A Quito, nell’ottobre 2016, si terrà la terza edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’abitare e lo sviluppo sostenibile (HABITAT III) . Il Thematic Meeting on Public Space di Barcellona ha costituito un’importante tappa di avvicinamento ad HABITAT III, con una significativa Declaration finale. Importante, evidentemente, è la città scelta per tale meeting, una “rebel city” che, con Ada Colau e la sua giunta, sta provando a sperimentare un nuovo modello di governo della metropoli. Questa nuova Dichiarazione, benché sia ancora strettamente articolata attorno alla distinzione pubblico/privato, e sembri ignorare le pratiche sociali più recenti che si sono sviluppate attorno ai commons urbani e metropolitani, mostra comunque aspetti interessanti, soprattutto per il diritto all’abitare. La pubblichiamo integralmente, preceduta da un intervento di Giacomo Capuozzo e Giovanni Landi. (EN)

 

di GIACOMO CAPUZZO E GIOVANNI LANDI. La presentazione della Barcelona Declaration è stata il punto di approdo del Thematic Meeting on Public Space di HABITAT III, tenutosi il 4 e 5 aprile nel capoluogo della Catalogna.

La conferenza di Barcellona si è inserita nel ciclo di incontri internazionali di preparazione alla United Nations Conference sull’abitare e lo sviluppo urbano sostenibile, organizzata ogni venti anni dalle Nazioni Unite e giunta alla sua terza edizione. HABITAT III, in programma a Quito, in Ecuador, dal 17 al 20 ottobre 2016, promette di elaborare una “New Urban Agenda” per un mondo che, nel frattempo, ha continuato a urbanizzarsi in maniera inarrestabile.

La crescita delle metropoli è un dato noto, sebbene non sempre nelle sue reali dimensioni e nelle sue conseguenze potenziali. Secondo le stime, più del 90% dell’incremento demografico dei prossimi 30 anni si stanzierà in contesti macro-urbani, il che porterà, nel 2050, a un livello di urbanizzazione mondiale pari al 65% (oggi supera di poco il 54% mentre nel 1976, anno della prima conferenza HABITAT a Vancouver, sfiorava appena il 38, divenuto 45 nel ‘96, quando ha avuto luogo ad Istanbul HABITAT II).

Questa nuova metropoli gigantesca è allora chiamata a guardare in faccia la realtà della sovrappopolazione, dell’inquinamento, della crisi abitativa e turistica, della mobilità in-sostenibile, della fatica a mantenere spazi vitali di cittadinanza.  Mostrandosi centro di aggregazione di tutta un’umanità in cerca di sopravvivenza o di auto-realizzazione, la metropoli diventa anche l’impero privilegiato di chi ha interesse ad organizzare la società nel culto dell’acquisto e del consenso, risucchiando nelle maglie della new economy ogni produzione collettiva senza pagare il conto, confondendo infine consumatore e consumato.

Il meeting HABITAT di Barcellona, ospitato nei palazzi dell’Università, ha avuto dunque il compito di licenziare una dichiarazione sullo spazio urbano che si affiancasse a quelle dei meeting gemelli sparsi per il mondo, al fine di fornire impulsi e idee all’assemblea finale di Quito. Ai contenuti della Dichiarazione hanno inoltre contribuito le risultanze di un evento immediatamente precedente, ovvero l’incontro della Global Platform for the Right to the City, tenutosi il 2 e 3 aprile nella medesima sede.

Il perché della scelta di una città come Barcellona, naturalmente, si rintraccia anche nello sforzo della giunta di Ada Colau (eletta nel giugno del 2015 con l’appoggio di Podemos), di farsi interprete di una differente gestione dello spazio urbano e delle sue emergenze, cercando di sposare con politiche concrete le due parole chiave del nuovo urbanesimo ‘inclusivo’: accesso e diversità. E infatti il meeting è stato anche l’occasione per l’Ajuntament de Barcelona di mostrare le sue “pratiche di pubblico” sperando di renderle esemplari.

