di ADL COBAS.

Riceviamo da ADL COBAS un documento di valutazione complessiva sulle lotte della logistica. Lo pubblichiamo ben volentieri, nell’ambito dei materiali per la discussione sul “sindacalismo sociale”.

 Il contesto generale.

La crisi non demorde, i dati reali sulla disoccupazione, sulla chiusura di aziende, sulle ore di CIG non danno segni in controtendenza. La disoccupazione sale ancora: è al 13%, quella giovanile al 42,3. I senza lavoro superano quota 3,3 milioni. I giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di occupazione sono 678 mila, pari al 42,3 per cento. Per l’Istat si tratta del tasso più alto dall’inizio di gennaio 2004, sia delle trimestrali, che si rilevano dal 1977. A febbraio infatti il numero di disoccupati ha superato la soglia dei 3,3 milioni, arrivando a 3 milioni 307mila persone in cerca di lavoro, in aumento di 8mila unità su gennaio (+0,2%) e di 272 mila su base annua (+9%). Peggiora anche il dato sugli occupati, che a febbraio sono 22 milioni 216mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al mese precedente (-39mila) e dell’1,6% su base annua (-365mila).

Esplode la richiesta di ore di cassa integrazione: con oltre 100 milioni di ore registrate nel mese di marzo, ben oltre le 80 milioni di ore mediamente conteggiate a partire da gennaio 2009 ad oggi, la cig aumenta in tutti i suoi segmenti (ordinaria, straordinaria e deroga). Dietro questa mole di ore sono coinvolti da inizio anno circa 520 mila lavoratori che hanno subito un taglio del reddito per 1 miliardo di euro, pari a 1.900 euro netti in meno per ogni singolo lavoratore in busta paga. Infine la cassa integrazione in deroga; nei primi tre mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dello scorso, la crescita della cigd è stata del +14,56%. Per quest’ultimo istituto, il problema principale è che non sono ancora state liquidate interamente le spettanze per il 2013, mentre per il 2014, chi ha fatto richiesta non può sapere se e quando potrà avere quei soldi. Ma la cosa ancora più grave riguarda mobilità in deroga e Aspi o Mini Aspi, nel senso che si sta creando un vuoto vergognoso dovuto a due fattori: il primo è che la mobilità in deroga non è stata rifinanziata; quindi quei lavoratori che avevano diritto alla mobilità in deroga, per non rischiare di non prendere nulla, si sono visti costretti a chiedere l’Aspi o la Mini Aspi, con il risultato che ricevono somme irrisorie che vengono erogate dall’Inps.

In un contesto di questo tipo si inseriscono le politiche sul lavoro del governo Renzi, che, se da una parte, per la prima volta intervengono sul fronte del reddito in modo non puramente simbolico ( i famosi 80 € per i lavoratori dipendenti con redditi tra gli 8000 e i 24000/26000 €), dall’altra, attraverso il Jobs Act, amplificano ancora di più le forme precarie del lavoro, in particolare per quanto concerne i contratti a tempo determinato e l’apprendistato.

Ma il dato di fondo è che la crisi produce tutti i giorni drammi umani per migliaia di persone che si ritrovano senza più reddito da un giorno all’altro e con lo sfratto pendente. E’ chiaro che in una situazione di questo tipo la questione della ridistribuzione della ricchezza non può che porsi con la forma del conflitto e della riappropriazione di reddito. Nel nostro paese, a fronte di un oggettivo indebolimento di quella composizione di classe che aveva segnato la storia nei decenni passati, abbiamo assistito ad una progressiva trasformazione del mercato del lavoro che ha interessato tutti i comparti, facendo venire a galla all’interno di alcuni settori una nuova composizione di classe che ha saputo alzare la testa riproponendo forme e obiettivi di lotta non solamente in chiave difensiva e non solamente sul piano del lavoro, ma anche su un terreno sociale, a partire da quello della casa. Questo hanno rappresentato le manifestazioni del 19 ottobre dello scorso anno e del 12 aprile di quest’anno, in quanto hanno messo in evidenza la possibilità di rispondere agli effetti prodotti dalla crisi con una progettualità di lotta radicale e di massa.

