di GIAIRO DAGHINI.

 

Un giorno di Maggio del 1969, Sergio Bologna mi chiama in Via Sirtori e mi dice che la Fiat sta scoppiando. Come l’anno prima per il Maggio Francese saltiamo in auto e andiamo a Torino, a Mirafiori. Alla Porta 2 incontriamo Mario Dalmaviva, un uomo grande, buono e molto deciso. Sta in mezzo agli operai che escono dal turno di notte. Un tessitore di relazioni e di lotta. Mario, poi ci accoglie e raccoglie nella sua casa. Alcuni di noi vissero per un certo periodo in quelle poche stanze come in un laboratorio, dove quasi non si dormiva, ma si scrivevano i volantini di lotta discussi con gli operai, e poi gli articoli per la Classe, e poi per Potere Operaio, e poi con lui infaticabile si partiva di notte e di giorno per gli incontri alle Porte di Mirafiori e per le Molinette.

L’Assemblea operai-studenti della Fiat fondata da Dalmaviva, a cui dà il nome di Lotta Continua, si teneva nell’Ospedale delle Molinette occupato, ed è stata un’esperienza e un posto incredibili. Iniziata con poche decine di partecipanti, nella primavera e nell’estate del 1969 diventa il punto di incontro degli operai delle linee di Mirafiori e di Rivalta. Lì arrivano poi un po’ tutti: i compagni di Padova e quelli di Roma, noi di Milano, arriva Adriano Sofri che porta nell’Assemblea i compagni dell’università di Torino…

Ogni notte, nell’Assemblea diretta per un certo tempo da Mario Dalmaviva, l’universo della fabbrica veniva aperto, discusso, criticato nella presa di parola diretta dei quadri operai di fabbrica. Un laboratorio di formazione e di comunicazione diretta per gli operai della nuova immigrazione, per i militanti dei movimenti e per gli studenti delle università. Una mobilitazione crescente dove il senso comune si potenzia con la presenza dei corpi e dove prende forma un discorso politico sulla vita sganciato dalla produttività. Per una buona vita. Forse qualcosa di greco dentro l’industria.

La ricomposizione critica di un mondo che comprende cinquantamila operai non riguarda solo la fabbrica, ma la città. Nella presa di parola dopo i turni, gli operai della nuova immigrazione dicono di continuo la loro rabbia, perché invece di trovare lavoro e reddito per una buona vita erano <torchiati dentro la fabbrica, pagati con salari da fame, isolati socialmente e ghettizzati in quartieri fatiscenti con affitti molto esosi>.

Su questa consapevolezza, che cresce nei mesi degli incontri alle Molinette, si forma l’egemonia del movimento dentro quella città-fabbrica e una richiesta di radicalità. Nasce così il “3 luglio 1969 a Nichelino” come un evento di autonomia operaia. Sono in corso a Torino, nel quadro di “Prendiamoci la città”, delle lotte nei quartieri per gli affitti e per i servizi. Viene proclamato uno sciopero generale per la casa. Alle Molinette, con Mario Dalmaviva e i quadri operai, lanciamo uno sciopero fuori dalla fabbrica di Mirafiori che porta in strada circa 2000 operai. Si incendiano due quartieri di Torino. Nella lotta intensa di quel giorno c’è una ricomposizione fortissima tra la fabbrica e la città e l’indicazione di una linea di lotta di autonomia operaia estesa alla città-fabbrica nella sua interezza. Questa radicalità e questa indicazione non saranno mantenute, ma questa richiesta di autonomia nel lavoro e nella città continuerà ad essere uno scoglio di prova. Per tutti. E ora ritorna nei ”No Tav”, “nello sciopero sociale”, nelle “città ribelli”.

A settembre, l’ “Assemblea Lotta Continua” cerca di darsi dei modi di organizzazione di movimento. Ma l’Assemblea si spezza. Noi di La Classe diventiamo Potere Operaio. Quelli di Torino con Adriano Sofri formano Lotta Continua movimento organizzato. Mario Dalmaviva resterà con noi di Potop fino allo scioglimento del 1974.

dalmavivaCon il “Teorema Calogero”, nel 1979 un giudice triste e falso mandò in prigione per cinque anni Mario Dalmaviva, un uomo giusto, e con lui molti altri compagni. Ma anche nelle celle della galera Mario riuscì, inventando un fumetto di parole vive e pungenti, a tessere relazioni per un’altra vita. Lo firmava “Viva”: che Dalma-Viva e con lui tutti i ribelli del mondo.

Questo è l’uomo d’amore e di lotta che ricordo e con cui ho vissuto un’esperienza appassionante di democrazia diretta e di vera politica.

Un pensiero di affetto vorrei rivolgere a Teresa, sua compagna di vita e di lotte.

 

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