata).
Peraltro, come ci insegna il maestro di Pavana, per capire la nostra storia bisogna farsi ad un tempo remoto (non troppo remoto, come vedremo).

II. PREMESSE MORTIFICANTI

(i) Dall’Ansa 11.01.2015: Paita appena strappato a Barbie il titolo di “reginetta del Ballo” tuitta: «saranno anni rock».
(ii) Dal Secolo XIX, in data 15.01.15: il portavoce di Raffella Paita, Simone Regazzoni, nella vita professionale insegna all’Università di Pavia e scrive libri in cui svela libri come “Sfortunato il paese che non ha eroi” che gli hanno conquistato sul web la crapepelatefama di cow boy di destra. E li presenta anche a Casapound e in diretta streaming su Radio Bandiera Nera, la web radio di CasaPound Italia. Ammiratore sfegatato di Clint Eastwood, sul web si giustificava così: «Se Casapound mi invita per discuterne non mi tiro certo indietro per timore di subire qualche contestazione a sinistra, dove mi colloco, o di finire nelle liste di proscrizione dei sinceri democratici. ringrazio dell’invito e vado. Ma sia ben chiaro: non vado a Casapound per dare lezioncine di morale o di democrazia a nessuno. Vado per ascoltare».
(iii) Dal sito ufficiale del PD Ligure, in data 8.05.15: insieme possiamo farcela, perché come diceva Bruce Springsteen “noi siamo nati per correre”.
(iv) 9.05.12, comizio di La Spezia, appena liberata dal fantasma che ivi si aggirava dai moti del 1848 [qui]: la velocità – che è capacità di decisione – è il vessillo della nostra campagna elettorale [senza scomodare filosofi mascellati, osiamo dire che velocità è al più capacità di essere veloci, prendere decisioni è, invece, mero indice di “decisionismo” che, laddove disconnesso dalla capacità di comprendere, resta atto insulso utile solo a giustificare un’inutile esistenza].
Quanto alla nefandezza di casabau, mi permetto di citare i nomi delle vie di uno dei pretesi bacini elettorali del bolide pidino: Angelo Scala, Luciano Zamperini, Ezio Faggioni, Riccardo Rissotto, Renato Livraghi. Verrebbe da dire alla Mennea de noantri: chiedi chi erano i Beatles.

Archiviata la cialtronata più smaccata ma anche comprensibile per il condivisibile rispetto del Violante-pensiero, merita disamina la spumeggiante evocazione di miti giovanili e spensierati che farebbero arrossire Ciao 2001.
Anzitutto il comizio di La Spezia più che a Bruce Springsteen rimanda a Lou Colombo (ovviamente nella versione di Jerry Calà): Maracaibo, il mare forza nove, andare si ma dove…, ma è la scelta velocistica (la Paita si vuole – novella Learco Guerra – come Locomotiva umana) che rinviene poderosa.
Allo scrivente il boss2 non è mai andato giù, sin dai tempi ignoti di Greetings from Asbury Park e oltre, fino al rutilante e vuotissimo esercizio di (poco) stile Born to run (non per niente evocato dalla nostra) che vede la luce nel 1975 per essere annientato pochi mesi dopo dall’orgia del punk (ultima scintilla del proletariato fordista in un mondo già compiutamente post).
Ecco il testo:

Di giorno teniamo duro nelle strade
Di uno sfrenato sogno Americano
Di notte sfrecciamo fra case signorili di prestigio su macchine da suicidio
Usciti dalle bare di cemento verso l’autostrada 9
Su ruote cromate, motori a iniezione
Correndo sulla linea bianca
Piccola, questa città ti strappa le ossa dalla schiena
È una trappola mortale, un invito al suicidio
Dobbiamo fuggire finché siamo giovani
Perché i vagabondi come noi, tesoro, sono nati per fuggire

regazzoni_paita1Guai a pensare a moltitudini esodanti, a un inno al non lavoro: qui si parla di individui marci di nulla – che suppongono di essere Kerouac che crede di essere Woody Guthrie che ha perso in una rissa con Neal Cassady la tessera del sindacato (estremo involontario oltraggio a Cofferati?) – vittime di un American Dream che già per Bogie era un big sleep profondo e annichilente che neppure Fonzie riuscirà a vincere (e vinceremo!, per dirla con Regazzoni, che poi, forse, la Paita, tutta presa dall’ansia di velocità pensava a Clay e non a Simone).
Che si trattasse di una fuffa che neanche Bernard Madoff, lo avrebbe, poco dopo, capito anche un Giusy La Ganga qualunque:

Avevo un amico
che era un grande giocatore di baseball
ai tempi delle scuole superiori
riusciva a lanciarti la palla in una maniera
che ti faceva fare la figura dello stupido
l’ho visto l’altra notte
in questo bar sulla strada
stavo entrando, mentre lui usciva
siamo rientrati, ci siamo seduti
abbiamo bevuto qualcosa
ma tutto ciò di cui parlava erano
Giorni di gloria, ti passano accanto
giorni di gloria
rapidi come il battito di ciglia di una ragazzina
giorni di gloria, giorni di gloria

Trascurata la ragazzina, che fa tanto Don Seppia, traspare la “gloria” (…manchi tu nell’aria, per citare lo Steve Reich del pop italico) di essere nulla se non ispiratori di filmini porno soft sui College americani (Porky’s docet), evirati da un ermo colle che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Nell’universo paitiano (siccome nella “narrazione” del giovane leader in camicia bianca) la corsa, la velocità nell’assumere decisioni rileva quale valore (di scambio, come si vedrà di seguito) in sé, quasi la nostra confondesse Garrincha con Marocchino.
È il Bruno Conti bolso post mondiale ’82 che affiora nell’enfasi rockettara, il richiamo evidente ad una visione Alvin Lee della politica, laddove anni rock (efficace il richiamo alla dicotomia rock/non rock del politologo di lusso dell’Italia Savian-Faziosa) più che a Woodstock rimanda all’effervescenza putrida delle cheerleaders, una sorta di Alka Seltzer dell’impianto costituzionale nato della resistenza.
Si badi, quelle di mrs. sono veloce nelle scarpe il piede cuoce (del resto il cervello prende vento, ma si cuoce dal di dentro…) non sono parole a vanvera, sono un vero e proprio manifesto politico per il futuro: correre felici a perdifiato, fare a gara per vedere chi resta indietro.

III. GENOVA FEUDO DELLA SINISTRAHAHAHAH

a) Ecco i presidenti della regione Liguria nel corso degli anni:
1970-75: Dagnino (DC), ma anche presidente della Cassa di Risparmio di Genova;
1975: Verda (DC) (suocero di Scajola?);
1975-80: Carossino e Magliotto, effettivamente figli di quel PCI che coevamente voleva farsi stato (per Speciale il terrorismo “rosso” era figlio di un certo estremismo, quello legato all’area dell’Autonomia, e voleva colpire la strategia del compromesso storico del Pci di Berlinguer: per questo fu usato politicamente da forze di destra che convergevano su questo obbiettivo politico: La Spezia Oggi, 10.05.2015, “Gli anni di Piombo di Roberto Speciale” – e guardate che non cito l’articolo per menarlo ai vecchi AutOp, ma per preludere al ragionamento svolto in sede di sconfitta dalla nostra, laddove quale soggetto che pare che ami travestirsi da sinistra, ma sia un docile elemento del terrore, è assunto, addirittura – mica cazzi – il sindaco di Bogliasco, che poi ce lo vedi Pastorino teppista, frikettone, criminal provocatore), per essere cacciato a pedate dal PSI craxiano all’atto di governare il cambiamento (bello slogan, peraltro, chissà perché la nostra non lo ha riciclato).
Dal 1980 si susseguono Persico (PRI), Teardo, Magnani e Muratore (PSI), Gualco (DC), Ferrero e Mori (PPI), Biasotti (FI) e siamo al 2005…

b) Ed ecco l’appartenenza politica dei sindaci di Genova:
dal ’51 al ’75 DC;
dal ’75 all’85 Cerofolini (PSI), con grande rispetto per il compagno tranviere travolto dal craxismo come sopra, tra i pochi genovesi decorosi dal giugno ’60;
e poi Campart (PRI), Merlo (PSDI) e siamo al ’92 quando Claudio “sottopasso” Burlando festeggiava con la scoperta dell’America l’avvento della sinistra di governo e di governo

