A cura di CLARA MOGNO

Il brano che segue è tratto da Les soulevèments populaires en France au XVII siècle, testo dello storico russo Boris Porchnev, riferimento fondamentale per analizzare la storia delle rivolte anti-fiscali dei “croquants” e dei “nu-pieds” della Francia del Seicento. Se nel Cinquecento queste rivolte possono essere inquadrate all’interno di un orizzonte conflittuale con elementi di tipo confessionale, nel secolo successivo si ha un abbandono di questa caratterizzazione: le rivolte anti-fiscali divengono, secondo l’autore, la «reale base e l’unica possibilità per tutte le altre forme di opposizione al regime assolutista, compresa – per quanto strano ciò possa sembrare – quella dell’aristocrazia feudale». 

L’analisi di questi sollevamenti presuppone uno studio delle condizioni economiche e sociali del contesto e permette di identificare le caratteristiche dello Stato francese moderno nelle sue declinazioni repressive. Le questioni fiscali sono assunte da Porchnev come un prisma attraverso il quale leggere le strutture agrarie, economiche e industriali della Francia dell’epoca e capire le alleanze tra la popolazione urbana e quella contadina, unite contro la centralizzazione della rendita feudale. L’energia dei sollevamenti, capaci di scoppiare di città in città e di acquisire forza nella congiuntura campagna-contesto urbano, costrinse Richelieu a dedicare loro estrema attenzione, arrivando a costituire per la loro importanza e potenza uno delle più importanti questioni militari di Stato del Seicento.

Il testo costituisce una fonte importante per Michel Foucault nella costruzione del corso al Collège de France del 1971-1972, Teorie e istituzioni penali.

Fonte: B. Porchnev, Les soulèvements populaires en France au XVII siècle, Paris, Flammarion, 1972; trad. it di F. Rigotti, Lotte contadine e urbane nel grand siècle, Milano, Jaca Book, 1976, pp.270-271.

La tattica delle sollevazioni plebee fu abbastanza varia: talvolta erano le campane a stormo a dare il segnale. In generale si cominciava col fare giustizia degli agenti del fisco e degli odiosi “gabellieri”. In seguito si saccheggiavano gli uffici del fisco e si distruggevano tutte le carte, le liste delle imposte e tutti i beni mobili. Parimenti si saccheggiavano le case private degli ufficiali fiscali, degli impiegati del municipio e dei magistrati, talvolta anche quelle dei borghesi agiati. Ma le fonti ufficiali non indicano mai né furti né brigantaggio, mentre le fonti private, come la cronaca di Malebesse e Agen e altre, insistono sull’usurpazione dei beni privati e sulle minacce di saccheggio. La folla era armata di alabarde, oggetti di ferro di varia natura, pietre, bastoni, insomma di tutti gli strumenti che le capitavano tra le mani; meno frequentemente di spade, picche, sciabole e ancora più raramente di armi da fuoco; essa si dirigeva compatta o in piccole bande da un obiettivo da saccheggiare all’altro. Quando l’insurrezione riusciva ad avere temporaneamente il sopravvento, la municipalità e le prigioni venivano prese d’assalto, e i detenuti liberati. Nella misura del possibile ci si impadroniva delle fortificazioni, dei bastioni della città, si aprivano le porte agli abitanti dei sobborghi e dei villaggi vicini. Questa lotta per conquistare le porte della città attirava tutta l’attenzione sia delle autorità che degli insorti, poiché decideva dell’unione tra cittadini e contadini. I conflitti di piazza si riducevano spesso ad un corpo a corpo, e le truppe venivano accolte dal lancio dei ciottoli del selciato. Gli insorti minacciavano spesso di incendiare i quartieri, minaccia terribile per la città del XVII secolo, quasi interamente costruita di legno; talvolta autorità e insorti elevavano pure delle barricate. I sistemi di lotta variavano a seconda delle condizioni locali o del corso della sollevazione stessa. Abbiamo potuto vedere, ad esempio, come a Bayonne nel 1641 gli insorti si fossero impadroniti dell’artiglieria della città, ed avessero equipaggiato una flottiglia insurrezionale contro la nave regia.

Alcuni caporioni assumevano sempre la direzione della sollevazione: erano gli agitatori che orientavano la folla. Talvolta i capi non erano neppure plebei nel senso proprio della parola, bensì appartenevano agli strati inferiori degli intellettuali cittadini. Talvolta si trattava di un piccolo impiegato della magistratura (di quelli che non approfittavano dei

trattava di un piccolo impiegato della magistratura (di quelli che non approfittavano dei diritti e privilegi degli ufficiali borghesi); talvolta, e ancor più raramente, di un rappresentante del clero; una volta, di un medico. Generalmente i capi uscivano dalla massa plebea. Si conoscono dei casi in cui le autorità (per esempio a Bayonne nel 1641) cercavano di corrompere i capi plebei, cosa che, del resto, loro riusciva raramente (come a Bordeaux nel 1635). Se non erano stati uccisi nei combattimenti di piazza, i capi della sollevazione soccombevano spesso nel corso della repressione del moto; talvolta riuscivano a fuggire; nel migliore dei casi erano banditi dalla città o dall’intera provincia.

Non si può parlare di sollevazioni organizzate, né di una vera e propria disciplina; tutti questi moti avevano un carattere di spontaneità. Solo alcuni casi isolati presentano una certa organizzazione, una parvenza di stato maggiore, come per esempio la sollevazione di Digione nel 1630, di Bordeaux nel 1635, di Moulins nel 1640. D’altra parte, malgrado le scarse informazioni che possediamo in proposito, vediamo chiaramente che certe sollevazioni erano preparate in anticipo, così a Niort nel 1633, nella seconda sollevazione di Bordeaux nel 1635, a Agen nel 1635, a Poitiers nel 1639 e in altre ancora. I moti cominciavano nelle diverse città in modo isolato; raramente sono direttamente legati. In quest’ultimo caso, le voci di una sollevazione nelle città vicine o anche il passaggio (ruolo mal chiarito nelle fonti) di stranieri (i “vagabondi”, le “persone senza casa né tetto”), che apparivano sempre nelle città alla vigilia di una sedizione, portatori del bacillo della rivolta, potevano produrre una certa agitazione nella popolazione.

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