E’ in un contesto di questo tipo che si inserisce la nostra riflessione, a partire dalla quale crediamo sia necessario capire come costruire percorsi concreti innovativi a livello territoriale che sappiano parlare il linguaggio del conflitto, del radicamento di forme di autoorganizzazione strutturate, della costruzione di alternative concrete al modo di produzione capitalistico all’interno dei tessuti produttivi, economici e sociali di ogni specifico territorio, sapendo coniugare le lotte per il reddito, contro la precarietà, per il diritto alla casa con le lotte contro la devastazione dell’ambiente, contro la mercificazione di tutti gli aspetti della vita, per la costruzione di un movimento di lotta che ponga la salvaguardia dei beni comuni come alternativa concreta dell’oggi.

 

Ambiti nazionali della logistica e percorsi territoriali.

La vicenda della logistica.

Un forte movimento di lotta, da alcuni anni a questa parte, sta attraversando i poli principali della logistica, disseminati nell’intero territorio nazionale ed in particolare nel centro nord. Dal Friuli, al Veneto, alla Lombardia, al Piemonte, all’Emilia Romagna e fino al Lazio, le Marche e la Campania, è divampato il fuoco della rivolta operaia contro una forma di sfruttamento che rasenta, in molte situazioni, quello di tipo schiavistico, grazie all’uso criminale delle cooperative e della figura del socio lavoratore. Questo movimento si è propagato con le modalità che ricordano molto la generalizzazione del “gatto selvaggio” nelle catene di montaggio dell’operaio-massa. Non sono poche le similitudini con la rivolta operaia a cavallo degli anni 60 e 70: in primo luogo si tratta di una figura, il socio lavoratore, che svolge le stesse identiche mansioni ovunque. Carico, scarico smistamento delle merci con semplice lettura dei codici a barre e con l’ausilio, a volte, di attrezzature elettroniche che sono in grado di smistare da sole i colli. Milioni di colli, di tutti i tipi, che ogni giorno e ogni notte vengono caricati, scaricati e smistati nelle decine di migliaia di punti vendita disseminati nell’intero territorio nazionale e nelle rotte internazionali, con tempi di consegna prestabiliti. Tutto deve svolgersi nei tempi definiti: arrivi e partenze sono contrassegnati da tempi precisi ed il tempo di lavoro del carico e dello scarico devono obbedire alla tempistica delle consegne. Un apparato di distribuzione delle merci molto sofisticato, giocato tutto su tempi strettissimi che dipende interamente dal lavoro manuale di una forza lavoro che è costretta a spaccarsi la schiena, riempiendo e svuotando camion e furgoni, dovendo accettare molto spesso una flessibilità selvaggia imposta dal corriere che organizza nastri operativi che possono andare da orari spezzati di 2 ore, pausa di 4 ore e poi altre 3 ore di lavoro, oppure giorni nei quali vengono richieste 5 ore di lavoro ed il giorno dopo 12. Tutto questo per il personale impiegato come facchino, mentre per tutto il restante personale, autisti di furgoni e camionisti, si entra in tutto un altro mondo dove il rapporto tra orario di lavoro e retribuzione è ancora peggio. E’ quindi del tutto evidente che, in una situazione nella quale tutto deve funzionare ad incastro e dove vi è una significativa concentrazione di forza lavoro, si potesse produrre un movimento di lotta radicale in grado di inceppare una formidabile macchina di produzione di ricchezza. Tanto più, dove vi è sempre stata una presenza sindacale collusa con la forma societaria che gestisce il lavoro – quella cooperativistica –, in quanto buona parte di queste cooperative sono o Lega Coop, o Conf Cooperative o Compagnia delle Opere, con una presenza in ruoli dirigenziali di molti ex dirigenti sindacali. Questo è quello che è effettivamente avvenuto, grazie alla capacità di alcune forme sindacali (il SI Cobas, ADL Cobas e altri) le quali, a partire da un radicamento territoriale sono riuscite a costruire vertenze nazionali che hanno prodotto importantissimi risultati e stanno provocando reazioni isteriche nella controparte che si affida con sempre maggiore frequenza alle forze di polizia e cerca di offrire una opportunità alla triplice di ricostruirsi una verginità, cercando a volte di concedere accordi in linea con gli obiettivi indicati dal movimento di lotta. Le lotte alla Granarolo a Bologna, così come quelle all’IKEA a Piacenza o alla Artoni e in Aspiag a Padova, sono state solo la punta di un iceberg che ha una base enorme ed è in continua espansione. Il propagarsi delle lotte e di questa nuova forma di autoorganizzazione vive di una propria forza espansiva che non ha bisogno di volantini o di grandi mezzi di comunicazione di massa. Anche in questo senso sembra di essere ritornati indietro nel tempo, quando la forma di lotta che inceppava continuamente la produzione in catena di montaggio era riuscita a diffondersi ovunque, tramite il tam tam del passaparola tra soggetti provenienti da tutte le regioni d’Italia che andavano a formare una composizione di classe “meticcia”, in grado di comunicare in mille modi sotterranei. E così succede oggi, dove l’appartenenza etnica, il provenire da una stessa regione, le parentele, il tutto coadiuvato dalle nuove forme della comunicazione (Facebook, WhatsApp, social net in generale), diventano i veicoli più rapidi di propagazione della lotta.

