Di GISO AMENDOLA.

Due episodi gravi, avvenuti a Salerno, che toccano in modi diversi la vita universitaria, letti insieme risultano molto significativi del periodo che attraversiamo. Un ricercatore dell’Università di Salerno, Gennaro Avallone, militante nelle lotte antirazziste e studioso delle politiche migratorie, è indagato con altre 11 persone per aver protestato contro una “passeggiata” leghista per la “sicurezza” e antimigranti. Nello stesso periodo, il Rettore dell’Università di Salerno, polo accademico molto rilevante nel sistema universitario del Sud italia, si candida nelle liste della Lega e rivolge un “accorato” appello alla “comunità studentesca”. Scuola, ricerca e università embedded sono evidentemente un obiettivo fondamentale per le politiche reazionarie.
Ma le disobbedienze diffuse che si muovono sulla linea delle rivendicazioni della libertà di espressione, di insegnamento, di manifestazione, stanno cominciando a costruire un fronte importantissimo, che connette pratiche di resistenza e costruzione di relazioni e di “comune”.

Docente indagato per aver manifestato contro la Lega

Dodici avvisi di garanzia e di chiusura indagini sono stati recapitati a Salerno con l’ipotesi di manifestazione non autorizzata. Tra gli indagati, figura un ricercatore dell’Università di Salerno, Gennaro Avallone, docente di sociologia urbana e voce nota nel campo degli studi sulle migrazioni e nelle riflessioni sull’ecologia politica, lunga esperienza militante nei movimenti sociali e collaboratore di questo giornale. Nell’elenco degli indagati, figurano anche alcuni studenti della stessa Università. Ieri è stato diffuso un documento di solidarietà con Avallone e gli altri indagati accompagnato dalle firme di più di cento docenti dell’Università di Salerno, in cui si richiamano gli aspetti più preoccupanti della vicenda.

I fatti contestati risalgono all’11 settembre scorso, anchese gli avvisi sono giunti sono nove mesi dopo, e in casuale ma singolare coincidenza con le manifestazioni di contestazione a Salvini, che a Salerno sono state piuttosto vivaci. Quel giorno la Lega, impegnata nel suo tentativo di radicare presenza e organizzazione a sud, dichiara che una marcia “per la legalità e la sicurezza” percorrerà il Lungomare di Salerno. Non è un luogo scelto a caso: il Lungomare è stato eletto a simbolo del “degrado” della città dalla retorica securitaria, perché è utilizzato dai venditori ambulanti, in gran parte migranti, per lavorare. Questi venditori ambulanti hanno ingaggiato da tempo una vertenza dura con l’amministrazione cittadina, per poter ottenere posti decenti per fare il proprio mestiere, senza essere relegati in mercatini periferici e nascosti. La vertenza è ancora oggi bloccata, con episodi di forte tensione tra i rappresentati della comunità senegalese e il governatore della Campania, già sindaco ma ancora influentissimo a Salerno, Vincenzo De Luca. Il quale, dal canto suo, non ha mai fatto economia di slogan securitari, e della retorica del degrado. Insomma, la Lega, che trova il terreno ben preparato dalla retorica deluchiana, decide di soffiare sul fuoco, organizzando quella che appare subito come una ronda antimigranti, più o meno simbolica. Da qui la diffusione di un’evidente preoccupazione, che porta all’accorrere sul Lungomare, con un rapido passaparola, di numerosi cittadini antirazzisti, insieme a chi, nell’Università di Salerno, conosce da vicino la questione. Gennaro Avallone, infatti, è impegnato da tempo in una inchiesta partecipata sulla situazione del lavoro migrante, e, in particolare, sul rapporto tra commercio ambulante e organizzazione degli spazi urbani. Insomma, era lì a fare il proprio mestiere, quello di un ricercatore che sa che i saperi sono fatti per prendere posizione: osservare, capire, facilitare la presa di parola delle persone che l’iniziativa leghista voleva ridurre a elementi di degrado, continuare il lavoro collettivo iniziato in Università per permettere alla città di uscire dalle retoriche securitarie e razziste e ripensare la propria convivenza.