IV. LA TORNATA ELETTORALE

È noto come Cofferati non abbia gradito la vittoria della Paita e abbia fattivamente operato per l’approntamento di una lista di sinistra che si rivolgesse alla “tradizione sociale del socialismo”.
Too late, per chi ha avvallato trent’anni di derelizione del welfare, traghettando la sua anima dalla CGIL porosa e pomiciona alla poltrona di sindaco di Bologna con enfasi ruspante (nel senso di Salvini, non del pollo Aja).
In realtà gli avvenimenti di cui si tratta sono ripetersi ciclico nel PCI: (i) si apre alla destra con svenevolezze liberal (ii) con la scusa che bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano, poi (iii) arriva un giovane rampante che (iv) ti ruba la sedia nel comitato centrale, (v) cadi in minoranza e allora (vi) vaneggi rimpianti “sociali”.
Da quando il PCI (PDS/DS/PD, in ossequio al nuovamente immacolato Santo di Arcore) è al governo, chi si impone a livello centrale soffre la linea del loser passatista (che a sua volta definiva passatista il predecessore), il quale sfrutta al meglio il sistema di produzione assessoriale fondato sullo sfruttamento del terzo settore per perpetuare il proprio potere.
pastorinoQuindi, la gestione resta in capo alla ditta di Bersaniana memoria, sia in cielo come in terra attraverso l’innovazione statuale e la repressione locale (falsa innovazione, vera repressione).
Quindi, tra Paita e Pastorino non v’è, pur con qualche approssimazione, differenza alcuna; si tratta di modi differenti di intendere la gestione del flusso di denaro pubblico tendente (i) a creare la parvenza di una tutela dei settori più disagiati (gergo schifoso, direte voi; già, ma è quello “in voga”); (ii) realizzare la socializzazione delle perdite del capitale impresa; (iii) consentire la creazione di denaro a mezzo di indebitamento pubblico; (iv) denaro da erogarsi tramite appalti e sovvenzioni allo stesso capitale impresa (fittizia).
Se la produzione avviene attraverso lo sfruttamento dell’energia sociale, cosa di meglio di un ente pubblico per estrarre dalla collettività la ricchezza che si da nella vita?

V. DESTRA E SINISTRA NELLA DIMENSIONE PICINA

Per Pastorino, la Paita è di destra intendendo realizzare una coalizione tra i due partiti principali PD/FI con cui portare avanti il “rinnovamento” desiderato dalle troike di ogni livello. Se si guarda alla storia della giunta Doria che regge il comune di Genova, questa tendenza è effettiva e palpabile.
Ma qual è la risposta che i reggitori dell’opposta fazione abbozzano?
Innegabile è lo scivolamento in percorsi renziani (ma anche alfaniani e perché no, verdiniani) da parte delle giunte “arancioni”, come conferma il disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione che ha colpito il povero Pisapia (colui che ha reso Milano il cesso più pulito d’Europa) cosicché anche l’edificazione del socialismo cofferatiano non garantisce da quello che si vorrebbe, a parole, evitare.
Inoltre, la riduzione della politica a desiderio di governare “ad ogni costo” e velocemente (ripresa: la metropoli mi aggancia, ho problemi con la pancia/ Son tranquillo sul vagone, mi stravolge la stazione! Mi suda l’ascella, la folla mi martella/ La faccia in contrazione, perdo la ragione/ Metropoli mi aggancia! Problemi con la pancia!) accomuna anche gli irriducibili. Ecco cosa raccontava Cofferati a Repubblica il 19.01.2015: ma io per un mese e mezzo ho informato la Serracchiani e Guerini, i due vice di Renzi, dello scempio che si stava consumando in Liguria, dei rischi di inquinamento del voto, della partecipazione organizzata del centrodestra con l’Ncd e anche Forza Italia alle nostre consultazioni per votare e far votare la Paita, con la partecipazione attiva di certi fascistoni mai pentiti, e la presenza perfino di personaggi in odor di mafia ai gazebo e ai seggi. […] Era stata pianificata una vittoria a tavolino, con l’appoggio del centrodestra. Alcuni suoi esponenti, come il segretario regionale Ncd Saso, l’ex senatore forzista Orsi, il fascista Minasso, lo avevano pubblicamente dichiarato. Quando io ho dato la mia disponibilità e sono entrato in campo, ho scompaginato i loro disegni. E l’organigramma di potere era già pronto.