La lotta alla gentrificazione e alla turistificazione, ben descritte dal documentario Bye Bye Barcelona(2014) e notevolmente cresciute negli ultimi anni in Catalogna, è passata soprattutto per la realizzazione di un piano volto a porre un deciso freno al proliferare di short-termrentals (“ed evitare che Barcellona finisca come Venezia”, dichiarava Colau all’indomani della sua elezione).

Sul piano dell’urban planning and design, altro elemento chiave del processo HABITAT, l’amministrazione Colau ha dichiarato di tenere in grande considerazione l’idea delle opere pubbliche come strumento di eguaglianza sociale, impegnandosi a scegliere i medesimi standard estetici e funzionali in tutte le zone della città, ricche e meno ricche.

Ma l’idea su cui Barcellona sta investendo maggiori energie è forse quella dei cd. supermanzana, presentata nel corso del meeting da Salvador Ruada, direttore dell’Agenzia di Ecologia Urbana di Barcellona, fautrice del progetto. L’intento è quello di ridisegnare la pianta urbana per accrescere massicciamente gli spazi di pedonalità e aggregazione, e viene attuato attraverso la delimitazione di grandi quadrilateri(400×400 metri) che vengono chiusi al traffico e resi accessibili solo a pedoni e biciclette, mentre i motori possono circolare solo intorno ai confini del quartiere, che tra l’altro è tracciato prediligendo i percorsi del trasporto pubblico piuttosto che di quello privato. Per ovviare ad eventuali disagi, il Comune garantisce il passaggio di un mezzo pubblico almeno ogni 6 minuti.

I vantaggi del modello supermanzana, attuato anche a Vitoria, sarebbero non solo rintracciabili nel miglioramento della qualità dell’aria e nella riduzione del numero di incidenti (l’obiettivo è limitare lo spazio urbano destinato alla mobilità motorizzata al 54% del totale), ma anche nello sviluppo della coesione sociale, quando i pedoni tornano ad essere cittadini, e la linearità dello spazio urbano, finora ostaggio dei motori, torna a trasformarsi in una città dove “vivere, associarsi, divertirsi e giocare”.  Se attualmente Barcellona ha già realizzato tre super-quartieri nel centro città, progetta tuttavia di realizzarne almeno altri sette nel medio periodo.

La dichiarazione di Barcellona è stata elaborata quale strumento di sintesi dei diversi interessi presenti e dei diversi approcci sui temi collegati dello spazio pubblico, dell’abitare e dello sviluppo sostenibile nelle aree urbane. All’incontro sono stati invitati rappresentanti di governi nazionali, regionali e locali, istituzioni intergovernamentali, organizzazioni sindacali, università e centri di ricerca, associazioni a tutela delle donne e dei giovani, organizzazioni filantropiche ed imprese a base sociale e solidale.

Nel suo atteggiarsi a punto di incontro fra consolidati interessi preesistenti, la Dichiarazione non presenta particolari rotture rispetto al pensiero mainstream che caratterizza le organizzazioni delle Nazioni Unite operanti in questo settore. In generale, questa non si distacca dalla dicotomia pubblico/privato nella gestione dello spazio urbano. Non vi è quindi contenuto, neppure in nuce, un tentativo di superamento di tale schema, e ciò nonostante le numerose esperienze alternative che si vanno delineando in Europa e altrove.

Il riferimento, in particolare, è ai commons e ai loro diversi esempi di impiego al fine di scavalcare l’attuale sistema proprietario.

I beni comuni, però, non trovano spazio all’interno del testo della Dichiarazione. L’idea di una concezione alternativa del paradigma proprietario, che vada oltre lo stato (o comunque oltre l’entità pubblica) e gli attori privati, è ancora vissuta con perplessità, specialmente nell’ambito delle amministrazioni pubbliche. Se la contrarietà del settore privato è facilmente prevedibile, meno scontato è notare come anche il pubblico abbia scelto spesso di ostacolare tali pratiche, quando anche di opporsi decisamente alla loro realizzazione. Resiste quindi l’immagine per la quale il pubblico e il privato occupano per intero lo spazio riservato all’appropriazione, rappresentando uno il limite dell’altro.

