Di TONI NEGRI.

Il movimento si consolida, il contropotere si organizza. Quanto è avvenuto nella seconda Assemblea delle Assemblee del 5, 6, 7 aprile 2019 è estremamente importante. Non solo per la larga partecipazione, ma perché una nuova linea organizzativa sta costruendosi.

Partiamo da un dato. Ogni rond-point è un’assemblea. In ogni città, ci sono uno o più comitati. Una o più assemblee. Ogni manifestazione è poi anche un’assemblea. La territorialità, la trasversalità, l’orizzontalità di questi punti di organizzazione è la vera dimensione politica che il movimento dei gilets jaunes ha fatto emergere. Ed ogni assemblea esprime decisioni. Ma ogni decisione presa in ciascuno di questi punti si comunica, indecisa, agli altri gruppi, alle altre assemblee. È un flusso, un avviso e un ritorno, così si costruisce consenso. Il consenso è un’esecuzione, direbbe un giurista, in ogni caso si determina nel flusso. Non c’è dunque bisogno di mediazione elettorale per costruire un progetto politico, per prendere una decisione, quando tutti i gruppi la decidono, la decisione è eseguita. E non c’è bisogno di mediazione burocratica per arrivare a ciò.
Le assemblee e i comitati si riuniscono nelle Assemblee delle Assemblee. Qui vengono discussi i temi generali del contropotere.
Così suona l’Appello di Saint-Nazaire:

Noi, Gilets jaunes, costituiti in assemblee locali, e riuniti a Saint-Nazaire il 5, 6, 7 aprile 2019, ci rivolgiamo al popolo nel suo insieme. Inseguito alla prima assemblea di Commercy, circa 200 delegazioni qui presenti, perseverano nel loro scontro contro l’estremismo liberale, per la libertà, l’eguaglianza e la fraternità.
Malgrado la scalata repressiva del governo, l’accumulo di leggi che aggravano per tutti le condizioni di vita, che distruggono diritti e libertà, si radica la mobilitazione per cambiare il sistema incarnato da Macron. Come sola risposta al movimento incarnato dai Gilets jaunes e da altri movimenti di lotta, il governo panica e oppone una deriva autoritaria. Da cinque mesi ovunque in Francia, sui ronds-points, i parcheggi, le piazze, i caselli autostradali, nelle manifestazioni e nelle nostre assemblee, noi continuiamo a dibattere e a batterci contro ogni forma di ineguaglianza e ingiustizia e per la solidarietà e la dignità.
Rivendichiamo l’aumento generale dei salari, delle pensioni, e dei minima sociali, così come dei servizi pubblici per tutti e tutte. La nostra solidarietà in lotta va soprattutto ai 9 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. Coscienti dell’urgenza ecologica, noi affermiamo: fine del mondo, fine del mese, stessa logica, stessa lotta.
A fronte della buffonata dei grandi dibattiti, a fronte di un governo non rappresentativo al servizio di una minoranza privilegiata, noi costruiamo le nuove forme di una democrazia diretta.
Concretamente, noi riconosciamo che l’Assemblea delle Assemblee può ricevere delle proposte dalle assemblee locali ed emettere degli orientamenti – come l’ha fatto la prima Assemblea delle Assemblee di Commercy. Questi orientamenti sono in seguito sistematicamente sottoposti ai gruppi locali. L’Assemblea delle Assemblee riafferma la propria indipendenza a fronte dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e non riconosce alcun leader autoproclamato.
Per tre giorni, in assemblea plenaria e in gruppi tematici, abbiamo dibattuto ed elaborato delle proposte per le nostre rivendicazioni, azioni, mezzi di comunicazione e di coordinamento. Ci iscriviamo nella durata e decidiamo di organizzare una prossima Assemblea delle Assemblee in giugno.
Al fine di rafforzare il rapporto di forze, di mettere i cittadini in ordine di battaglia contro questo sistema, l’Assemblea delle Assemblee chiama ad azioni il cui calendario sarà presto diffuso per mezzo di una piattaforma digitale.
L’Assemblea delle Assemblee chiama ad allargare e a rinforzare le assemblee cittadine sovrane e a crearne di nuove. Noi chiamiamo l’insieme dei Gilets jaunes a diffondere questo appello e le conclusioni dei lavori della nostra Assemblea. I risultati dei lavori realizzati nelle sedute plenarie vanno ad alimentare le azioni e le riflessioni delle assemblee.
Noi lanciamo alcuni appelli, sulle elezioni europee, sulle assemblee cittadine popolari locali, contro la repressione e l’annullamento delle pene dei prigionieri e dei condannati del movimento. Ci sembra necessario prendere tre settimane di tempo per mobilitare l’insieme dei Gilets jaunes e convincere quelle e quelli che non lo sono ancora. Chiamiamo ad una settimana gialla d’azione a partire dal 1 maggio.
Invitiamo tutte le persone che vogliono metter fine all’“appropriazione del vivente” a produrre conflittualità con il sistema attuale, per creare insieme, con tutti i mezzi necessari, un nuovo movimento sociale, ecologico, popolare. La moltiplicazione delle attuali lotte ci impone di cercare l’unità d’azione.
Noi invitiamo, a tutti i livelli del territorio, a combattere collettivamente per ottenere soddisfazione delle nostre rivendicazioni sociali, fiscali, ecologiche e democratiche. Coscienti che dobbiamo combattere contro un sistema globale, noi consideriamo che bisognerà uscire dal capitalismo. Così noi costruiamo collettivamente quel “tutte e tutti insieme” che noi scandiamo e che rende tutto possibile. Noi costruiamo tutte e tutti insieme a tutti i livelli del territorio.
Potere del popolo, dal popolo, per il popolo. Non osservateci, unitevi a noi”.

