di SAVERIO ANSALDI.

 

L’approvazione della legge sul lavoro (Loi ElKhomri)  da parte dell’Assemblea nazionale mercoledì 11 maggio  attraverso il ricorso all’articolo 49-3 della Costituzione, il quale permette all’esecutivo di travalicare le prerogative del Parlamento in caso di necessità, si presta ad un paio di considerazioni. La prima riguarda naturalmente l’inclusione della legge sul lavoro nel quadro della legislazione sullo stato d’emergenza. I media francesi hanno volutamente taciuto l’approvazione, nello stesso giorno, della nuova legge “antiterrorismo” da parte della Commissione parlamentare con delega agli affari interni. Si tratta di una legge che fa della Francia il paese più liberticida d’Europa, poiché attribuisce ai Prefetti e alle forze dell’ordine pieni poteri in ambito investigativo, destituendo di fatto dalle loro funzioni magistrati ed avvocati. Un arsenale legislativo che non solo ignora il ruolo delle istituzioni ma consente di renderlo affatto inoperativo, sospendendo tutte le sue prerogative giuridiche. Le legge sul lavoro è stata imposta al Paese adottando la stessa logica : l’unico elemento probante è la volontà dell’esecutivo di accelerare i processi di trasformazione neo-liberale dell’attività  produttiva in tutti i settori.  E per fare questo non c’è da tempo da perdere, né in Parlamento né soprattutto con i milioni di francesi che da ormai più due mesi occupano, ogni settimana, strade e piazze manifestando il loro desiderio di cambiamento attraverso forme molteplici di lotta  e di contestazione.

L’altra considerazione riguarda lo spettacolo offerto dalle forze politiche francesi all’Assemblea nazionale. Più che ad uno spettacolo, si è assistito ad una performance  da “avanspettacolo”, da operetta comica,  con una frazione importante del Partito socialista che vota una mozione di sfiducia contro il proprio governo e il Front de gauche  di Jean-Luc Mélanchon che appoggia la mozione di sfiducia proposta dalla destra “repubblicana”. Tutto ciò non fa che attestare la fine della Quinta repubblica e della sua Costituzione, fortemente voluta da De Gaulle per rafforzare ad ogni costo i poteri dell’esecutivo.

È in questo contesto istituzionale che si apre una settimana decisiva. Una settimana di lotta su tutti i fronti. Dai trasporti (pubblici e privati) alle scuole, dal pubblico impiego ai controllori di volo,  la Francia è sempre mobilizzata contro l’approvazione parlamentare della legge sul lavoro. Lo spazio politico che si apre è molto ampio, quasi strategico. È lo spazio aperto da una crisi costituzionale senza precedenti, che si tratta ora di occupare con nuove strategie e nuove forme di sperimentazione politica. Nonostante le loro apparenti dimostrazioni di forza, i partiti  della Quinta Repubblica non sono mai stati così deboli e frammentati. Siamo in effetti di fronte ad un puro “governo della volontà”, che opera per passaggi violenti, che si appoggia su maggioranze occasionali e si piega a tatticismi quotidiani. Le azioni condotte dai movimenti, nella loro molteplicità, dovrebbero potersi inserire in questa temporalità specifica, saper cogliere un’occasione che potrebbe presto richiudersi con l’avvio nei prossimi mesi della campagna presidenziale. Il laboratorio aperto della Nuit debout può costituire la base di questo processo di sperimentazione, a patto di non ripiegarsi sul modello di un’agorà comunicativa e di proporre al contrario modalità di lotta efficaci, capaci d’imporre processi di trasformazione reale – dal lavoro, all’ambiente, dai trasporti all’istruzione e alla casa. In questo contesto diventa  indispensabile il rapporto con i movimenti europei. I ciclo di lotte che si è aperto in Francia in questi due mesi non può continuare ad esistere e ad affermarsi senza diffondersi, senza produrre sinergie e dinamiche europee. Il progetto Global debout rappresenta senza dubbio il primo livello di verifica della nostra capacità ad agire dentro e contro l’esercizio governativo della volontà neoliberale.

 

 

 

 

 

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