A tale proposito, una parte consistente della Dichiarazione è dedicata ad arginare i processi di privatizzazione ed i maggiori fenomeni ad essa collegati (le già citate gentrificationetouristification). Il pubblico, di conseguenza, è ancora percepito quale il principale argine all’espandersi del privato, ed il contenuto della Dichiarazione è primariamente volto a delineare i contorni dell’ambito pubblico per consentirgli un miglior confronto con quello privato.

Tale prospettiva, del resto, si può rinvenire già nella parte introduttiva del testo, dove gli spazi pubblici sono definiticome “allplaces, includingstreets, publiclyowned or of public use, accessible and enjoyable by all for free and without a profit motive”. L’accento è proprio sulla necessità di definire uno spazio pubblico che si ponga in antitesi a quello privato, negandone tutti i tratti caratteristici, in primisla non gratuità e lo scopo di lucro.  È proprio qui che lo spazio pubblico è rimodulato all’interno del discorso internazionale sui diritti umani. I diritti umani, si dice, una volta riconosciuti a livello sovranazionale, devono essere calati all’interno della realtà urbana, luogo di fusione di piano globale e locale.

Lo strumento dei diritti umani, quindi, è ancora una volta utilizzato come meccanismo condiviso non solo di protezione dei singoli individui, ma anche di intervento a livello globale all’interno dello spazio urbano.

La Dichiarazione si divide in quattro sezioni: Agora, Mobility,Economy edHousing. La prima riguarda la dimensione sociale e politica che dovrebbe contraddistinguere lo spazio pubblico; la seconda si concentra sulla definizione degli strumenti di mobilità di cui si auspica la crescita; la terza si sofferma sui modelli economici sostenibili che potrebbero essere posti in essere attraverso l’inclusione di operatori più piccoli e di produttori locali; Infine, la quarta ritrae il diritto all’abitare anche in rapporto al quartiere nel quale l’abitazione è collocata.

 

Agora                      declaration2

 

In questa sezione sono concentrati i requisiti necessari che si pretendono dallo spazio pubblico,in specie nella sua relazione con i soggetti che lo occupano. Sono interessanti i richiami all’assenza di qualsiasi tipologia di barriere fisiche, giuridiche o architettoniche volte a limitare o impedire l’accesso a soggetti senza fissa dimora, a basso reddito o con ridotte possibilità di circolare.

Lo spazio pubblico è così messo in connessione con la capacità della popolazione di partecipare alla vita all’interno di esso e di tutelare la propria concezione della città stessa. In questo senso diviene fondamentale sia la distribuzione degli spazi pubblici, sia la loro integrazione nel tessuto sociale urbano, in modo che non siano solo luoghi adibiti ad una particolare funzione (mercati, stazioni metropolitane o ferroviarie), ma diventino anche spazi di interazione sociale.

Lo spazio pubblico deve essere un luogo di discussione e di confronto che consente l’emersione dei conflitti e la loro risoluzione, con particolare riferimento a quelle realtà multiculturali nelle quali queste tipologie di tensioni sociali sono più diffuse.

Lo spazio pubblico deve essere un luogo di decostruzione dei pregiudizi e degli stereotipi, specie in riferimento alla popolazione migrante. In questo senso, esso acquista un ruolo cardinale soprattutto per i soggetti posti ai margini della società, e che come tali trovano solo lì una reale occasione di espressione e, semmai, ribellione. Un’inclusività cittadina che non sia solo apparente, quindi, è chiamata a rispondere ai pericoli di autoesclusione o autocensura propri di chi (come musulmani, senzatetto, persone di colore etc) tende ad evitare le zone iper-securizzate, preferite invece da una classe medio-alta sempre più tesa a pretendere lo spazio pubblico a sua immagine.

Infine, la gestione amministrativa di tali spazi pubblici deve essere assicurata attraverso l’istituzione di un processo decisionale inclusivo e partecipato a tutti i livelli. I governi nazionali devono consentire, mediante strumenti politici e legislativi, l’autonomia necessaria ad implementare a livello locale le politiche urbane decise a livello nazionale ed internazionale.

