Di CHIARA GIORGI

La salute, come diritto fondamentale, come forma essenziale di liberazione umana e di giustizia sociale, è uno dei terreni cruciali per poter costruire una nuova combinazione di lotte, nella quale plurali e differenti soggettività possono incontrarsi al fine di prefigurare nuove forme di vita capaci di coniugare «l’emancipazione sociale ed economica con la liberazione politica»[1].

Come ci hanno insegnato gli anni Settanta la salute e la riqualificazione dell’assetto sanitario possono intercettare le domande di cambiamento e democratizzazione provenienti da altre forme di conflitto sociale.

Il diritto e la promozione della salute se correttamenti intesi comportano d’altronde scelte politiche che coinvolgono tutti/e; investono la natura della democrazia e il più complessivo assetto sociale ed economico. Le mobilitazioni per la salute hanno avuto la forza non solo di istituire nuovi rapporti tra la salute ambientale e l’organizzazione del lavoro, di saldare la prevenzione alla partecipazione, di riconfigurare le relazioni di potere tra cittadini e istituzioni, ma soprattutto di coinvolgere gli assi centrali della vita quotidiana, i rapporti sociali di produzione e riproduzione sociale.

Sulla scia di queste premesse, le rivendicazioni oggi cruciali investono, tra gli altri, alcuni obiettivi essenziali.

In primis, una riqualificazione della sanità pubblica e del Servizio Sanitario nazionale (SSN), lo strumento che garantisce a tutti e tutte, indistintamente, la tutela e promozione della salute, a partire dall’assistenza territoriale e dalla prevenzione, volto a perseguire gli obiettivi di uguaglianza, universalismo, omogeneità territoriale, globalità delle cure.

Il SSN, è noto ma giova ribadirlo, venne istituito negli anni Settanta (dicembre 1978) e fu l’effetto di quanto prodotto e agito in quel periodo storico, nel quale si diede vita a esperienze, sperimentazioni, pratiche di lotte, conflitti, elaborazioni teoriche che non hanno eguali nella storia dell’Italia repubblicana. Nel caso della salute, si trattò per lo più di esperienze in ambiti fondamentali di vita e di “cura” – nel senso di un avere cura opposto alla tradizionale prassi di medicalizzazione della società – nel quale la cosiddetta “politica della medicina” veniva a inquadrarsi in una lettura di classe delle diseguaglianze di salute e del disagio psico-fisico.

Il SSN rispose a una visione unitaria della salute, fisica e psichica, individuale e collettiva, come fatto sociale e politico (sociale nella genesi e politico nella risoluzione). Esso fu sin da subito caratterizzato da un’impostazione integrata dell’intervento sanitario e di quello sociale, dalla centralità del momento preventivo e dell’approccio epidemiologico, da una organizzazione territoriale e decentrata, da un impegno diffuso capace di investire le questioni legate alle condizioni di lavoro e alla tutela dell’ambiente.

Le debolezze emerse con la pandemia, in termini di diseguaglianze sociali e territoriali, in ordine all’abbandono della prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro, allo stentato sviluppo dell’assistenza primaria e territoriale, al ruolo crescente assunto dalla sanità privata, sono state il risultato dei cambiamenti subentrati a partire dall’ultimo ventennio del Novecento. In particolare, esse sono state il prodotto delle spinte al sotto-finanziamento della spesa sanitaria, dei tagli alle strutture e al personale, nel quadro di quelle politiche neoliberali volte a considerare salute e sanità ambiti privilegiati di inediti processi di valorizzazione del capitale. I limiti che si sono mostrati nel servizio sanitario pubblico dinnanzi all’impatto della pandemia sono derivatidal suo depotenziamento, dallo spazio lasciato alla sanità privata e dall’indebolimento della medicina territoriale, che aveva informato la fisionomia dell’istituzione del SSN negli anni Settanta. A pesare insomma nella vicenda di Covid-19 sono state le conseguenze di politiche di privatizzazione e mercificazione della sanità (e del welfare) effettuate negli ultimi decenni nel contesto della riorganizzazione neoliberale del capitalismo.

