di TONI NEGRI.

 

Caro M.,

D’accordo con te. I territori della République sono perduti, forse definitivamente.

In più l’Unione Europea, dopo il voto francese, è sull’orlo della catastrofe. La marcia delle moltitudini dei profughi ed il respingimento, illusorio ma forsennato, delle destre europee (ormai fascistizzate?) l’hanno mostrata incapace di reazione istituzionale. Gli Stati europei rinchiudono le loro nazioni dentro steccati e muri, fra metal detector ed eventualmente norme di “eccezione”. E fanno la guerra per bloccare le migrazioni che le loro guerre hanno determinato ed ancora sollecitano. A lato e di mezzo a queste disastrose iniziative c’è l’alleanza con il Sultano turco, udite udite!, per farlo entrare nell’Unione. Aggiungi che l’UE e la NATO si sono sovrapposte l’una all’altra – davvero embedded – e vanno giulive di guerra in guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente, dal Maghreb all’Africa Subsahariana. Questa crisi europea è complicata dalla corrispettiva azione di DAECH – la “guerra fra civiltà”, una delle armi più potenti dell’ideologia reazionaria viene così accreditata e condita con “legislazioni d’emergenza” da uno “Stato di eccezione”. Dell’equilibrio di bilancio a livello europeo non si parla più, a meno che ci si rifiuti di spendere per la guerra. Le forze politiche che si pretendono democratiche  sono tetanizzate in questo imbroglio – in questi combinati disposti l’una follia tira l’altra e son sempre inanellate ed insolubili. Quando l’imbroglio arriva a questo punto, non c’è spada di Damocle che possa risolverlo: il pericolo è imminente.

 

Lottare contro la guerra e per l’Unione mi sembra compito politicamente necessario. Son vecchio ma ancora capace di tirarmi su le maniche. E mi ripeto, contro la guerra e per l’Unione. Ma tu chi sei? Chi rappresenti? Con che forza parli? Mi puoi chiedere. Non son nessuno ma per lottare contro la guerra non occorre essere in molti. Basta che pochi disertino e portino la parola “diserzione” in pubblico: altri seguiranno perché la lotta per la pace determina sempre delle valanghe. Ma perché unisci all’invito a lottare contro la guerra quello di ricostruire l’Unione Europea? Perché se l’Unione è nata per porre fine a quelle guerre intra-europee che per secoli ci hanno assassinato, solo l’Unione può essere oggi capace di trattare alla pari con altre potenze continentali. Tu reagisci e replichi: ma l’Unione che c’è oggi è un coacervo di forze reazionarie, in gran parte asservite – sul terreno internazionale – alla politica americana; sul terreno interno, alle politiche postcoloniali di un capitalismo periferico – opportunista ed egoista, servile e feroce. E le forze cosiddette socialiste non son solo pronube a questi indirizzi politici ma rinnovano con ciò la colpa, la responsabilità storica di un implacabile disarmo della resistenza al capitalismo ed alla guerra.  Vuoi forse, in questa situazione, continuare ad ingannare te stesso ed i tuoi compagni proponendo un’impossibile rinnovamento dell’Unione? Non so rispondere a questo rimprovero se non proponendo una radicale lotta per l’Unione, una lotta costituente. Un tempo dire “lotta costituente” significava dire “guerra civile”. Non c’è esperienza di conquista di una vera democrazia e di un ordinamento comune che sappia organizzare felicità e pace per i suoi cittadini, che non sia nata dalla forza di contropoteri costituenti. Guerra civile, lotta costituente: forse oggi può tradursi con costruzione di contropoteri. Guarda non solo le grandi esperienze costituenti (inglesi, francesi, americane e russe) ma semplicemente alla Resistenza costituente nella seconda grande guerra interimperialista.  È lì, nella solitudine del confino fascista, che nasce l’idea di un’Europa unita; è nell’intreccio fra lotta armata e lotta di classe che nella Resistenza nascono le costituzioni democratiche europee; è ancora nelle fabbriche e nel ’68, formidabili sollevamenti globali della società produttiva, che si confermano per un lungo periodo pace e welfare. È nella lotta costituente che ci aspetta, che potremo costruire un’Europa democratica ed unita. Ma tu sogni, potresti ancora replicare! Ed io risponderti: l’illuministica sfida della ragione la vince sempre. E tutti gli onesti comprendono che è solo nello spazio europeo che uno sviluppo produttivo che permetta benessere e welfare, è possibile; che solo in un interscambio federativo fra cittadini europei, la potenza della forza lavoro cognitiva potrà essere organizzata; che solo un’Europa unita fuori dalla NATO potrà concorrere al mantenimento della pace. L’antifascismo oggi assume “pace e unione” come parola d’ordine nella costruzione di contropoteri, nell’appello alla ricostruzione dell’Unione.