 

Economy

 

Sul tema dell’economia, la Dichiarazione si avvicina alle classiche politiche economiche keynesiane di redistribuzione dell’aumento delle rendite di proprietà attraverso il meccanismo fiscale. Siano queste proprietà semplici abitazioni, attività commerciali o produttive.

Un punto invece più interessante è quello concernente il supporto all’economia informale, letta come parte integrante del tessuto sociale urbano e strettamente connessa allo spazio pubblico, anche rurale. Questa previsione rappresenta uno spunto non trascurabile perché coglie un aspetto, quello dell’informalità, molto rilevante all’interno della metropoli. Gli ambiti di informalità sono una realtà ineludibile dello spazio pubblico urbano e contribuiscono a caratterizzare lo scenario fisico, architettonico e sociale di un determinato luogo. Il carattere estremamente fluido di una tale economia costituisce un ottimo strumento per rivitalizzare spazi pubblici non più produttivi o che hanno perso la propria funzione precedente. A Madrid, ad esempio, gli spazi risultatidal robusto piano di demolizioneimmobiliare, avviato negli anni novanta e conclusosi nel primo quinquennio del duemila, sono stati occupati da venditori ambulanti, lavoratori informali e piccoli artigiani che hanno ridefinito lo spazio lasciato vuoto dal pubblico e dal privato.

 

Mobility

 

La sezione riguardante la mobilità richiamagli interventi volti al superamento dell’utilizzo esclusivo – o enormemente prevalente – delle automobili private nei contesti urbani, passo essenziale per affrontare i crescenti livelli di inquinamento atmosferico e acustico nelle moderne città iper-popolate.

Vale notare come venga ricompresa l’esigenza di favorire la crescitadel trasporto pubblico, della mobilità a piedi e della bicicletta, ma non quella di realtà alternative come il car sharing, che oltre ad Uber e Bla Bla Car presentano anche manifestazioni più solidali.

 

Housing

 

L’ultima sezione, in tema di abitare, è forse la più rilevante. Il diritto all’abitare è anch’esso calato all’interno del discorso sullo spazio pubblico. Un tale diritto, si sottolinea,deve necessariamente tenere in considerazione anche l’ambiente in cui l’abitazione si trova. Non solo, quindi, una dimora dignitosa deve annoverare tutti i requisiti che la rendono tale (acqua, luce, riscaldamento), ma deve essere collocata in uno spazio che assicuri mobilità, accessibilità, cultura e sicurezza a coloro che vi vivono.Il social housing, di conseguenza, deve essere distribuito in ogni parte della città e non confinato in zone periferiche e degradate, prassi questa che giunge a desertificare interi quartieri urbani, amplificando gli squilibri tra le diverse classi di residenti attraverso l’espulsione o lo sfratto degli inquilini meno abbienti (appunto la gentrification), estirpando intere comunità e con esse le loro attività economiche formali o informali.

In questo campo, il limite alla privatizzazione passa anche attraverso il favore verso i sistemi alternativi alla proprietà privata. Gli esempi inclusi nella Dichiarazione sono essenzialmente relativi al co-housing e al Community Land Trust. Non sono invece menzionate le limited equity coops che, sebbene possano ricadere nel contenitore generale del meccanismo cooperativo, che è invece citato, hanno una struttura peculiare che permette agli inquilini di sottrarsi alla dipendenza sia del proprietario privato, sia dell’amministrazione pubblica.

La previsione e la manutenzione di spazi pubblici di qualità contribuiscono a conservare il patrimonio sociale, economico e umano di un territorio urbano. È quindi necessario, secondo la Dichiarazione, elaborare politiche dell’abitare che non dimentichino il legame che si viene a creare tra un particolare spazio pubblico, il quartiere nel quale questo è collocato e tutti gli aspetti della vita degli abitanti che occupano tale spazio: educazione, occupazione, salute e sicurezza.

In ultimo, stimolante è il richiamo alla funzione sociale della proprietà come limite generale alle speculazioni immobiliari e alle rendite che generano e quale principio da promuovere allo scopo di implementare le regolamentazioni del mercato privato degli immobili e il controllo del costo degli affitti.