I docenti mobilitati in solidarietà chiedono nel documento al Rettore, di esprimersi in difesa della libertà di manifestazione e di ricerca. Il paradosso è che il Rettore dell’Università di Salerno è attualmente impegnato in campagna elettorale come candidato proprio con la Lega. Il Rettore finora si è ben guardato dal dimettersi dalla carica, e anche semplicemente di sospendersi dalle sue funzioni. Vedremo se risponderà qualcosa ai suoi docenti: al momento, sembra molto improbabile. Intanto, il crescere della solidarietà è anche l’occasione per rafforzare la riorganizzazione di spazi di ricerca e di espressione collettiva, fondati sulla sperimentazione di nuove relazioni tra l’università e il suo “fuori”: una concezione della vita universitaria radicalmente alternativa a quel mix di logica proprietaria e governo degli algoritmi che ha costituito la retorica dell’”eccellenza” in questi anni. Una retorica dell’innovazione che, del resto, come la vicenda della candidatura rettorale mostra emblematicamente, è tutt’altro che incompatibile con la riproduzione delle pratiche più tradizionali di relazione e scambio con il potere politico.

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 25 maggio 2019

No al rettore candidato leghista

Il Rettore è il Rettore, e noi siamo degli accademici. E quindi leggo la lettera che il mio Rettore ha inviato alla “nostra comunità” e ai nostri studenti. E’ evidente che qui già stride tutto: è una lettera elettorale inviata dalla più alta autorità accademica ai suoi studenti che però… sono anche i suoi potenziali elettori. Il Rettore parla a nome del lavoro svolto. Lo fa mentre ancora indossa l’ermellino. Stride tutto, dicevo, ma in fondo qui questa lettera è solo la conseguenza della brutta sovrapposizione creatasi dal principio di questa storia. C’era tranquillamente modo di evitarlo, di evitare, almeno attraverso un’autosospensione, se non attraverso le dimissioni, queste inevitabili conseguenze. Una lettera come questa mostra chiaramente quello che era inevitabile già in partenza: che il doppio ruolo di Rettore e candidato, crea in realtà un enorme problema, etico e politico, più e prima che giuridico-formale, a gran parte del mondo umano, culturale e professionale di cui ancora sei a tutti gli effetti il massimo rappresentante, il Magnifico Rettore. Ma appunto, noi possiamo opporre un nostro rigoroso “non in mio nome”: dopodiché, la responsabilità è tutta di chi ha fatto, ribadito e difeso quelle scelte, e di chi le condivide.

Nel merito della lettera, nell’elogio del lavoro del campus di Unisa, non voglio entrare. In primo luogo, perché è innegabile che c’è dell’ottimo lavoro svolto, si può tranquillamente riconoscerlo, e, anzi, ci sarebbe da ricordare che proprio il ruolo di ateneo di prima fila nel Sud che Unisa si è conquistata, metterebbe sulle nostre spalle un peso politico, e una responsabilità nei confronti di tutto il sistema universitario meridionale: una responsabilità che avrebbe meritato quantomeno più accortezza e prudenza, prima di andare a portare il proprio assenso, attraverso una candidatura, alle formazioni che sostengono progetti politici come quelli della cosiddetta autonomia differenziata, che costituiscono un macigno per tutto il sistema dell’educazione e della formazione, nazionale ma soprattutto meridionale. Ma su tutto questo, voglio semplicemente segnalare che la risposta nel merito a questa lettera è già arrivata, proprio da alcuni studenti. Rimando a una lettera pubblicata da sito di studenti di Unisa dell’ “Asinu” (https://www.asinupress.com/rettore-si-prenda-un-attimo-per-leggere-questa-lettera/), che pone questo ed altri fondamentali problemi aperti, dall’offerta didattica alla atteggiamento troppo spesso acritico che Unisa ha assunto nei confronti della trasformazione dell’università in un enorme sistema di valutazione “algoritmica” , dietro lo slogan sbandierato aproblematicamente della meritocrazia, fino alle mancate risposte alle vertenze, spesso drammatiche, che hanno attraversato la vita di Unisa (in primis, quella delle lavoratrici e dei lavoratori delle imprese di pulizia). Questa risposta ci dice quanta intelligenza, e quanta responsabilità politica e sociale circola in Unisa: evviva!, non c’è che da decidere finalmente di valorizzarla, e di aprire alla buon’ora la nostra università ad un dibattito critico, fuori dall’ossessione  propagandistica per ranking e classifiche, serio, profondo e plurale, che attraversi tutte le componenti.