In che senso, Cofferati avrebbe scompaginato i disegni del PD renziano che in tal modo (in presenza anche sua) governa l’Italia? Di quali elementi di rottura, o perlomeno differenzianti si è MAI fatto portatore?
Vogliamo ricordarci che gli unici provvedimenti della giunta del rossissimo Doria furono lo sgombero dei bongisti notturni da Piazza De Ferrari e lo sgombero del Buridda? Chi arrivò a minacciare i tranvieri in sciopero?
Avanti al centro contro gli opposti estremismi è motto di Saragat che ha ormai intriso il corpo flaccido di “ogni” centrosinistra a qualunque latitudine e di qualsivoglia foggia.
Un esempio su tutti. (da Repubblicait, Genova, 18.05.15): domenica i venditori abusivi hanno quasi “circondato” Slow Fish. Commercianti e residenti: andremo a barattare merce usata sotto il Comune. È una guerra di posizione e la trincea è delimitata da quelle lenzuola traboccanti di tutto, scarpe vecchie e computer rotti, merce rubata e spazzatura, che ogni giorno strappano qualche centimetro intorno alla fermata metropolitana di San Giorgio. Un balletto giocato sul filo dei nervi, quello del mercatino abusivo di via Turati, tra gli ambulanti che ogni mattina, fino a mezzogiorno, sistemano le loro postazioni poco lontano dall’Acquario, nel centro turistico della città, i residenti esasperati, i banchetti che vendono prodotti tipici liguri accanto a Palazzo San Giorgio sempre più “assediati”. Come è successo nei giorni scorsi anche agli stand di Slow Fish, la manifestazione che andava in scena solo pochi metri più in là, mentre alle spalle il suq guadagnava posizioni, indifferente con la sua compravendita. […] “Basta, siamo esasperati”: sono sulle barricate, le associazioni che uniscono residenti e commercianti del centro storico. La rivolta contro il suq che ogni mattina si ripete a due passi da Porto Antico e Acquario alza il tiro. I residenti e commercianti del civ Sarzano-Sant’Agostino con le bandiere verdi di Confesercenti hanno manifestato, pochi giorni fa, ai piedi delle Mura delle Grazie per difendere lo spazio conteso.