 

Conclusioni

 

La Dichiarazione di Barcellona rappresenta un contributo rilevante al dibattito intorno allo spazio pubblico e alla metropoli, anche se l’approccio, come accennato, è ancora incuneato nella dicotomia pubblico/privato,che vede nel primo l’unico vero dispositivo di reazioneagli attori privati e ai loro abusi. I commons, ad esempio, non trovano nel testo alcun momento autonomo, mentre opportuno sarebbe stato dar conto delle pratiche sociali che all’interno delle città, e dal basso, stanno prendendo forma in questi anni.

Tuttavia, occorre dirlo, sono pur presenti alcuni spiragli in grado di immaginare strade alternative tanto dell’abitare quanto della gestione dello spazio urbano tutto. In attesa di Quito, un presagio non del tutto negativo.

 

declaration1

 

 

BARCELONA DECLARATION FOR HABITAT III – “PUBLIC SPACES”

BARCELONA 4-5 APRIL 2016

We, the participants to the Habitat III Thematic Meeting on Public Space, representing a wide range of stakeholders including national, regional and local governments, organizations of the United Nations system, intergovernmental organizations, civil society, academy and research institutions, workers and trade unions, private sector, social and solidarity enterprises, community based organizations, philanthropies, women and youth organizations; while thanking the Municipality of Barcelona for hosting the event, propose the following Declaration be considered and included as an essential input to the process towards the preparation of a New Urban Agenda to be adopted at the United Nations Conference on Housing and Sustainable Urban Development (Habitat III), to be held in Quito, Ecuador in October 2016.

We recall the outcomes of Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, the Addis Ababa Action Agenda, the 2030 Agenda for Sustainable Development which provides a focus on cities through Goal 11 and the specific target on public space (Target 11.7) as well as other interlinked goals and targets across the whole agenda and the recently adopted Paris Agreement on Climate Change.

We particularly welcome the acknowledgement of the importance of public space to achieve sustainable development, made by the 2030 Agenda, through the established target 11.7 which states that by 2030 we should “provide universal access to safe, inclusive and accessible, green and public spaces, in particular for women and children, older persons and persons with disabilities”.

We acknowledge with satisfaction the considerable attention that has been devoted to the concept of public space in the preparatory process including the issue paper on Public Space and the reports of Policy Unit 6 “Urban spatial strategies: Land markets and segregation”. All of them concurring with the following definition of public space: “Public spaces are all places, including streets, publicly owned or of public use, accessible and enjoyable by all for free and without a profit motive”.

We advocate for a central role of Public Space in the New Urban Agenda being a key driver to achieve our collective aspiration for more sustainable, just and democratic cities and human settlements for all temporary and permanent inhabitants and users of the city whether living in legal or informal condition.

We stress that:

· Human rights are key to advancing and developing an urbanization that is sustainable and socially inclusive, that promotes equality, combats discrimination in all its forms and empowers individuals and communities. The New Urban Agenda is a unique opportunity for state authorities at all level to realize the human rights of all inhabitants.

· The Right to the City is a new paradigm that provides an alternative framework to re-think cities and urbanization. It envisions the effective fulfillment of all internationally agreed human rights, sustainable development objectives as expressed through the Sustainable Development Goals, and the commitments of the Habitat Agenda.

· There is a need to preserve the character and quality of existing historical public areas, in order to promote local identity and to transmit heritage to the future generations; improve existing public areas in central and peripheral parts of the city, in order to upgrade their quality and foster the sense of belonging of the communities; design new public spaces in built areas and in new urban expansions, to increase the quality of life of the inhabitants and strengthen social stability.

Why public space

In an ever more urbanized world, the right to the city must be guaranteed to the people who share the urban space today and to the coming generations who are going to inherit it tomorrow. This means it is necessary to have urban planning and public policies capable of producing more mixed and compact cities and human settlements marked by gender and social justice. Compactness and mixture make them fairer and more sustainable and, therefore, better prepared for facing the erosions to the right to the city such as gentrification, spatial segregation or sprawl. Urban public space is not only the setting in which these erosions become more evident; it is also the place from which they can be staunchly reverted with greater firmness. However, in order for the public space to respond to its true purpose and be at the service of the people and achieve the democratization of our cities, it should be tackled from an integrated logic which goes beyond its own physical boundaries and address fundamental dimensions such as 1)“Agora” (its social and political dimension), 2) Mobility, 3) Economy 4) Housing.