A partire dunque da questi dati oggettivi, siamo riusciti, come realtà “sindacali” che hanno aiutato l’innesco di questa nuova forma di rivolta operaia, a costruire vere proprie vertenze nazionali, per la prima volta nella storia del cosiddetto “sindacalismo di base” (è un termine che usiamo solo per capirci ma che non sta a significare a nostro avviso più nulla) che hanno prodotto una trattativa sfociata in accordi-quadro nazionali che si sono tradotti poi in accordi di filiera nelle regioni più importanti per la logistica. Siamo partiti dall’individuazione di una strategia ben precisa: puntare allo smantellamento del sistema di sfruttamento basato sulle cooperative e sulla figura del socio lavoratore. Perché questo era ed è il punto nodale, puntando a conquistare quegli obiettivi che avrebbero reso non più conveniente l’uso da parte dei corrieri di questa forma societaria e di questa tipologia sdoppiata di operaio: da una parte socio lavoratore, dall’altra lavoratore subordinato. E abbiamo individuato pochi e semplici obiettivi: 1) portare tutti gli istituti contrattuali (13°, 14°, ferie, permessi, ex fest., tfr) al 100% a prescindere dalle ore lavorate, in quanto era ed è ancora in buona parte ancora in uso pagare questi istituti in percentuali inferiori al 100% ed in paga conglobata, sulla base delle ore lavorate; 2) Integrazione per malattia ed infortunio a partire dal 1° giorno e nella misura del 100%, (i soci lavoratori non avrebbero avuto alcun diritto a percepire integrazioni per malattia ed infortunio, prendendo solo la quota corrisposta da INPS e Inail dal 4° giorno in poi e al 50 % per Inps e al 66 % Inail); 3) Rispetto dei contratti di lavoro in relazione ai full time e alle maggiorazioni su lavoro notturno e straordinari; 4) Garanzia di passaggio di tutti i lavoratori nei cambi di appalto con mantenimento dell’anzianità maturata e del livello acquisito ( i cambi di appalto sono stati uno degli strumenti più importanti per abbattere continuamente il costo del lavoro e creare una forma di ricatto costante nei confronti del socio lavoratore, il quale ad ogni cambio poteva anche essere lasciato a casa); 5) Messa in discussione del meccanismo del passaggio di livello che viene sempre usato a discrezione, introducendo il principio del passaggio automatico; 6) Aumenti salariali sostanziali anche con l’introduzione di indennità sostitutive di mensa; 7) Infine come ulteriore punto che dovrà essere un punto di arrivo di questa importante battaglia, la possibilità di scegliere se essere socio o dipendente e non dovere accettare per forza di essere socio di cooperativa.