Ci sono tutti gli estremi per il rinnovato fascino della “grande guerra”: la trincea, l’ultima spiaggia, l’onore della patria, l’invasore. Muti (forse il riferimento era al grande Ettore) passaron quella notte i fanti si sarebbe, infatti cantato pochi giorni dopo a De Ferrari [a proposito di Ettore Muti, ecco cosa Francesco Colombo rispose a chi gli contestava la presenza all’interno della propria squadra di alcuni elementi di dubbia moralità: Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l’Italia non chiese ai suoi garibaldini di presentare all’imbarco sul Rubattino il certificato penale (ma si rivolgeva alla Bindi?). Eppure fece l’Italia (o il partito della nazione)! Io, che tu definisci un balordo, con i miei balordi, farò piazza pulita dai traditori, dai gerarchi vigliacchi, dall’antifascismo (che poi è solo vecchiume ideologico, e le foibeeeeeee!?!?!?!) Li hai visti i gerarconi di allora aderire al nuovo fascismo repubblicano? No!… quelli non ci sono più: hanno tradito! Ma ci siamo noi ora, stà tranquillo, Resega, che ce la faremo! Tutti i giorni ci ammazzano (magari a Roma correndo a folle velocità per le strade) e tu vuoi che si faccia la fine del topo? Quali forze abbiamo che facciano rispettare le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre case (magari acquistate a nostra insaputa)? Ora provvederà lo squadrismo milanese (oppure il procione lavatore arancione)! A parte la querelle ante litteram con la Bindi, che forza! quale visione nazionale! che impeto nel salvare le nostre famiglie (tradizionali, ovviamente, mica quelle quattro checche irlandesi) e le nostre case!].
La risposta del Comune nella versione ulivista che i frondisti propugnano? (da genova24.it del 21.05.15) La questione – ha replicato il sindaco Doria – va affrontata, con l’assoluta consapevolezza di una verità: ogni atto compiuto può sollevare critiche. Su questa vicenda deve esserci coordinazione, il Comune non può intervenire da solo. C’è chi propone di risolvere tutto con la ruspa. Io la penso in modo diametralmente opposto: ci deve essere intervento delle forze dell’ordine, ma non solo (ecche, Principe, la Xmas? il 7° cavalleggeri?). […] Nel caso di via Turati – ha concluso il primo cittadino – stiamo parlando di persone che per la maggior parte recuperano oggetti buttati via nei cassonetti e negli staccapanni. Non è tollerabile che avvenga in una zona in cui ci sono attività commerciali e importanti flussi turistici.
Già li vedete, negroni sempre affamati di donne bianche e superalcoolici che vendono immondizia di fronte a onesti esercenti e bimbi innocenti, rumeni che rubano il rame dal cimitero di Staglieno, albanesi che turbano la vecchiaia di simpatiche donnine drogate di turchinetto, prostitute tunisine che insidiano giovani e delicati tesori di mammagenova.
Quale la risposta? Per la lega: polizia e ruspe. Per il principe, pulizia e ruspe e non solo… ecco, la differenza tra Paita e Pastorino è tutta in quel “non solo” (magari un talk con Formigli in differita con ospiti Salvini, Renzi, Himmler e Landru).

genova_renzi_paitaLa repressione è il primo tratto distintivo del ceto politico genovese, con 50 sfumature di nulla che non mutano lo spirito dell’iniziativa.
Se così stanno le cose, andare a braccetto con Lotta Comunista e/o il Cardinale per le vie di Sestri in difesa dell’Italimpianti non è alternativa (tantomeno seria).
Consentire epurazioni e licenziamenti inneggiando al maglione nero (colmo di forfora) di Marchionne oppure fingendo la lacrimuccia da “atto dovuto” non è tanto differente.
Così come identico è l’approccio alla governance degli enti locali.
Da Il fatto quotidiano del 13.11.14: Appalti in cambio di escort e cene a Genova. Con queste accuse i carabinieri del Noe hanno fatto scattare un blitz nella sede di via D’Annunzio dell’Amiu, l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti. Tra gli arrestati, tre dirigenti dell’azienda, tra cui Corrado Grondona, responsabile legale e affari generali dell’Amiu, e i due imprenditori Vincenzo e Gino Mamone. Secondo l’accusa, i dirigenti avrebbero concesso appalti agli imprenditori in cambio di notti con escort e cene in locali di lusso. Gino Mamone era già stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi per corruzione, insieme a un assessore dell’allora giunta Vincenzi, per la compravendita dell’area ex oleificio Gaslini, sempre a Geonova. Nel 2002, una nota della Dia gli attribuiva collegamenti con la ‘ndrangheta e in particolare con la cosca Mammoliti di Oppido Mamertina. I carabinieri del nucleo operativo ecologico hanno eseguito in tutto sette ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip su richiesta della Procura nell’ambito dell’indagine “Albatros”, che nel dicembre dello scorso anno aveva portato a una serie di perquisizioni all’interno di strutture operative di Amiu. Le misure restrittive hanno riguardato Corrado Grondona, 56 anni, dirigente Area Acquisti e Ufficio Legale di Amiu, Gino Mamone, 53 anni, ex titolare della ditta Eco-Ge, Vincenzo Mamone, 55 anni, fratello di Gino, titolare della ditta Ares International, Luigi Mamone, 28 anni, figlio di Vincenzo, titolare della ditta “Impre.Ares”, Claudio Deiana, 56 anni, titolare della ditta Rgd, Stefano Raschellà, 55 anni, titolare della ditta Edildue e Daniele Raschellà, 30 anni, figlio di Stefano, contitolare della ditta Edildue (la cosa davvero riprovevole è che Edil è Due in quanto c’era, probabilmente, Ediluno e ci sarà Ediltre, tutto a carico dell’ente, ma questo non si deve dire, meglio immergere le mani nella triade monnezza, sesso, corruzione: così, storditi da pruriti e Travagli, non si affrontano i problemi, ma si attizza la “rabbia” malsana della maggioranza silenziosa).
Si badi, non si vuole attribuire colpevolezza ad alcuno (a differenza che per gli arrestati del 7 aprile, la presunzione di innocenza qui è d’uopo), né seguire i canoni tipici dell’antipolitica da salotto.
Quello che ci si chiede è: dov’era allora la vigile sinistra transfuga e ribelle di oggi?

