Di CLARA MOGNO.

Anche i capitalisti delle piattaforme digitali compiono gli anni. E ieri, 1 dicembre 2018, i lavoratori e le lavoratrici delle consegne a domicilio in bicicletta attraverso le piattaforme digitali – il food delivery 2.0 – hanno deciso di festeggiare il fondatore di Deliveroo Will Shu in un modo molto speciale, con un vero giorno di festa: smettendo di lavorare e organizzando uno sciopero. La data, appuntamento lanciato durante l’assemblea tenutasi a Bruxelles a fine ottobre – incontro che ha visto la nascita della Transnational Federation of Couriers – segna un salto nell’organizzazione delle rivendicazioni da parte dei riders di tutto il mondo. Benché il lavoro di organizzazione della rete transnazionale sia solo cominciato – e, saranno necessari sensibilità, cura e tempo perché si possano tradurre le diverse voci in una melodia operativa – si intravede forse la possibilità di un salto nelle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici digitali.
Se il capitalismo di piattaforma opera a un livello globale è necessario organizzare il contrattacco sullo stesso piano. Questo l’hanno capito i riders delle piattaforme delle consegne a domicilio. E la giornata di ieri, 1 dicembre, è stata una giornata di mobilitazioni, scioperi e rallentamenti del servizio da Hong Kong a Parigi, da Londra a Berlino. Un bel regalo di compleanno, per Will Shu, con i lavoratori e le lavoratrici di Deliveroo anche quelli di Foodora, Glovo, Ubereats, Just eat e delle piattaforme più piccole come MyMenù – uniti e unite per l’occasione. Se la forza lavoro è, nel neoliberalismo e nella traduzione digitale del capitalismo, strutturalmente frammentata in lavoratori autonomi, da queste particelle si creano assemblaggi non solo locali e nazionali ma transnazionali. Una serie di assemblaggi, dunque, che sia in grado di tenere conto della composizione stratificata e molteplice della forza lavoro, con le caratteristiche di genere, razza e classe che strutturano i soggetti che compongono l’insieme, ancora una volta globale, dei riders.

Nell’organizzazione del lavoro digitale la forza lavoro tende ad essere considerata solo nei termini di un lavoro autonomo sottopagato o pagato a cottimo – i fattorini come grafici, a prestazione occasionale se non addirittura a partita I.V.A o come creatori di micro-entreprises come vediamo in Francia. Numerose sono state le cause di lavoro per dimostrare la falsità di questa presunta “autonomia” – giusto a titolo d’esempio si pensi alla recente risoluzione della Corte di Cassazione francese, che sottolinea come il lavoro di piattaforma presenti elementi caratterizzanti il rapporto di subordinazione. E, effettivamente, alcuni indici di subordinazione ci sono: non si può veramente decidere quando lavorare – bisogna avere un punteggio d’eccellenza sufficientemente alto; non si decide a quale ristorante offrire il proprio servizio – gli esercenti possibili sono solo quelli che versano dal 28 al 35% del ricavato dell’ordine alla piattaforma; non si può contrattare la retribuzione per le consegne effettuate – mentre come lavoratore autonomo si può; gli orari di lavoro sono stabiliti dalla compagnia – un illustratore e un’illustratrice possono decidere di lavorare al proprio progetto quando vogliono. Per evitare il riconoscimento di questo tipo di relazione, le piattaforme hanno pensato a numerosi escamotages, non da ultimo la gestione dei materiali per il trasporto delle merci (i “cubi”) e le divise. Inizialmente, infatti, Deliveroo forniva ai nuovi riders le giacche e gli zaini, successivamente ha cominciato a fornirli dietro una cauzione e, ora, il necessario per espletare le consegne viene dato al lavoratore e alla lavoratrice attraverso una compravendita a costo zero. Si “compra” il cubo e la giacca a “costo zero”, che significa che non è l’azienda che fornisce i materiali ai riders ma sono questi ultimi che li acquistano gratuitamente – proprio per evitare che, sulla questione delle divise, non si possa individuare un elemento di subordinazione.
I risultati ottenuti in Francia sono estremamente importanti, perché possono voler dire significativi miglioramenti delle condizioni lavorative dei coursier.e.s francesi. Ma attraversare il diritto, interpretarlo e agirlo strategicamente, permette forse di ribaltare il tavolo, di rovesciare l’opposizione binaria tra “subordinato/a” e “autonomo/a” – puntare ad avere tutti i diritti e le tutele del lavoro subordinato e, allo stesso tempo, agire strumentalmente il lessico della “flessibilità”, risignificandolo dal profondo e riappropriandosene. In altre parole, cavalcare il linguaggio del capitalismo di piattaforma per avere tutto: la paga più alta possibile, massime coperture assicurative, un reddito sicuro e, allo stesso tempo, riappropriarsi della “libertà” dal lavoro nell’era della sua traduzione digitale – se non voglio mettere a disposizione la mia forza lavoro non lo faccio, senza dover chiedere il permesso.