E’ su questi punti che abbiamo avviato un percorso di lotta e di autoorganizzazione che ha portato all’invenzione di una prima assemblea in videoconferenza da 7 città che ha visto la partecipazione di oltre 2000 lavoratori che ha lanciato il primo sciopero generale della logistica. L’effettuazione di 3 scioperi generali veri della logistica che hanno paralizzato i principali snodi logistici (Padova, Verona, Bologna, Milano, Piacenza, fino a Roma e Napoli) ed una serie di scioperi di filiera in GLS, TNT, SDA, BRT, DHL che hanno portato alla firma dei primi accordi che recepivano una prima parte delle richieste avanzate. In particolare, oggi, in GLS, TNT, BRT, DHL e in vari altri magazzini presenti territorialmente, abbiamo ottenuto la garanzia sui cambi di appalto, il ticket restaurant da 5,29 € al giorno, la malattia e l’infortunio integrate al 100 %, gli istituti contrattuali al 100 %, la garanzia sull’orario di lavoro.

Il percorso avviato ha dunque prodotto notevoli risultati, anche perché le trattative poi sono state condotte direttamente con i committenti con l’intento preciso di arrivare entro un tempo ragionevole al superamento totale del rapporto di lavoro da socio. Lo abbiamo detto in tutti i modi ai vari GLS, TNT, BRT & C. che su questa strada non ci saremmo fermati e che l’unica cosa che potevamo accettare era una gradualità del processo avviato. Oggi, siamo arrivati ad un punto cruciale di svolta sul terreno dello scontro per avviare finalmente un nuovo percorso di lotta che porti a compimento il processo avviato, andando a perseguire quella parte della piattaforma rimandata ad una seconda fase della lotta, andando a porre con sempre maggiore forza il problema della qualità del lavoro in rapporto alla salute. Tutto oggi è basato sui tempi imposti dal committente senza tenere in minimo conto le conseguenze di un lavoro altamente usurante sulla salute delle persone. Sarà questo il terreno sul quale sviluppare le lotte per il prossimo futuro.

 

Reti europee e nazionali di costruzione di percorsi innovativi sul terreno del conflitto tra capitale e lavoro.

Nel mese di marzo di quest’anno, abbiamo partecipato ad un incontro a Berlino che ha visto la partecipazione di molte realtà del sindacalismo alternativo in Europa, dai francesi di Solidaire e di CNT, agli spagnoli della CGT, della Confederation Intersindacal, Solidariedad Obrera e Lac della Catalogna, Sud Vaud per la Svizzera, ESE dalla Grecia, TIE per la Germania, ad altre realtà sindacali dal Belgio e dalla Polonia. A questo incontro ha partecipato anche una delegazione del Sindacato Conlutas brasiliano e Sinaltrainal Internacional dalla Colòmbia. Come delegazioni italiane erano presenti oltre a noi di ADL Cobas, il SI Cobas, l’USI e la nuova realtà di Milano fuoriuscita da USB del Sial Cobas. Abbiamo voluto partecipare a questo incontro per cercare di capire se può esistere in Europa uno spazio a livello sindacale che non sia schiacciato tra la rete dei sindacati istituzionali (CES) e quella della Federazione Mondiale (FSM) che raggruppa molte realtà troppo ancorate ad una visione novencentesca del conflitto. Ebbene, possiamo dire che si è trattato di un incontro sicuramente interessante in quanto i temi in discussione parlano di un sindacalismo di lotta e di trasformazione sociale, di sviluppo ecologicamente sostenibile, di lotta per i beni comuni, di appropriazione sociale dei servizi pubblici, di libera circolazione delle persone, di sindacalismo indipendente, autonomo, democratico e assembleare. Insomma crediamo che questa rete europea di sindacalismo alternativo, possa essere un interessante punto di riferimento anche per la costruzione di battaglie europee. In questa estate, la rete si è molto impegnata in azioni di solidarietà con gli attivisti sindacali brasiliani contro la vergogna dello spreco di denaro pubblico per i mondiali di calcio in Brasile.

