Di BENEDETTO VECCHI.

Possibili vie di fuga dalla occupazione dell’intero pianeta da parte dei rapporti di produzione capitalistica, uniti alla necessità di elaborare manuali di sopravvivenza alle apocalissi ambientali, sociali e politiche che tale colonizzazione planetaria determina.

È questa una chiave di lettura di Kritik (DeriveApprodi, pp. 187, euro 18), volume collettivo e tuttavia anonimo, dato che non compare nessuna firma degli autori. Molti e variegati stili di scrittura – oltre a testi saggistici, il libro presenta infatti poesie e pillole di graphic novel dal disegno marcato con ambientazioni metropolitane – per temi eterogenei non sempre legati da un filo comune.

DUNQUE, UN VOLUME che si colloca sul filone delle ormai non poche esperienze di prassi teorica messi in campo da collettivi politici «antisistema» come il «Comitato invisibile» (recentemente la casa editrice Nero edizioni ne ha pubblicato i testi). Ma se il comitato invisibile esplicita una linea di continuità militante all’interno dei movimenti sociali, i materiali di Kritik si caratterizzano invece per essere riflessioni a latere sullo stato dell’arte dei movimenti in Italia.

Nessuno rivendica, infatti, l’appartenenza a esperienze politiche organizzate, anche se chi ha composto il libro ha assemblato i materiali in maniera tale da farli apparire come un controcanto ai punti di vista che si sono manifestati in questi anni nelle piazze e nei movimenti sociali italiani.

Libro illustrato, anche. Le immagini sono volutamente programmatiche stabilendo – questa volta sì – linee di continuità tra gli anni Settanta e il presente, privilegiando una iconografia della rivolta scandita da uomini con cappucci neri e passamontagna, mentre sullo sfondo bruciano macchine della polizia, cassonetti e altre automobili ripresi negli anni Settanta, Ottanta, Novanta fino a quelli della rivolta di Parigi contro la loi du travail.

ECOLOGISMO RADICALE, ma anche critica del nesso tra computer science, intelligenza artificiale e complesso militare industriale; critica verso la precarietà nei rapporti di lavoro, ma anche declassamento del ceto medio; esaurimento della spinta propulsiva dell’impero americano, ma anche il nuovo disordine mondiale fondato su guerre locali e pulizia etnica.

E, infine, la critica della Rete. Sull’ecologismo radicale è scontata l’enfasi sulle «lotte territoriali». Risulta però più interessante dello spirito militante della NoTav in quanto madre di tutte le mobilitazioni contro l’uso capitalistico del territorio, la riproposizione del saggio Apocalisse e rivoluzione di Giorgio Cesarano e Gianni Collu, pubblicato nel 1973 come «risposta marxista» al noto rapporto del Club di Roma sui limiti dello sviluppo.

La crisi ambientale è vista come l’esisto del dispiegarsi planetario di un «capitale totale». Ma capitale totale è anche quello del complesso militare industriale. Con una documentazione di tutto rilievo, il testo su questo argomento stabilisce il nesso tra general intellect, rapporti di sfruttamento e finanza. Più o meno quel che accade con la Rete. Qui la via d’uscita dalla sua trasformazione in tecnologia del controllo è nota, visto che viene proposta ormai da oltre un decennio: occorre disconnettersi, praticando l’esodo dai social network. Proposta che ha indubbio fascino, sebbene emerga una aporia nell’argomentazione che l’accompagna.

I SOCIAL NETWORK vengono infatti qualificati come forma di rispecchiamento se non una sostituzione stessa del sociale classicamente inteso. Se è però ambigua la sovrapposizione tra sociale e social network, difficile è disconnettersi dal sociale, a meno che non si immagini il primitivismo di un vivere eremitico o la costituzione di comunità fuori dal vivere associato. In questo caso è più semplice trasferirsi su Marte. Roba che attiene dunque al futuro, certo non al presente. Una provocazione, niente di più.

Meglio sarebbe quindi cercare forme di conflitto adeguate a questo presente, smettendo di agitare l’apocalisse sia come congedo dalla politica, qualunque essa sia, che come opportunità di liberazione.

L’apocalisse può diventare liberazione solo se fa rima con rivoluzione, cosa che interessa a pochi autori del volume.

LA TONALITÀ DOMINANTE di questo libro è l’articolazione di un riformismo che ha le sue fondamenta in una adrenalinica ed effimera rivolta destituente.

Significativo, per la torsione moralistica ben poco materialistica, al di là della professione di fede verso una prospettiva radicale e rivoluzionaria, è il testo dedicato all’impoverimento della società italiana.

Qui i soggetti sociali e economici, presi come elementi significativi di una distruzione della ricchezza e crescita delle disuguaglianze, sono un paludato e melmoso ceto medio, fatto di piccoli commercianti (magari ambulanti), truffati dalle banche, impiegati e indefiniti lavoratori della conoscenza. Insomma la radicalità delle pratiche destituenti hanno come proiezione politica un piatto riformismo amministrativo.

Chissà quale giudizio darebbero alla proposta di rimborso dei truffati delle banche del governo grillino-leghista. Perché la lettura di questo testo evoca l’adesione di molti militanti di sinistra a quella apocalisse del pensiero critico che è il Movimento Cinque Stelle.

Per fortuna c’è anche altro in questo libro. Da leggere, meditare per cercare comunque conforto nell’inverno del nostro scontento.

 

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 12 aprile 2019.

 

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