intervista a MARIA ROSARIA MARELLA di FRANCESCA SANTOLINI *

1) Il disegno di legge Cirinnà distingue fra unioni civili che prevedono diritti e doveri simili al matrimonio e che sono riservate solo alle coppie omosessuali e le convivenze di fatto , che sono molto più labili, sia per le coppie eterosessuali che omosessuali. Diritti come la reversibilità o la stepchild adoption ad esempio non sono previsti per le coppie di fatto eterosessuali. Che ne pensa?

Il sistema delineato nel ddl ricalca grosso modo l’impianto del sistema francese come riformato con l’introduzione del PACS e articolato in tre livelli: matrimonio, PACS e concubinage. Con due importanti differenze: il PACS  si rivolge tanto alle coppie omosessuali che alle coppie eterosessuali e di recente l’accesso al matrimonio in Francia è stato esteso alle coppie dello stesso sesso. Quello del ddl Cirinnà è allora un sistema un po’ curioso. O meglio fortemente condizionato da un approccio compromissorio (l’unico possibile in Italia? Forse sì, ma questo è un altro discorso) che ruota intorno all’esigenza di salvare la primazia e l’eterosessualità del matrimonio: da una parte quindi si crea un binario secondario e parallelo di accesso alla famiglia formalizzata dal diritto con lo strumento delle unioni civili, riservate esclusivamente alle coppie omosessuali.  Dall’altra parte si evita la ‘discriminazione’ delle coppie eterosessuali non sposate che sono escluse dal regime delle unioni civili con una disciplina delle convivenze c.d. di fatto che è tutto sommato abbastanza penetrante, pur accogliendo e riorganizzando per lo più quanto già regolato dalla giurisprudenza e dalle leggi speciali. Dunque le convivenze di fatto, a dispetto del nome, sono in realtà anch’esse alquanto giuridificate. Precedenti proposte (ricordo quella Grillini del 2006, se non mi sbaglio) dedicavano alle convivenze non formalizzate un catalogo di diritti essenziale, riguardante le visite in ospedale e in carcere, il fine vita e poco altro. Qui si è voluta anche regolare la partecipazione dei conviventi all’impresa familiare (cosa secondo me sacrosanta) e il contratto di convivenza. È evidente che in questa gerarchia di forme al matrimonio si riserva la posizione di vertice. Se si vuole godere di tutti i diritti che il matrimonio garantisce – e si è eterosessuali – non resta che sposarsi! Bisogna però considerare che  la giurisprudenza di merito è molto attenta alla tutela delle persone anche all’interno delle situazioni familiari informali, come una recente decisione in tema di omogenitorialità e stepchild adoption ha dimostrato.

2) Secondo lei il minore è più tutelato con l’affido rafforzato o con la stepchild adoption?

È ovviamente tutelato più intensamente con la c.d. stepchild adoption che stabilisce un autentico legame parentale pur non elidendo il rapporto con l’altro genitore naturale, ove presente. È curioso che per questa via si vogliano reintrodurre quelle differenze di trattamento giuridico, vere e proprie discriminazioni, fra figli legittimi e non, che la recentissima riforma della filiazione – portata a termine col d.lgs. 154 del 2013 – ha spazzato via. Con quella riforma il centro gravitazionale della famiglia è divenuto incontestabilmente l’interesse del minore, con questa discussione sulla filiazione nelle famiglie arcobaleno lo si sta spostando nuovamente sulle forme di accesso alla famiglia e sostanzialmente sul matrimonio.

3) Qual è la differenza tra la normativa francese e quella europea in materia di unioni civili?

Il PACS francese prevede alcune salvaguardie proprie del matrimonio ma è forma più ‘leggera’ del matrimonio in quanto il suo contenuto è largamente fissato dall’accordo fra i conviventi, ed è più semplice entrarne e uscirne. E’ sostanzialmente un patto, come dice il suo stesso nome, e da esso ci si può svincolare senza ricorrere al divorzio, ad es. Non a caso in Francia è stato molto apprezzato anche dalle coppie etero, mettendo seriamente in discussione la rilevanza sociale del matrimonio, salvo poi riscoprirne il valore quando l’accesso riconosciuto alle coppie same sex ha significato porre fine ad una grave discriminazione. La disciplina delle unioni civili prevista dal ddl Cirinnà, per contro, richiama in larghissima parte la disciplina del matrimonio quanto a diritti e doveri dei partner, ipotesi di invalidità dell’atto/rapporto, regime patrimoniale e successorio, e scioglimento. La differenza sostanziale col matrimonio riguarda dunque essenzialmente la filiazione.

4) In Francia esistono da tempo anche politiche a sostegno della famiglia molto forti. Quali sono le differenze con noi? Come se le spiega?

La presenza dello stato nella vita, direi nell’intera vita, del cittadino francese è in termini generali assai più forte, non c’è dubbio. E il sistema di welfare in Francia è sempre stato imponente, specie in confronto con quello italiano. il che spiega anche l’alto tasso di natalità francese, fra i più alti in europa. Da noi le misure di welfare hanno storicamente riguardato soprattutto il lavoro salariato. Alla famiglia si riconosce un ruolo importante nell’organizzazione sociale ed è considerata tratto distintivo della cultura italiana ma la politica continua a considerarla più un ammortizzatore sociale che la destinataria di prestazioni di welfare. I vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea agli stati membri non hanno fatto che rafforzare questo approccio.

5) E in Europa?

Tradizionalmente l’Unione europea considera la famiglia materia riservata alla sovranità degli stati. Dunque non si impongono modelli che non siano condivisi dalla totalità dei membri.  Questo spiega peraltro il permanere di una distanza abissale fra la legislazione italiana e quella della maggior parte dei paesi europei in materia di coppie dello stesso sesso. Anche la materia del welfare è ancora largamente di competenza nazionale. E sappiamo quanto grandi le differenze fra paese e paese e soprattutto fra Nord e Sud. Penso che il ruolo di ammortizzatore sociale della famiglia sia comune ai paesi del sud Europa. Sicuramente forti analogie esistano fra l’Italia e la Grecia.

*intervista pubblicata su L’Unità dell’8 febbraio 2016 con il titolo “La stepchild adoption tutela il minore meglio dell’affido”

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