1- AGORA (social and political dimension)declaration3

Accessibility and inclusivity

•The public spaces should be free of charge and free from physical, legal and architectural barriers that discourage the presence of homeless low and income people (preventive or dissuasive design) and make it difficult for the people with reduced mobility to circulate, for the full exercise of its rights and liberties.

•It is important to ensure the access to natural zones, the waterfronts or the heritage sites. •Public space enables the population to remain engaged and to stake a claim on the city. This implies to respect and protect a number of rights and freedoms, such as the right to freedom of expression and assembly, the right to information, consultation and participation in decision-making processes.

•Public spaces may be places where social tensions exacerbate or where harassment, threats and violence can occur. These issues need to be addressed at their root causes but also through the design of all elements (lights, etc.) of public spaces in consultations with inhabitants, especially women, children, LGTB and youth. Moreover proximity relations or rather positive social relations and community control strongly contributes to the enhancement of citizens’ security and its perception.

Versatility

•The public space should be versatile to allow multiple uses and accesses, facilitated among other, by translations of public and commercial signs for ethnic minorities.

•The empty and neutral areas can be better adapted to neighbourhood appropriation or the possibility of hosting extraordinary community-based events.

•The public space can represent an alternative to temporary sheltering and provide space for evacuation in cases of emergency; this should be considered particularly given climate change and migration issues.

Quality design, environmental and human scale

•Public space should reflect a human scale, a territorial distribution and a degree of integration with the immediate surroundings which fosters its everyday use, maintenance, security and safety for all,

•The design process should be a co-production of stakeholders input and include physical, cultural and social identities that define a place.

•Public spaces design can contribute with many co-benefits to minimize the impact of cities on the global climate system, both through mitigation (energy savings and resource efficiency in public services) and adaptation measures (green and blue grids, infrastructure, heat wave control). It can more generally lead to a better resilience of cities.

•Public spaces are key to protect urban biodiversity, in particular through the promotion of ecological continuities.

Distribution and integration

•Capillary distribution of public space at all scales in the urban territory is also important. All neighbourhoods should have a suitable public space and green areas for recreation and social interaction at a reasonable distance from home.

•Far from only being a free and open area, the public space has a complex spatial nature that includes porches, underground areas and closed buildings. Integration with other physical elements of the city such as municipal facilities, public infrastructure housing and commerce should be pursued.

•The street and the house are interrelated spaces. Friendlier and safer public spaces are those that reflect a greater level of participation and appropriation by neighbours. Accordingly, a visual and circulatory relation between the domestic spaces and the open places is fundamental.

•The public infrastructures (railway and metro stations, markets and treatment plants) should transcend the monofunctional specialization and take on the sufficient degree of complexity so as to become spaces of social interaction with a pedagogical function.

•Adequate and well connect network of streets and other public spaces particularly in new urban expansions and at time of urban transformation, should be secured, considering that successful, dense mixed cities in general have 35-50% of urban land allocated to public space. This will require development of legislation on re-plotting and land readjustment to acquire suitable public land.

Recreation and health

•The public space should provide equal opportunities for enjoying indoor/outdoor spaces and promote healthy practices and sustainable consumption and production patterns in harmony with nature. The public space should contribute to the wellbeing of people in vulnerable situations (including children, older persons, homeless, the sick and people with disabilities, and irregular migrants) and facilitate a more equitable distribution of duties that traditionally have fallen mainly on the shoulders of women within the domestic field.

Cultural and political expression

•Public spaces can create the environment to dispel the myths and destructive stereotypes associated with migration by fostering public debate about the varied and overwhelmingly positive contributions of migrants to the local communities.

•Far from threatening their natural or heritage values, public access to conservation-oriented or fragile areas allows people to fully get to know them, value and defend them, which in itself is a greater guarantee of their preservation.