Le sfide del diritto del lavoro, perché di sfide si tratta, non hanno fermato i ciclofattorini che continuano a organizzare assemblaggi organizzativi, non solo locali e nazionali, ma transnazionali. E, a sei mesi dall’inizio del «tavolo» organizzato da Di Maio tra riders e piattaforme ancora si attende una risposta concreta alle rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Bisogna allora affinare la conoscenza del diritto, degli strumenti che le lotte operaie ci hanno consegnato, organizzare nuove forme di alleanza e inventare nuovi attacchi a vecchie (e, allo stesso tempo, nuove) forme di sfruttamento. Un uso strategico degli archivi e del sapere storico può allora essere utile: di fronte al ripresentarsi del cottimo e al costituirsi di sindacati, collettivi e assemblee (con il problema, tutto moderno, della rappresentanza e legittimità sindacale, contestata in primis dalle piattaforme che quest’estate hanno interrogato singolarmente i riders in Italia attraverso questionari elettronici), occorre trarre spunti e idee, ritradurre strumenti, ripercorrere la storia per re-immaginare il nuovo.

L’idea di questa prima giornata di lotta europea è quella di restituire la composizione stratificata e molteplice, presente sia nei mercati digitali che in molti altri, che esprime la caratteristica intersezionale di genere, razza e classe della forza lavoro contemporanea.
Oltre a chiedere assicurazioni dignitose, il miglioramento delle condizioni di lavoro, l’aumento della retribuzione, l’abolizione del cottimo e dei sistemi di ranking e di concorrenza interni dati attraverso processi di gamification, il riconoscimento dei diritti sindacali e di un vero sistema di tutele, l’attenzione è sempre di più posta sull’utilizzo dei dati (di consumatori, esercenti e lavoratori) da parte di Deliveroo e affini. Il canguro inglese ha costruito le proprie cucine, sostituendosi così ai ristoranti parigini e londinesi (come Amazon ha fatto in questi anni con le librerie); potenzialmente tutte le compagnie di delivery potrebbero seguirlo in questa impresa. Ma la creazione delle cucine di Deliveroo è resa possibile solo dal possesso delle informazioni sui consumi, sulle abitudini dei consumatori, sul potere di acquisto dei clienti nei diversi territori – informazioni che sono estratte e messe a valore indebitamente. Anche per questo nei documenti dei lavoratori cresce l’attenzione sull’uso dei dati dei consumatori, degli esercenti e dei lavoratori e la loro tutela.
Su queste richieste di base si stanno organizzando i sindacati autonomi, collettivi e gruppi di riders e in tutti i paesi in cui sono presenti le piattaforme i problemi sono gli stessi: la precarizzazione progressiva e crescente, la lotta contro le nuove forme di controllo sulle performance dei lavoratori, una retribuzione calcolata sul cottimo e sulla prestazione e non sul tempo di lavoro. Il caso dei fattorini/e non è che il sintomo di una tendenza della trasformazione dell’organizzazione del lavoro, è importante ricordarlo – di conseguenza, è necessario cominciare già ad organizzare risposte possibili a tutti gli Uber Works del futuro.

L’idea del nuovo sindacalismo è fare pressione su una struttura globale, quale è quella che compone le diverse compagnie di delivery. I lavoratori si augurano che lo sciopero del primo dicembre, oltre ad essere una splendida cartolina d’auguri per il compleanno di Will Shu, possa inaugurare una rottura che porti a una prossima riconfigurazione della contrattazione e quindi dei rapporti di forza.
Quando si lavora come rider sembra di dover rispondere ad un fantasma: la «app», l’applicazione. Ma come sono materiali le consegne da trasportare, gli ordini da espletare e i chilometri da percorrere così si rendono sempre più visibili i rapporti di complicità, cooperazione e mutualismo tra i colleghi e le colleghe, nonostante la fabbrica sia diventata tutta la città. Si rendono visibili i legami, le reti, le rivendicazioni. Si annunciano tempi di festa, di sottrazione dalla produzione e dalla precarietà, lavorando con lentezza quando si chiede di correre, fermandosi quando gli assemblaggi funzionano in un concerto globale. Tempi di festa, di dissipation, seguendo Michel Foucault nel suo corso La società punitiva: all’examen digitale continuo cui si è sottoposti/e contrapporre il rifiuto di applicare all’apparato produttivo il corpo del lavoratore digitale come forza di produzione – lo sciopero.
Una lotta transnazionale per chiedere quello che è dovuto, non solo le briciole della torta, e magari anche qualcosa in più, proprio a partire dalla materialità delle condizioni che segnano le vite dei e delle riders e dalla consapevolezza che la ricchezza nel capitalismo digitale è più che mai di tutti e di tutte.

Questo articolo è stato pubblicato, in versione più breve, su il manifesto il 2 dicembre 2018

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