Negli ultimi mesi più segnali indicano come quella che veniva definita la “lezione della pandemia” non sia servita a rafforzare il SSN e anzi come la direzione intrapresa sia quella di una sua ulteriore penalizzazione, di contro all’espansione dell’offerta privata, trainata dalla diffusione di varie forme di assicurazioni integrative e aziendali, rafforzata dai grandi interessi delle imprese farmaceutiche, ma anche dal ricorso alla telemedicina che rischia di essere un ennesimo modo per arricchire queste ultime[2].

Il rischio, peraltro sotto traccia e nascosto a i più, è di un rafforzamento del privato, dei meccanismi e delle logiche del mercato, di una privatizzazione della sanità, di un ulteriore de-finanziamento del SSN, di un fallimento di quella sfida che pensavamo tutti e tutte potesse provenire dalla pandemia per immaginare un nuovo modo di pensare e approcciare il tema della salute e della sanità.

L’impressione è che, viceversa, le continue polemiche che occupano la scena quotidiana della comunicazione oscurino la “vera partita” oggi in corso: la centralità di una concezione della salute non privatistica, né selettiva, né biomedica, né individualistica; il rilancio di una visione relazionale di essa; la riqualificazione del sistema sanitario pubblico; la costruzione di spazi di contropotere nella gestione sanitaria.

Anche allargando lo sguardo al di là dello specifico della sanità italiana, si rendono più che mai necessarie forme originali di lotta tese a opporsi ad un concetto di salute capitalizzata e mercificata sempre più diffuso a livello globale; volte a una riappropriazione democratica delle funzioni pubbliche e delle istituzioni del welfare esistente; e ancor più intente a istituzionalizzare forme di sanità socializzate le quali peraltro potrebbero essere strumenti essenziali ai fini di una ripoliticizzazione della stessa salute[3].

Le lotte per la salute si collocano in una generalizzata espansione di tutti quei servizi collettivi di welfare che sono stati colpiti o riconfigurati in funzione del profitto dalle politiche neoliberali, ma che rimangono terreni cruciali per il protagonismo di una politica del cambiamento necessario.

Infine, essenziale è l’obiettivo di fornire vaccini a tutto il mondo, al grido di “vaccino bene comune”, con il necessario abbattimento (o quanto meno sospensione) dei brevetti, a fronte di una somministrazione delle dosi che è finita per il 75% a dieci paesi, di contro a quelle realtà, in prevalenza in Africa, che ne hanno ricevuto una percentuale bassissima[4]. Per poter conseguire questi obiettivi si rende necessario costruire una rete di mobilitazioni[5], una combinazione e articolazione di lotte capaci di investire il terreno della produzione e della riproduzione sociale, all’insegna di un comune e radicale progetto volto a una riappropriazione politica di quegli aspetti della riproduzione sociale catturati dai continui processi di valorizzazione del capitale; volto, ancor più, a prefigurare orizzonti di vita oltre il capitalismo. Il riconoscimento e la soddisfazione di antichi e nuovi bisogni non potranno che giovarsi di questo sforzo collettivo di immaginazione e progettazione di una società diversa, alternativa, in cui eguaglianza e libertà possano ritrovare il loro nesso inscindibile.


[1] S. Mezzadra, B. Neilson, Operazioni del capitale. Capitalismo contemporaneo tra sfruttamento ed estrazione, Manifestolibri, Roma, 2021, p. 340.

[2] Sui segnali allarmanti che rischiano di indebolire ulteriormente il SSN si rinvia a C. Giorgi, Lo stato di salute del Servizio sanitario nazionale in https://centroriformastato.it/autore/chiara-giorgi/

[3] Cfr. C. Giorgi, M.R. Marella, Istituzioni del comune e contropotere, in Contropotere. Quaderno di Euronomade, 2020.

[4] Cfr. https://www.saluteinternazionale.info/2021/02/nessun-profitto-sulla-pandemia.

[5] In questa direzione va l’iniziativa organizzata per il 6 e 7 novembre a Bologna, https://comesiescedallasindemia.congressiperlasalute.com/it.

Foto di copertina di DarkoStojanovic da Pixnio.

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