•The public spaces and municipal educational and cultural facilities (schools, libraries, civic centres, and museums) have a pedagogical function that is essential for democracy and social transformation contributing to the construction of a critical, committed and well-informed citizenship. The pedagogical function, which should foster critical debate and avoid indoctrination, should be fully promoted and impregnate any public space.

Conflict resolution and cohabitation

•The public space is where dialogues and confrontations take place defining the mechanisms to enable conflicts to evolve and be solved, between users, particularly in the complex multicultural cities, so that public space is able to bring its added value to different groups and needs.

Governance

•The quantity and quality of public space can be guaranteed trough a proper urban governance mechanisms developing effective, accountable and transparent institutions at all levels and by ensuring inclusive and participatory decision making.

•Public space requires a legal and policy framework at central level that both enables local authorities to effectively implement national urban policies and empowers them as policy makers benefiting from a sufficient level of autonomy in decision-making in accordance with their competences.

•The resulting multi-level governance system requires political commitment from all echelons of government for an efficient and effective share of functional assignments for coordination and cooperation. Such a policy should be shaped through a transparent and participatory process involving – beyond national, subnational and local authorities – all relevant non-state actors, such as NGOs, citizens and the private sector.

2- ECONOMY

Sustainability and democratic control of basic urban supplies and waste

•Promote the mainstreaming of social and solidarity economy in all sectors as an inclusive, viable‎ human-rights based economic alternative and key lever for the future of cities.

•Establish mechanisms for redistribution of the increases in property value brought about by good public space in the case of housing, commercial or production uses, and to prevent its solely private capture, by introducing fair taxation and site and city wide redistribution of gains with the aim to increased equity and social development and ensuring the contribution of land owners to urban development.

•Public space should include governance that ensures the preservation of territorial, peri-urban and urban land for food production by small-scale food producers from real-estate speculation.

•In order to better integrate cities and mitigate climate change, the democratization, municipalisation, transparency, and sustainable production and management of energy, water, and telecommunication provision – as well as municipally managed access to urban waste and sanitation – should be a right for all inhabitants including migrants.

•Foster micro, small and medium scale – both formal and informal – economic activities, with specific attention to integrating urban with rural and natural spaces and revitalizing unproductive spaces in order to improve the livelihoods of local producers and workers, including those of the informal sectors.

•Introduce regulatory frameworks that guarantee the territorial balance in urban-rural linkages through public space networks, as the basis for economical systems.

Balance production of wealth and responsible consumption

•Promote responsible local sustainable production and consumption, social interactions, as well as vibrant, inclusive, and diverse public space through enabling accessible networks of municipal markets, local commerce, street vendors and waste pickers.

•The public character of public space needs to be guaranteed and its privatization avoided even if the use remains public especially referring to streets and built environment open spaces like squares. Worldwide trends at different scales put this issue as priority highlighting the need of a mutual positive relation between public and private space, including housing and residential blocks.

•A new form of partnership where people & stakeholder have the right to access and participate in the process is needed as well as the formulation of a stricter regulation against privatization of public space. •Reiterate multi-sectorial cooperation on cross-cutting issues such as labour, land-use, food and foster public space including effective governance to ensure the preservation of territorial, peri-urban and urban land for food production by small-scale food producers. Ensure adequate infrastructure connecting small scale producers to local markets.

3- MOBILITY

Change of paradigm towards a Post-Car-City

•There is the need of a paradigm shift from a private-car based mobility model towards a more democratic, climateoriented and sustainable mobility, boosting efficient modes of transport including considering the Modal Split of the daily journeys. Cultural policies and awareness raising on the effects of massive use of private motorized vehicles on health, productivity, sustainability and equity should be promoted.

Fostering walkability and bike use on a more human public space

•Promoting walkability and cycling is a key measure to bring people into the public space, reduce congestion and boost local economy and interactions, as well as improving safety in cities. Walkability helps to reduce automobile reliance, alleviate congestion, air pollution and resource depletion.

•Walkable and cycling public spaces, designed on the human scale, are effective tools for women, children and agefriendly cities, increasing liveability and enjoyment.

