di ALBERTO MANCONI.

 

La parola “ilusión” in castigliano ha vari significati, anche molto diversi. Funziona forse da significante fluttuante, per dirla alla maniera di quei compagni che perseguono in Spagna la vittoria elettorale con enorme costanza e sicurezza da più di un anno e mezzo. “Claro Que Podemos”. Essi puntano decisi a un governo nazionale del cambiamento, che restituisca la “ilusión” alla gente.

“Ilusión” può essere tradotta, alternativamente, come: Speranza, Realizzazione, Inganno. Com’è ovvio, l’enfasi sulla vittoria e sul futuro governo da parte di Pablo Iglesias, Íñigo Errejón e tutto il team di CQP, punta da tempo ad appropriarsi della “ilusión” attraverso una sintesi dei primi due significati. La speranza realista di un governo del cambiamento. Un sogno collettivo, ma preso molto sul serio.

“Soñamos, pero tomamos muy en serio nuestros sueños” (“Sognamo, ma prendiamo molto sul serio i nostri sogni”)1.

Da quando Pablo ha pronunciato questa frase di fronte a centinaia di migliaia di persone in Plaza del Sol, le cose sono cambiate, ci sono stati risvegli molti bruschi.

L’attacco dei grandi media tra “scandali” e normalizzazione, il calo nei sondaggi dove Podemos passa dal primo al terzo posto; ma soprattutto, le elezioni andaluse, quelle autonomiche del 24M ed oggi quelle catalane. In mezzo, l’aspra dialettica interna/esterna al partito, con(tro) i movimenti urbani e con la vecchia sinistra, “spiegata” in salsa chavista ed autoritaria dai media di regime.

Il problema non sono i singoli risvegli, tutti comprensibili, contestualizzabili. Ciò vale soprattutto per l’ultimo incubo diventato realtà delle elezioni catalane, dove la linea di frattura apparentemente insanabile tra Si/No all’indipendenza nasconde una vecchia contrattazione tra elite locali ed elite statali, che mise in crisi già il potentissimo 15M a Barcellona.

Il problema più urgente mi sembra invece, che cosa va a significare “ilusión” nel momento in cui essa continua, nella retorica di Podemos, ad essere indissolubilmente legata alla futura vittoria?

Podemos ha rotto il bipolarismo, ribaltato l’intera politica istituzionale spagnola. Tuttavia la sensazione che la vittoria sia prossima alla Realizzazione non è più nell’aria.

Il rischio è oggi veder svanire dalla parola “ilusión” anche quell’elemento di Speranza e propulsione per le lotte che potrebbe avere una formazione rappresentante gli interessi “dal basso” con percentuali tra il 15 e il 20 a livello statale, mentre importanti città sono strappate al dominio della casta e delle banche.

Se la vittoria resterà uno stato mentale indiscutibile contro ogni riscontro reale, si eroderà quindi anche la sensazione di Speranza nel cambiamento sul terreno politico, faticosamente restituita ad un enorme numero di persone nell’ultimo anno, soprattutto giovani. Così “ilusión” rischia di apparire come semplice Inganno, cioè nel modo in cui purtroppo è intesa nella nostra, troppo simile, lingua.

Tutto ciò non deve apparire come un giudizio di anticipata sconfitta. Al contrario, l’assalto istituzionale deve e può ancora continuare, acuire la rottura. Per farlo, però, Podemos deve tornare a sintonizzarsi con quel grande processo costituente che ne ha permesso l’emersione. E su questo punto è stato già perso fin troppo tempo.

Dopo le elezioni del 24M, fu lanciata la sfida di una “lista di confluenza” da parte della variegata piattaforma Ahora en Común. Questa sfida è stata accolta dalla dirigenza di Podemos nel peggiore dei modi, cioè come una classica proposta di alleanza tra famiglie della sinistra. Da questa proposta Pablo ha dapprima tentato di svincolarsi con decisione, per poi cercare vie innovative di dialogo che hanno prodotto sul piano pubblico solo una lunga e noiosa contrattazione con Izquierda Unida.

Tale situazione non può non far pensare a quelle forme pattizie volte alla riproduzione dei vecchi apparati della sinistra che in Italia conosciamo purtroppo molto bene. Questo sembrava già all’indomani del 24M il rischio principale del fraintendere una confluenza sul modello delle liste municipaliste, tanto per Podemos quanto per la ricezione italiana di quest’ipotesi2.

Ciò che al contrario voleva stimolare la parte viva di Ahora en Común era un protagonismo creativo della partecipazione cittadina ed un coinvolgimento attivo dei movimenti urbani, cioè gli elementi che avevano portato alla conquista dei municipi nelle principali città spagnole.

Troppo fazioso e semplicistico dire che così, con la ricetta testata nelle liste di confluenza municipalista, si andrebbe verso una vittoria delle elezioni generali e quindi al governo del paese. Credo ci sia tuttavia una lezione che Podemos potrebbe trarre dal difficile momento che segue alle elezioni catalane: cioè che la “ilusión”, e dunque la speranza costituente di un governo della gente, non può prescindere dalla trasformazione in senso radicalmente democratico delle forme di partecipazione politica. Non si può insomma, alla maniera dell’autonomia del politico, sacrificare la democrazia sull’altare della vittoria; poiché ciò non è oggi, in un processo costituente aperto, nemmeno efficace, realista, ma rischia invece di apparire come meramente illusorio o persino autoritario.

La vittoria è piuttosto la costruzione di una forza che, subito al governo nazionale o meno, continui a stimolare ed attivare una partecipazione sociale e politica che prosegua il processo di trasformazione della società spagnola ed europea, rompendo le gabbie istituzionali che ci vogliono separare dal politico. Questo è il sogno, la “ilusión”, che vale oggi la pena riprendersi e veder tradotta in tutta Europa.

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  1. Pablo Iglesias, Discorso alla Marcha del Cambio 31/01/2015 

  2. Anatomia di una vittoria