Di GIROLAMO DE MICHELE.

Con Teorie e istituzioni penali, il corso al Collège de France del 1971-72 (Feltrinelli, pp. 344, euro 35), si completa la pubblicazione in traduzione italiana dei Corsi di Michel Foucault – l’edizione francese era giunta a compimento nel 2015. Finalmente, è possibile seguire lo svolgimento delle ricerche di Foucault nell’ordine in cui sono state svolte, evitando quei fraintendimenti interpretativi generati dalle passate lacune e dalla conoscenza parziale dei testi. In particolare, è possibile verificare come l’intera sua opera si configuri come il tentativo di produrre una storia dei diversi modi di soggettivazione dell’essere umano; all’interno di questa ricerca, si collocano i tre modi di oggettivazione che trasformano gli esseri umani in soggetti: il sapere, il potere, la soggettivazione.

TRE ASSI, come li definirà Deleuze nel suo magistrale corso su Foucault (e nella conseguente monografia), fra i quali le discontinuità e i mutamenti d’oggetto non sono cesure, ma dislocazione e slittamento dell’indagine. La coerenza della ricerca non implica una continuità uniforme, perché al suo interno sono rinvenibili trasformazioni, salti, riprese. Questo corso si situa nel passaggio fra l’asse del sapere e quello del potere, ossia delle pratiche e istituzioni che segmentano l’essere umano sia al proprio interno, sia in rapporto all’altro: folle/sano di mente, malattia/salute, criminale/buonuomo, ecc.

FOCALIZZANDO la propria attenzione sulla repressione della rivolta dei Piedi nudi normandi nel XVII secolo e sulla figura del cancelliere Séguier, Foucault avvia quel percorso che lo condurrà all’analitica del potere. In apparenza, Foucault opera uno scarto rispetto al progetto di una volontà di verità senza soggetto che era stato al centro del precedente corso sulla Volontà di sapere, e che troverà la sua ripresa nel corso del 1981-82 sull’Ermeneutica del soggetto, che avvia la conclusiva trilogia sui Greci; nondimeno, vediamo all’opera, sotto forma di chiavi di lettura dell’evento storico, gli strumenti nietzscheani dell’irruzione e del conflitto tra forze senza riferimento a un soggetto originario, enunciati l’anno precedente.

COSÌ COME SENTIAMO echi di concetti lacaniani, dal «soggetto supposto sapere» al «plus-sapere» (il seminario lacaniano D’un autre à l’autre è di appena tre anni prima), riformulati e reinterpretati da Foucault, che li prolunga oltre Lacan, forse (è il parere di Balibar) «in concorrenza» con lo psicoanalista, ma anche in triangolazione con Althusser e Canguilhem. E ancora, l’uso, derivato da Nietzsche, dei segni al di fuori di ogni prospettiva fenomenologica (che riconduce il segno a un’esperienza originaria) o strutturalista (che riconduce il segno a sistemi di regole discorsive): l’analisi dei segni è articolata sull’analisi delle forme di violenza e dominio. In tal modo si realizza un mutamento di livello: dalla ricerca archeologica, che aveva articolato l’individuazione e descrizione degli ordini discorsivi, alla dinastica, che studia il rapporto esistente fra questi grandi tipi di discorso e le condizioni storiche, economiche e politiche della loro apparizione e formazione.

È L’AVVIO dello slittamento che Foucault opererà passando dall’episteme al dispositivo, del quale l’episteme costituisce un caso specifico.

PER METTERE IN MOTO la sua macchina da guerra, Foucault si serve delle ricerche storiche di Porchnev e Mousnier (dietro le quali occhieggia Althusser). O meglio, si inserisce «di taglio» all’interno della faglia aperta fra i due studiosi, in un serrato confronto con la storiografia marxista che è rimasta a lungo sottotraccia (lo studio accurato di Edward Thompson emergerà l’anno successivo), cogliendo un aspetto decisivo e originale: «la specificità della repressione dei Piedi scalzi e il modo in cui essa segna l’entrata in scena di una nuova funzione repressiva di Stato, non ancora dotata di «apparati» propri (intendenti di giustizia, polizia, reclusione…)», come sottolinea Claude-Olivier Doron nel suo saggio Foucault e gli storici che arricchisce il volume.

Si ponga mente, infine, al contesto nel quale questo corso è svolto: la repressione della gauche, alla quale corrisponde lo strutturarsi delle forme di resistenza. Pochi mesi prima Foucault aveva contribuito alla nascita del Gruppo d’informazione sulle prigioni, confutando ex ante l’accusa di Ginzburg di interessarsi più alla reclusione che ai reclusi; accanto al corso, Foucault svolge un seminario su Pierre Rivière che prelude alla pubblicazione dei documenti del processo. In questo contesto, Foucault rinuncia in modo teatrale a introdurre il corso; negli appunti della prima lezione leggiamo infatti: «Niente introduzione. La ragion d’essere di questo corso? Basta aprire gli occhi – chi ne fosse disgustato si ritroverà in ciò che ho detto».

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 19 febbraio 2019.

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