Implementing democratic and sustainable of public transport networks

•Public policies and urban planning must foster public transport as a structural way for promoting a more democratic and sustainable mobility. Public transport must have a good spatial and temporal distribution, as well as being affordable and accessible to everybody. It must be intermodal and its infrastructures must have a balanced relation with the neighbourhoods it crosses, not producing big barriers.

•Develop urban planning capacity to make strategic public space plans at the scale of the city, the districts and the street level, that respond in a transversal way to urban challenges of mobility, ecology and social issues.

•Define planning measures and rules that guarantee in a quantitative way the creation of accessible public spaces for all with a priority for pedestrian and cycling mobility, being part of a vibrant and diverse living environment.

4 -HOUSING

Right to adequate housing

•Access to quality public space for all should be strengthen as an essential component of the definition of the right to adequate housing, currently including security of tenure, affordability, accessibility, location, cultural adequacy, security and access to water, sanitation, electricity.

•The provision of quality public space can greatly improve housing conditions both in the existing urban setting and newly developed extension, with particular regard to the needs of vulnerable groups including people living in informal settlements.

•Social housing with quality public space should become the norm rather than exception in cities. Instead of being limited to distant and peripheral locations it should be distributed in all parts of the city, prioritizing urban renewal, in order to counteract gentrification and, in specific contexts, excessive “touristification”.

Social function of land, property and city

•Policies and interventions should promote alternative housing options shifting from a predominant private ownership to rentals, and tenure diversity, including cooperatives solutions as co-housing and community land trust, enhanced by provision of adequate public space.

•Access to quality public space for all is threatened by two opposite phenomena, the appropriation of public space as a result of gentrification and the privatization of public space as a result of exclusive housing development and gated communities.

•The worldwide speculative escalation of rental prices in the most attractive locations desertifies the city and its public spaces by expelling and evicting inhabitants, communities, small formal and informal businesses. Regulation of the private market and rentals control as well as discouraging empty housing can counteract the above and promote the social function of the property.

•Land and housing, especially when equipped with quality public space, are very valuable assets. Therefore they should be subjected to fair taxation and value capture mechanisms. These revenues should be re-distributed to less privileged neighbourhoods according to principles of urban solidarity.

Housing policies and tools

•Housing policies need to foster local integrated housing approaches, meeting people needs and addressing the strong links between education, employment, housing and health aiming to de-segregation. In the same way, ensuring security of tenure including preventing forced evictions and displacements, guaranteeing the provision of dignified and adequate re-allocation by corporate landlords and public authorities in case of individual landlords eviction. Dedicated human rights based strategy and policies and social protection are needed to tackle homelessness as comprehensive and sustainable housing first programs with measurable goals and timelines and in an inclusive manner.

We conclude that:

In order to have more democratic cities, namely fairer and more sustainable ones, we need to develop public policies and urban planning that best foster more compact and mixt urban fabrics in which:

•[Agoras] Freedom, gender equality, equity and diversity of expression, transparency, pedagogy, culture of civic and critical engagement, as well as binding participation and accountability pave the way for the democratic co-production of urban space, for all inhabitants whether temporary or permanent, living in legal or illegal conditions.

•[Mobility] Dependence of private car and its catastrophic consequences on health, equity, climate change, energetic waste, urban sprawl and spatial segregation is replaced by walkability, cycling and public transport.

•[Economy] Opportunities to participate of the common wealth and democratisation of economic activities are ensured to include small–scale operators and local producers.

•[Housing] The right to adequate, affordable and sustainable housing is guaranteed simultaneously with the right to a diverse and well located neighbourhood. These four fields are universal because they concern cities all around the world. That is why local governments have to be provided with sufficient resources in order to address them properly and be able to guarantee human rights and the right to the city. We finally commit to promote the principles and the recommendations included in this Barcelona Declaration for Habitat III, ensuring that this effectively contributes to the formulation of the New Urban Agenda at the next United Nations Conference on Housing and Sustainable Urban Development to be held in Quito (Ecuador) in October 2016.

 

Download this article as an e-book

Print Friendly, PDF & Email