Quello che invece personalmente mi sconcerta nella lettera è proprio l’aspetto più direttamente politico. O, meglio, l’assoluta assenza della politica. Tra appelli all’impegno, alla “bellezza” e alla forza dei giovani, oltre a quello paradossale al “mezzogiorno”, sarebbe impossibile capire dalla lettera con quale formazione politica il Rettore firmatario si sia andato a candidare. Eppure, è questo che la nostra “comunità”, che i nostri studenti avrebbero diritto di sapere e discutere: le motivazioni di questa scelta, perché si è pensato che lo sbocco del lavoro tanto decantato sarebbe candidarsi nei partiti nazionalisti europei, perché ci si è resi disponibili non genericamente a portare le proprie “competenze” in Europa, ma a portarle candidandosi a fare l’europarlamentare nel gruppo dei parlamentari di Marine Le Pen, nel gruppo che siede persino più a destra del presidente ultranazionalista ungherese Orban. Per esempio, la comunità vorrebbe discutere del perché con quella candidatura si finisce con il dire sì al ministro dei porti chiusi e al senatore Pillon dei congressi ultratradizionalisti e della guerra aperta ai movimenti femministi. Una “comunità” universitaria, oltretutto non esiste. Esistono persone che lavorano e studiano in Università, ma hanno idee diverse e sono divise da valori, posizioni, sguardi sul mondo. E che, anzi, proprio perché sono “università”, e non semplicemente aggregati di competenze “neutrali”, fanno di quei conflitti la loro vita quotidiana, il centro del loro ruolo civile.

Questa assenza fragorosa proprio della politica, e proprio nel momento in cui ci si schiera come candidati, mi sembra davvero uno specchio della crisi dell’università attuale, ben oltre quella di Salerno e forse ben oltre quella nazionale, in questo davvero pienamente “rappresentata” dalle scelte e dai comportamenti del nostro Rettore. Da un lato, l’elogio della “meritocrazia”, degli indicatori matematici di qualità, della neutralizzazione tecnica dei conflitti e dell’evidente fastidio per ogni collocazione politica, per la parzialità e l’impegno diretto dei saperi. Dall’altro lato, ma in fondo coerentemente, le porte pericolosamente aperte alle culture neoautoritarie. Il problema, insomma, non mi sembra tanto essere il fatto che “la politica debba stare fuori dall’università”: ma che aver prodotto un’università tutta nel segno di un’impossibile neutralità del sapere, spalanca le porte proprio alla politica peggiore, alle politiche più conservatrici e alle relazioni con i poteri fondati solo sulle relazioni più o meno personali e contingenti.

È forse proprio di qui che dobbiamo ripartire in università. Riaprirla ai conflitti e ai movimenti politici e sociali. In questi stessi giorni, Gennaro Avallone, ricercatore ad Unisa, è indagato per manifestazione non autorizzata perché si è collocato insieme a e in difesa di quei lavoratori migranti con i quali studia e fa ricerca. È la lezione di Michel Foucault: i saperi sono fatti per prendere posizione. L’università “neutrale” delle “competenze” e del governo degli algoritmi, finisce, mentre sembra quasi volerlo nascondere o non rendersene davvero conto, al servizio dei peggiori progetti reazionari. Possiamo ripartire, tutte e tutti insieme, discutendo di questo.

Questo articolo è stato pubblicato su SalernoSera il 25 maggio 2019.

 

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Questo l’appello di solidarietà dei docenti Unisa per Gennaro Avallone (qui l’elenco delle prime firme: https://ilmanifesto.it/solidarieta-a-gennaro-avallone/)
Alcuni giornali locali hanno dato notizia che Gennaro Avallone, ricercatore nella nostra università, sarebbe indagato, insieme ad altre persone, per aver preso parte nel settembre del 2018 a una protesta non autorizzata contro una “passeggiata” anti-immigrati della Lega a Salerno.

Vogliamo esprimere immediatamente e senza alcuna esitazione la nostra solidarietà a Gennaro e il nostro sdegno per l’ennesimo episodio di repressione del dissenso nel nostro paese, alla luce del fatto che, come dimostrano le cronache giornalistiche, i manifestanti non hanno fatto nulla di diverso dall’esprimere un’opinione, non mostrando alcun atteggiamento o comportamento offensivo o violento.

Chiediamo anche al Rettore dell’Università di Salerno di esprimere solidarietà al collega e dissenso contro ogni forma di repressione della libertà di espressione.

(Chi voglia solidarizzare, anche al di fuori dell’università di Salerno, può scrivere per aggiungere la sua firma a adaamendola@unisa.it.)

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