Segnaliamo Call me COVID19: call for blog posts della Redazione di Studi sulla questione criminale online.

Call me COVID19: call for blog posts

di Redazione di Studi sulla questione criminale online

Da alcune settimane assistiamo, talvolta con interesse, con confusione o con una certa frustrazione, spesso disorientate, al dibattito che ha suscitato l’irruzione del Coronavirus nelle nostre vite, destabilizzandole. E’ a partire da questo dibattito, spesso caratterizzato da prese di posizioni dure e antitetiche, ma anche, sempre più spesso, aperte a riflessività più profonde e posizionate, che intendiamo proporre un nuovo spazio di confronto, di condivisione e di produzione di sapere critico, di cui sentiamo fortemente la necessità. Questo spazio di discussione si pone l’obiettivo di stimolare la costruzione di un discorso che sviluppi le articolazioni della portata emotiva, sociale, economica e politica di questa fase di crisi, che sappia immergersi nelle mille pieghe e fratture che si stanno aprendo intorno a noi con una postura critica.

Proponiamo di attivarci insieme per la creazione di nuove “cassette degli attrezzi”, di linguaggi rigenerati e originali metodi di ricerca, di farlo con approcci e posizionamenti che pongano l’accento sulla complessità e l’ambivalenza, a nostro avviso costitutive, della fase attuale, e non abbiano timore di mettere a fuoco le nostre paure e vulnerabilità. Vogliamo ricominciare a tessere le fila di un dibattito che non sia sordo alle contraddizioni in campo, ma al contrario che si immerga in esse, partendo da quelle e non da categorie precostituite; che non si veda schiacciato da opposizioni binarie: le antitesi “complottismo/anti-complottismo”, “eccezionalismo/anti-eccezionalismo”, “apocalisse/vitalismo”; che si sforzi di tenersi alla larga da posture e ipotesi “esclusiviste”, “tuttologiste”, “esaustiviste” o “benaltriste”. Vogliamo conquistarci il coraggio e il diritto di sentirci insicuri, di mostrarci fragili senza però rinunciare a fare la nostra parte nelle maglie dell’impotenza dei dispositivi di una governance frastagliata, che si agita intorno a noi in modo tutt’altro che solido, coerente e uniforme. L’attuale emergenza tende, a nostro avviso, ad acuire radicalmente processi di insicurizzazione, atomizzazione, precarizzazione e marginalizzazione già ampiamente dispiegati.

Ciò che sta accadendo in queste ore nelle carceri italiane ne è un esempio drammaticamente emblematico. Da parte nostra, collocandoci nel solco tracciato dalla criminologia critica, ci poniamo alcune primissime domande, che possano animare il confronto collettivo. Quale rinnovato ruolo avrà il diritto e che funzione svolgerà la produzione normativa emergenziale – o la sua normalizzazione? Quali potranno essere le forzature e le torsioni della sfera dei diritti e delle libertà? Con quali soluzioni e in che rapporto tra essi si muoveranno istituzioni e altri dispositivi di controllo locali, nazionali e transnazionali? Quale ruolo svolgeranno gli istituti del welfare pubblico nella gestione della crisi e quale sarà invece il ruolo attribuito ai militari e alle forze dell’ordine? Come proseguirà il governo della vita dei detenuti nelle carceri? Come ci si prenderà cura di chi non ha una casa in cui restare? Come si configureranno i nuovi processi di stigmatizzazione, criminalizzazione e produzione di alterità? Quali saranno i nuovi confini tra normale e patologico, legale ed illegale, ordinario e straordinario? Che interconnessioni tra locale, nazionale e globale questa crisi mette in luce? Come sono i confini adesso, visti dalla prospettiva di chi non può attraversarli? Infine, ma non per importanza, quali nuovi processi di resistenza, interazione e cooperazione sociale e cura si stanno dispiegando in questa, che è senz’altro una crisi che afferisce a ogni sfera della nostra vita, introducendo un limite alla nostra mobilità: un’inattività e un’autosegregazione a cui non eravamo di certo abituati. Come ci parla questa condizione di noi, della prospettiva e della percezione che abbiamo come soggetti e come società rispetto ai confini (fisici e sociali), alla libertà di movimento, alla nostra responsabilità nei confronti delle comunità, sull’idea stessa di cittadinanza/appartenenza e sui meccanismi strutturali ed economici che regolano e condizionano il nostro vivere?