L’Assemblea di Saint-Nazaire ha inoltre approvato alcuni altri appelli (sull’ecologia, sulla repressione, sulle elezioni europee e sulle assemblee cittadine), qui scaricabili.
Questi appelli dell’Assemblea delle Assemblee sono prodotti attraverso una discussione in riunione plenaria e in gruppi tematici. Esiste una vera “etichetta”, ossia un codice di comportamento che regola il lavoro della AdA, accentuandone il carattere di motore che raccoglie indicazioni di programma e di lotta, insomma di organizzazione, rinviandole alla base. In tal modo si evita la mediazione di rappresentanti e si affermano espressamente le caratteristiche di democrazia diretta del contropotere.

Costruire contropotere significa in primo luogo evitare la cattura da parte del sistema dei Partiti, dello Stato. Significa respingere le sollecitazioni ad uscire dall’orizzontalità, dalla trasversalità. Ad uscire dal comune che questo movimento vive ed interpreta. Ci si riuscirà? Non dobbiamo qui dividerci tra ottimisti e pessimisti ma semplicemente mostrare che, coscienti delle difficoltà di questo cammino, siamo anche capaci di tattiche, di soste, di stabilire passaggi tattici che non contraddicano la strategia della democrazia diretta. Particolarmente interessante sembra a questo proposito il richiamo che il documento 5 dell’AdA di Saint-Nazare propone ai gilets jaunes quando raccomanda di misurare la possibilità di istallarsi nelle mairies, nei Comuni dei piccoli centri periferici del grande ventre della Francia. L’istanza municipalista, federalista è estremamente forte in questo movimento.
Si tratta dunque di costruire istituzioni, tenendo presente che la stessa istituzione si determina, si qualifica in movimento. In fondo, finora, la sola istituzione vera di questo movimento sono le manifestazioni del sabato. Ma il movimento procede velocemente verso la costituzione di un’istituzione che non è di rappresentanza quanto di contropotere. Già da oggi l’insieme delle istituzioni dello Stato francese guarda al movimento come a qualcosa di sovversivo – laddove il termine “sovversivo” ha cambiato completamente il suo referente, non più lo Stato socialista ma la democrazia di base, la democrazia assoluta.

