Presentiamo qui i materiali che compongono il Quaderno di EuroNomade dedicato al Contropotere. Il Quaderno può essere scaricato cliccando qui.


A cura di MARIAROSARIA MARELLA

Se nel femminismo degli anni ’60 prende corpo la consapevolezza dell’importanza politica del corpo delle donne e della sessualità femminile, con Lonzi si va ben al di là della rivendicazione di una sessualità liberata dal fardello della maternità e dell’autodeterminazione procreativa delle donne nel senso del libero accesso alla contraccezione e all’aborto. Con gli scritti di Carla Lonzi (di Ann Koedt negli Stati Uniti) dei primissimi anni 70 l’attacco è portato alla struttura fondativa del potere patriarcale, al coito. La soggettività femminile si ri-costruisce a partire dalla scoperta dell’orgasmo clitorideo, momento di affermazione di un contropotere agito dalle donne in quanto soggetti finalmente dotati di autonomia, non più subalterni all’uomo in quanto capaci di un piacere che non dipende dalla penetrazione ed anzi prescinde dal rapporto col pene. Dopo aver tolto credito alla pretesa universalità della cultura maschile, aver interrotto “il monologo della civiltà patriarcale”, denunciando il carattere mistificatorio e ideologico del sapere e delle forme di potere “alte”, il femminismo è finalmente in grado di vedere ciò che, ponendosi alla base della oppressione femminile, ha consentito la costruzione della donna come inferiore e seconda all’uomo, impedendole di porsi nella storia come soggetto: la mistificazione/mortificazione dell’erotismo femminile come momento costitutivo dell’individualità: la clitoride negata dal patriarcato. Tutto ciò è espresso in modo conclusivo in queste pagine: Lonzi mette a fuoco la questione del piacere femminile come terreno su cui si gioca il conflitto fra il perpetuarsi del potere patriarcale e l’affermarsi della soggettività femminile. L’orgasmo vaginale è una costruzione culturale del patriarcato che riducendo la sessualità femminile “matura” al coito stabilisce anche nella donna una coincidenza fra il momento della procreazione e il momento del piacere, e priva la donna del suo più autentico godimento, quello clitorideo, inducendola a cercare nella gratificazione che le deriva dal godimento procurato all’uomo il proprio godimento, e con ciò rendendola succube, propensa a “darsi” e in questo darsi a cercare il proprio modo di essere.

Fonte: C. Lonzi, La donna clitoridea e la donna vaginale, in C. Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, 3° ed., Scritti di Rivolta Femminile, Milano, 1974, pp. 77-140.

Il piacere vaginale non è per la donna il piacere più profondo e completo, ma è il piacere ufficiale della cultura sessuale patriarcale. Raggiungerlo per la donna significa sentirsi realizzata nell’unico modello gratificante per lei: quello che appaga le aspettative dell’uomo. [p. 102]

La cultura fallica patriarcale è un riflesso dell’ossessione maschile una volta compiuta l’identificazione pene-potere. La donna clitoridea, affermando una sessualità in proprio il cui funzionamento non coincide con la stimolazione del pene, abbandona il pene a sé stesso. [p. 111]

Per godere pienamente dell’orgasmo clitorideo la donna deve trovare un’autonomia psichica dall’uomo. Questa autonomia psichica risulta così inconcepibile per la civiltà maschile da essere interpretata come un rifiuto dell’uomo, come presupposto di un’inclinazione verso le donne. Nel mondo patriarcale dunque le viene riservato in più l’ostracismo che si ha per tutto ciò che si sospetta un’apertura all’omosessualità. [p. 83]

La donna clitoridea non è la donna liberata, né la donna che non ha subito il mito maschile – poiché queste donne non esistono nella civiltà in cui ci troviamo – ma quella che ha fronteggiato momento per momento l’invadenza di questo mito e non ne è rimasta presa. [p. 114]

La donna clitoridea non ha da offrire all’uomo niente di essenziale, e non si aspetta niente di essenziale da lui. Non soffre della dualità e non vuole diventare uno. Non aspira al matriarcato che è una mitica di donne vaginali glorificate.  La donna non è la grande-madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride per la sua liberazione. Essa chiede

carezze, non eroismi; vuole dare carezze, non assoluzione e adorazione. La donna è un essere umano sessuato. Al di fuori del legame insostituibile comincia la vita tra i sessi. Non è più l’eterosessualità a qualsiasi prezzo, ma l’eterosessualità se non ha prezzo. Tutti gli ingredienti vengono mescolati e la donna ne assume per quanto riguarda la costituzione della sua persona e non per quanto le è destinato dal patriarca nell’appartenenza al sesso. [p. 118]

Un momento da salvaguardare nell’emotività adolescenziale è quello della tenerezza verso le appartenenti al proprio sesso. Questa fase di turbamento nella sessualità femminile è importantissima sia perché lascia una sensibilità più acuta e solidale verso le donne, sia perché deposita sul fondo della coscienza un’ipotesi non realizzata, ma non irrealizzabile di disponibilità. Noi vogliamo affermare l’amore clitorideo come modello di sessualità femminile nel rapporto eterosessuale, poiché non ci basta avere la clitoride come punto di riferimento cosciente durante il coito né vogliamo che l’ufficialità sulla clitoride appartenga al rapporto lesbico. Però siamo convinte che fin quando l’eterosessualità sarà un dogma, la donna resterà in qualche modo la complementare dell’uomo mentre essa può portare dall’adolescenza nel suo bagaglio di intuizioni uno slancio verso le donne su cui rimisurare all’occorrenza lo svolgimento delle relazioni eterosessuali. [p. 119]

Quando diciamo di riporre la nostra forza nella donna clitoridea non intendiamo fare una discriminazione di valore tra le donne, solo indicare la reazione caratteriale che ha in sé le premesse dell’autocoscienza. Infatti è la donna che in tutto l’intreccio di situazioni casuali e volontarie della sua vita ha assaporato i momenti inebrianti della costituzione di sé come individuo a trovare nel femminismo il suo sbocco naturale. [p. 91]

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