Da Il Secolo XIX, cronaca di Genova, 17.07.13: Con la sua impresa, negli ultimi anni, ha vinto molti dei più importanti appalti in materia di costruzioni marittime e fluviali. Ed è alla guida d’un colosso riconosciuto a livello nazionale che a Genova e in Liguria ha realizzato grandi opere come la copertura del Bisagno e il dragaggio di calata Sanità, il ripristino della mantellata di molo Duca di Galliera e della diga foranea, oltre la predisposizione anti-mareggiate a difesa del porticciolo di Lerici. Ecco perché l’inchiesta della Procura di Venezia che ha portato all’arresto di Gianfranco Boscolo Contadin, manager di “Coedmar” e consigliere di “Nuova Bisagno scarl”, rischia di avere conseguenze anche sotto la Lanterna dove entrambi i gruppi sono parecchio noti e dove la Guardia di finanza sta valutando le possibili ramificazioni degli accertamenti. L’imprenditore è rimasto implicato nell’indagine sulla gestione “deviata” del Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico, diga da 5 miliardi di euro che dovrebbe difendere il capoluogo veneto dalle acque alte della laguna), una serie di maxi-commesse che sarebbero state affidate ad aziende amiche. A seguito dell’operazione, condotta dalle Fiamme Gialle, sono finite agli arresti complessivamente 14 persone e le accuse sono a vario titolo di turbativa d’asta, evasione fiscale, false fatturazioni, violazione della legge sugli appalti. Gli inquirenti, nei giorni scorsi, hanno eseguito ricognizioni in decine di società, comprese quelle con base nel capoluogo ligure riconducibili a Boscolo, alla ricerca di tracce di eventuali tangenti.

Stiamo ancora più attenti; non ce ne cala alcunché della lagna sul magnamagna, così come nei ’70 non ci vantavamo di avere le mani pulite.
La questione non è morale (perlomeno non più, da quando Coopsette è caduta da cavallo e Di Vittorio è il nome di una cooperativa miseramente fallita con un passivo clamoroso), la distrazione del denaro pubblico è ora elevata a sistema di produzione. Morta la fabbrica, transitati nel sistema dell’indebitamento sistemico, saccheggiati le banche e il risparmio privato (fosse solo per mantenere una vita decorosa nella precarietà dell’esistenza completamente messa al lavoro), non resta che la produzione di denaro a mezzo di stato.
La garanzia costituita dall’ente, che certifica il credito per l’assunzione dell’appalto, consente al capitale di dichiarare esistente l’impresa aggiudicataria; impresa marcescente che poi fallirà e ci penserà l’INPS a pagare il TFR.
Tutto è ormai fittizio: l’ente pubblico, l’impresa, i lavoratori, il denaro. Resta la vita, massacrata, sconfitta, depredata. E questa non ce la renderanno né Paita, né Pastorino.
Perlomeno, da allegri, pur moribondi, ragazzi del Donbass, schifiamo Springsteen e mettiamo sul piatto Anthony Braxton.

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  1. Le precedenti corrispondenze: A Genova!, A Genova – II, Ancora fango per una città di merda (A Genova – III)

  2. Anche senza arrivare alla bolsa cover di Stain’ Alive che avrà fatto risorgere dalle tombe i fratelli Gibb assetati di sangue tamarro.