Preistoria
Ovvero breve cronaca dei « sabato di lotta » dal XVIII atto (16/03/2019) al XXII atto (13/04/2019)

Il 16 marzo i gilets jaunes avevano annunciato una conversione nazionale su Parigi. La polizia aveva organizzato blocchi alle stazioni parigine, ai terminali delle autostrade e sui piazzali di parcheggio delle periferie. Niente da fare, sono arrivati in tanti ed hanno marciato sugli Champs Elysées. Dopo le 3 del pomeriggio sono cominciati gli scontri. Come al solito è la polizia che attacca, ma questa volta non riesce a liberare quelle che chiama “zone rosse”. C’è tanta, troppa gente. Mentre gli scontri continuano e si incendiano barricate qua e là, comincia quello che i media il giorno dopo chiameranno pillage, saccheggio, più comunemente detto “appropriazione di merci”. Non sono certamente solo i cosiddetti black bloc quelli che si servono. Dei gilets jaunes bevono champagne sulle poltrone tirate fuori da Fouquet’s, un locale per ricchissimi, svaligiato.
“Violenza e saccheggio”, tuonano i media, “prendete le distanze dalle violenze”, tuona il potere. I gilets jaunes rispondono: “Siamo un movimento sociale che cerca il confronto, la discussione, non vogliamo essere perciò repressi. Non esercitiamo violenza, la violenza è nella società, noi pensiamo che essa promani dall’ingiustizia sociale e dalla repressione dei pacifici movimenti di protesta. Non condanniamo perciò la violenza. Fra i gilets jaunes non ci sono buoni o cattivi”.

Alla fine di marzo questo era il conto della violenza: migliaia di feriti fra le fila dei gilets jaunes, 22 persone hanno perso un occhio in seguito a colpi di LBD, 5 mani strappate da granate esplosive GLI-F4 e una persona uccisa. La repressione giudiziaria ha fatto 8700 arresti, 2000 processi di cui 1500 per direttissima, conclusi con il 40% di condanne di carcere. Normalmente, le condanne avvengono sulla base dell’articolo 122-14-2 del codice penale per punire “il fatto di partecipare coscientemente a un raggruppamento in vista della preparazione di violenze o degradazioni”. Inutile sottolineare che questi procedimenti sollevano indignazione dei sindacati della magistratura e di ogni uomo libero. La legge anti-casseurs che accentuava questo tipo di repressione, introducendo un “daspo” amministrativo, è stata alla fine respinta dal Consiglio di Stato, ma tutto ciò non ha diminuito la violenza poliziesca. Con effetti assolutamente rovesciati rispetto alle intimidazioni governative. La repressione aumenta, non solo nel movimento, ma in generale, la legittimazione delle risposte violente alle provocazioni poliziesche.

Il 16/03/2019 ha rappresentato comunque una giornata chiave. Ai 30000 gilets jaunes che si sono avvicendatisi sugli Champs Elysées si sono aggiunte in quella giornata la marche du climat con almeno 15000 persone e poi la marche de solidarité Adama (indetta da organizzazioni della banlieue per ricordare i giustiziati della polizia nella banlieue stessa): in entrambe queste marce la presenza dei gilets jaunes è forte. In particolare, è da quei giorni che il segno di classe viene proposto dai gilets jaunes alle prospettive di lotta ecologica. Si cominciano a stringere e ad unificarsi le reti sociali. Il 19/03/2019 si dà uno sciopero interprofessionale indetto dalla CGT, da FO e da SUD. La dinamica classista del movimento dei gilets jaunes, realizzandosi anche su questa scadenza, si afferma dunque sul terreno ecologico e su quello della banlieue.
La frizione con il sindacato resta evidente: i gilets jaunes vogliono (meglio, stanno maturando) lo sciopero sociale, e cioè lo sciopero dei lavoratori contro l’estrazione capitalista di valore dalla cooperazione sociale, che oggi rappresenta la forma specifica della valorizzazione capitalista. I sindacati sono legati a vecchie strutturazioni corporative. È quindi un processo difficile quello che qui si configura, perché ai gilets jaunes (per la loro composizione tecnica) è naturale, fa parte del loro immaginario politico, lo sciopero sociale; per i sindacati, esso non è ancora comprensibile perché sono ancora bloccati dal peso dei comportamenti e delle consuetudini della composizione del proletariato fordista. Attendiamo tuttavia il 1 maggio 2019: qui dovrebbe darsi la ricomposizione del movimento sindacale e di quello dei gilets jaunes.