Sul piano nazionale, ciò che avevamo individuato come terreno concreto di costruzione di percorsi reali di crescita sul terreno delle relazioni con altre realtà sindacali, si è andata via via confermando nella pratica di coalizioni di scopo costruite in primo luogo con il Si Cobas e con alcune realtà del Coor. Cobas, con i quali siamo riusciti a portare a compimento una prima, ma molto importante, parte della battaglia per arrivare allo smantellamento del sistema di sfruttamento basato sulle cooperative. Ed è su questo terreno che ci interessa continuare il percorso avviato che deve vedere, volta per volta, senza preclusioni, il convergere su obiettivi concreti di realtà anche diverse che si pongono l’obiettivo di incidere realmente sul piano del conflitto e della conquista di miglioramenti effettivi all’interno dei posti di lavoro attorno a battaglie territoriali o nazionali. Ma a fianco di questo piano di relazioni sindacali che sono sempre in fase di sviluppo e di ridefinizione guardando avanti, il dibattito si è ulteriormente allargato anche ad altre realtà che, o sono fuoriuscite da esperienze nazionali, come nel caso dei compagni del Sial Cobas di Milano o di ADL Cobas di Varese, o che stanno avviando un nuovo terreno di sperimentazione su precarietà e lavoro autonomo, come nel caso dei compagni di CLAP di Roma. In altre parole, crediamo che oggi ci sia lo spazio per la sperimentazione di esperienze interessanti sul piano dei percorsi di lotta contro la precarietà, per il reddito e per una trasformazione dei rapporti di produzione contro le logiche capitalistiche. Noi ci siamo e ci mettiamo tutti i giorni in gioco per cercare di dare risposte concrete e non ideologiche ai tanti drammi umani che la crisi produce, fuori da impulsi autoincensatori, ma con i piedi sempre per terra avendo sempre lo sguardo rivolto alla costruzione di movimenti di lotta ricompositivi di tutte le figure sociali che oggi lottano per il cambiamento.

 

La lotta per il diritto all’abitare.

Una sola grande opera “CASE PER TUTTI”. ADL e RASC.

 

Questo lo slogan che apriva la grande manifestazione per il diritto all’abitare del 19 ottobre dello scorso anno. E’ innegabile che, a fronte dell’incedere della crisi, la problematica casa sia diventata una delle questioni centrali che attengono al terreno della mancanza di reddito e diritti. L’aumento esponenziale degli sfratti per morosità, l’aumento delle famiglie che non si possono più permettere di pagare il mutuo o un affitto, associata alla consapevolezza che la casa deve essere un diritto per tutti, ha fatto sì che in tutto il paese si sia sviluppato un movimento di lotta che si oppone agli sfratti e che occupa case per esercitare dal basso il diritto ad avere un tetto. Lotta alla precarietà ed esercizio del diritto all’abitare sono il binomio sul quale costruire una progettualità di resistenza ma anche di conquiste nuove sul piano territoriale. In questo senso nei territori dove siamo presenti come ADL Cobas si è sviluppato un intreccio virtuoso tra ADL e Reti delle assemblee per la casa (RASC) da cui sono nate vere e proprie assemblee di sfrattati e di lavoratori precari che, da una parte si oppongono oramai tutti i giorni agli sfratti, e, da un’altra hanno già conquistato nella pratica il diritto all’abitare con occupazioni mirate che servono anche a denunciare la situazione di abbandono di un patrimonio abitativo sfitto.

 

Stiamo navigando a vista, e camminiamo domandando, perchè non abbiamo certezze e pensiamo che oggi ci sia molto da inventare sul terreno di un conflitto che è sicuramente ancora di classe, ma che deve reinventarsi, giorno dopo giorno, forme e modalità di costruzione di modelli organizzativi che devono avere la capacità di adattarsi alle nuove forme del conflitto.

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