 

Ma ti rendi conto che più del 40% degli operai francesi e più del 30% degli impiegati delle imprese private e la grande maggioranza dei giovani  fra i 18 e i 24 anni hanno votato Le Pen? Qualcosa vorrà pur dire – dove li trovi tu quei militanti pacifisti ed europeisti sui quali fai un affidamento decisivo? Non li trovo ma li costruisco, come sempre è avvenuto nelle grandi imprese dei movimenti democratici. Certo è che è impossibile trovarli negli attuali partiti. Destra e sinistra quasi si equivalgono, i dirigenti son peggio dei militanti. È per questo che, negli ultimi anni, l’iniziativa di una “coalizione” ci è sembrata costruttiva. Essa proponeva infatti di costruire contropotere al di fuori dei partiti esistenti, traendo fuori una nuova militanza dai movimenti e dai sindacati, dalle forze del volontariato e da quelle intellettuali e della scuola – e formandola nell’esercizio di contropotere. Lo strappo dal sistema della rappresentanza, oggi necessario, e, contemporaneamente la “verticalizzazione”  dei movimenti potevano rispondere all’esigenza di innovazione che la resistenza al fascismo e la lotta costituente per una nuova Unione Europea oggi richiedono. Solo questo punto di vista – ed una decisione conseguente – permette di accostare e di organizzare quelle popolazioni produttive che oggi vivono dentro/fuori le strutture del controllo capitalista – giovani richiedenti impiego, disoccupati, migranti, lavoro precario…  ed anche di reinserire nel dibattito e nell’azione politica quel proletariato intellettuale che soffre continue umiliazioni nella scuola e nell’imprese della conoscenza, nei servizi internettiani e in quelli della comunicazione. Tu chiedi: perché mai allora, se il progetto era così evidente, il processo costitutivo della “coalizione” si è arrestato? Non credo perché nella sinistra stiano proliferando nuovi inutili partitini e neppure perché l’attrazione dei parlamentini metropolitani si è rivelata irresistibile. È avvenuto perché le condizioni non son sembrate mature ed i rischi da correre, per il sindacato ed il volontariato, maggiori di quanto richiesto da una ragionevole scommessa. Ma vogliamo davvero aspettare anche in Italia di avere Salvini al governo? Oppure i soldati italiani rinnovare in Libia i fasti del generale Graziani? Perché non vogliamo riconoscere che queste evenienze sono anche in Italia prossime?

 

So che su queste conclusioni concordi – ma i tuoi dubbi sulle premesse e i mezzi di questi discorsi permangono. Malgrado mi sia sforzato di trovare argomenti convincenti, riconosco realismo nei tuoi dubbi. Ti confesso che anche io son molto confuso. Eppure! Hai presente quegli spettacoli sportivi dove atleti alzano pesi sempre maggiori? Bon, c’è una sosta fra il levare dal basso ed il sollevare in alto quel fardello. È questa sosta che va superata, è questo l’intervallo sul quale portare la nostra attenzione. Un intervallo da coprire. Ma come? Ne abbiamo già parlato a lungo e ci siamo prima di tutto detti che non siamo soli. In tutta Europa ci son forze che la pensano come noi. Vogliono chiudere Schengen ma non riusciranno a bloccare quel flusso di collegamenti, di scambi di opinione, di circolazione di idee che ormai si è costruito in Europa. I grandi esempi del M15 spagnolo e del referendum greco han circolato in Europa come segni di sollevamento. Non è a caso che è nata l’idea di costruire uno strumento comunicativo, plurilinguistico, che possa sostenere il peso dell’incontro di contropoteri e della formazione di un movimento costituente. Questa impresa è oggi necessaria. Come sempre alle grandi sconfitte – perché questa, del risorgente fascismo europeo, è una sconfitta, si risponde con iniziative all’altezza dell’impegno che ci si propone. La costruzione di uno strumento di comunicazione e di elaborazione su livello europeo è necessaria. Una prima, minuscola eppure, se vogliamo, potente voce per dire “resistenza” contro il fascismo e “diserzione” contro la guerra.

 

 Immagine di Sandro Moretti.

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