Nella settimana fra il XVIII e il XIX atto dei gilets jaunes il governo impazzisce. Dopo aver liquidato il prefetto di polizia di Parigi in punizione di quanto avvenuto sugli Champs Elysées il 16 marzo, il governo farnetica sulla possibilità di utilizzare l’esercito (o almeno quella parte, Sentinelles, che controlla il territorio contro iniziative terroristiche) contro i gilets jaunes.

XIX atto (23/03/2019)/XX atto (30/03/2019).
Si registrano nuove tattiche poliziesche. In particolare, vengono chiuse le piazze centrali e respinte le manifestazioni ai margini delle grandi città, a Parigi, a Bordeaux, Tolouse, Montpellier, etc.; poi si aggiungono città medie, come Avignone, Lille, Nizza, ecc. Ciò determina l’aumento degli scontri e degli episodi di guerriglia urbana. Malgrado la chiusura delle piazze e gli arresti molteplici che anticipano le manifestazioni, massiccia e continua è la presenza dei gilets jaunes nelle manifestazioni. Finisce qui la campagna di denuncia dei gilets jaunes come antisemiti, fascisti, razzisti, ecc., che aveva accompagnato dall’inizio il movimento. Termina anche il vano appello alla loro costituzione in partito. Il governo sembra piuttosto puntare all’esaurimento fisico del movimento. È comico come si tenti ogni sabato di diminuire il numero dei partecipanti e si dimezzino le cifre della partecipazione alle lotte. Un esempio: il 23/03/2019, la prefettura dice che a Parigi ci sono 3100 manifestanti. Contemporaneamente, tuttavia, dichiara che ci sono stati 5628 controlli preventivi. Cifre e rapporti sballati che dimostrano il contrario di quanto la polizia volesse dimostrare.
A fronte della nuova figura dell’azione repressiva, i gilets jaunes costruiscono punti di riferimento periferici dove, oltre che nelle grandi città, possa manifestare la moltitudine dei gruppi di gilets jaunes dispersi nelle periferie. Per esempio, nel grande nord, a Turcoing, nel sud-est, a Nizza… Gli scontri si moltiplicano ogni sabato. E il movimento si allarga.
Nell’allargamento dell’influenza dei gilets jaunes va tenuto presente in questa fase l’apparire di cortei/manifestazioni dei sindacati della casa/alloggio. È finita la tregua invernale degli sfratti, è primavera. Migliaia di famiglie sono minacciate di espulsione, fra di loro moltissimi gli immigrati, accolti così nelle fila dei gilets jaunes.
E intanto si attende l’aprirsi di nuove lotte: degli insegnanti e dei pensionati.

Che cosa fa intanto Macron? Sviluppa il Grande Dibattito, ovvero il grande bluff mistificatorio. Di fatto, cerca aiuto a destra nello schieramento politico francese, e si fa vedere in giro con Sarkozy.

XXI atto (6/04/2019)/XXII atto (13/04/2019).
Una volta il corteo è andato a sedersi sulle scalinate del Sacre Cœur, un’altra volta ha terminato la camminata del sabato riposandosi sulle scalinate della Défense. A Parigi, ci sono state tranquille, numerosissime, lunghe passeggiate. Manifestazioni diverse da quelle cui di solito siamo abituati, perché queste manifestazioni sono anche assemblee. I militanti parlano, decidono, costruiscono mentre camminano. Sono manifestazioni imponenti. La polizia – udite udite! – comincia a rialzare le cifre ufficiali della partecipazione.
Nelle giornate attorno al XXII atto (5,6,7/04/2019), si tiene a Saint-Nazaire la seconda grande Assemblea delle Assemblee.

Si segnala il contributo di Francesco Brancaccio e Marta Camelli Galì per dinamopress disponibile qui

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