In molte e molti hanno evidenziato come ciò che stiamo vivendo è la realizzazione di (un intreccio di) dimensioni distopiche, anticipate dalla fantasia visionaria e profetica di autori e autrici di film, libri, serie, e così via. Ogni singolo aspetto, o tutti insieme, di questa realtà “inedita sono rintracciabili in topoi apocalittici abitati da zombie e mostri, infestati da virus e pandemie, devastati da disastri ecologici e rivoluzioni umane, e che hanno contribuito, molto probabilmente, a dare forma, colore e profondità al nostro immaginario di questa crisi. Chi sono i mostri, e come vengono costruiti e distrutti? Come si ribella la natura alla violenza devastatrice dell’Antropocene? Cosa accade alle comunità, alle soggettività e alle loro relazioni quando vengono rinchiuse in isolamento con un “nemico” alle porte? Cos’è il male, e dove si trova? Per ogni domanda ci sono centinaia di pagine e fotogrammi di risposte che vorremmo rileggere insieme in chiave analitica e anche, perché no, catartica.

Non intendiamo dunque abdicare e rinunciare a tutte le forme di (lettura) critica del reale anche nella crisi, ma allo stesso tempo dobbiamo essere capaci di rinnovare e rimodulare gli strumenti che abbiamo conosciuto fino ad ora, costruendo relazione, riconoscimento, solidarietà, conflitto. Nelle pieghe delle ambivalenze e nell’immanenza delle contraddizioni che si aprono, possiamo trovare nuovi spazi risorgivi, il rovescio di ogni dimensione può risignificarla e divenire luogo di possibilità mai immaginate finora. La resistenza all’isolamento fisico e cognitivo trova risposta nel bisogno di uno spazio di condivisione che dobbiamo reinventare con fantasia e coraggio. E questo spazio deve divenire comune e inventare nuove dimensioni di ascolto e di parola, di legame politico e sociale, di organizzazione.

Questa è una chiamata articolata, come lo è la crisi che attraversiamo.

È innanzitutto un appello a inventare un discorso composito, un nuovo lessico e una nuova grammatica, che parta dai fondamenti per riconoscerne i limiti, ma anche per trovare traduzioni capaci di parlare al presente, a partire da alcuni ambiti tematici:

  •    Processi di alterizzazione, stigmatizzazione, mostrizzazione e etnicizzazione del virus
  •    Ambivalenze dei confini interni ed esterni, intesi come metodo di governo ed epistemologia della crisi
  •    Il ruolo del dispositivo mediatico
  •    Sanità pubblica e privata e i limiti strutturali del sistema sanitario
  •    Emergenza carceraria e ipotesi di amnistia
  •    Emergenza, eccezione, norma, biopolitica: il governo della paura, il caos dei dispositivi di controllo
  •    La prestazione lavorativa in tempi di crisi. Il tema del reddito garantito
  •    Corpo sano/corpo malato/vulnerabilità: la costruzione neoliberale della performatività in tempi di contagio globale
  •    Tempo, tempi, temporalità: come cambia la percezione la scansione della vita
  •    Ecologia, Antropocene, disastri: come vengono costruiti nel discorso pubblico e quali forme di resistenza

Questa chiamata è, in secondo luogo, una richiesta di condivisione delle esperienze concrete di questa crisi, un’inchiesta sulle forme di resistenza, di mutuo supporto, di condivisione e cooperazione sociale che non escludano ma anzi mettano al centro la difficoltà, la crisi e la fragilità del nostro posizionamento e delle nostre relazioni. Vorremmo che questo diventasse un dialogo tra diverse esperienze capace di costruire nuove trame narrative e relazionali e nuovi spazi di confronto e contatto.

Infine, è una richiesta che apre le porte della criminologia critica e della critica al diritto anche ai/lle non addette/i ai lavori – se possiamo dire così: in tempi di segregazione e isolamento dobbiamo nutrire le nostre anime, i nostri cervelli e i nostri cuori; riempirli dei mondi e linguaggi diversi di cui è composta la letteratura fantascientifica, horror, noir ecc. può essere un modo per farlo, e per leggere con altri occhi l’incredibile del presente.

contributi possono essere inviati all’indirizzo di redazione: ssqc.online@gmail.com

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