Pubblichiamo qui la traduzione in italiano della terza parte del testo “Masterclass della fine del mondo”L’originale in portoghese è consultabile su neblina.xzy. La prima parte è disponibile qui, la seconda qui.

Sopravvivendo nel purgatorio

Il 3 novembre 2020 nella città di Macapá era in corso un forte temporale quando, tra un tuono e l’altro, la luce è andata via e i telefoni cellulari sono rimasti senza linea. La sub-stazione che trasmette energia a tutta lo stato di Amapá, che già da un anno aveva parte delle proprie strutture danneggiate, era crollata. Era l’inizio del più lungo blackout nella storia del paese, che sarebbe durato per tre settimane. La mancanza di elettricità ha interrotto la fornitura di acqua in gran parte della città, costringendo molti a lavare i piatti e i vestiti nei fiumi; l’instabilità delle reti di telecomunicazione ha lasciato i residenti isolati; è stato impossibile ritirare denaro dalle banche; si sono formate code ai benzinai e nei mercati si sono presto svuotati gli scaffali. Nel frattempo, le morti per Covid aumentavano esponenzialmente. Dopo quattro giorni al buio, il collegamento è stato ristabilito con un sistema di razionamento assolutamente irregolare e disomogeneo tra i quartieri ricchi e le periferie. L’oscillazione ha causato sovraccarichi: elettrodomestici si rompevano, distributori di benzina esplodevano e case prendevano fuoco.

Man mano che la crisi si prolungava e la disperazione si diffondeva, sorgevano “barricate, manifestazioni in tutta la città, molte strade con pneumatici in fiamme”.[1]Oltre a mitigare il buio della notte, uscire in strada e accendere un falò tra le macerie divenne l’ultima risorsa della folla per fare pressione sulle autorità mentre aspettava che la fornitura di energia elettrica si normalizzasse o che un trasformatore danneggiato fosse riparato. La polizia militare, che ha seguito il movimento da vicino, reprimendo e perseguendo i residenti, ha contato più di 120 proteste in tutto l’Amapá quando improvvisamente la pandemia è tornata al centro delle preoccupazioni. “Con lo scopo di ridurre i rischi di trasmissione del nuovo Coronavirus”, il governo statale ha decretato un coprifuoco notturno e ha posto il veto a “qualsiasi tipo di attività politica della gente nelle strade, nelle piazze, (…) anche se all’aperto, (….) come riunioni, cortei, comizi, bandierate, etc.”[2] La sovrapposizione di diverse crisi avvenuta nell’Amapá completa la distopia brasiliana, in cui lo Stato sabota le misure di isolamento sociale in nome della disciplina del lavoro ma allo stesso tempo innesca un lockdown per contenere la rivolta popolare.

 “Quello che è stato fatto in Amapá, la questione dell’elettricità, non ha niente a che vedere con il governo federale”, ha affermato il presidente nei giorni successivi. Che il governo si sarebbe esentato da qualsiasi responsabilità per il blackout – una negligenza, dopotutto, di un concessionario privato – era chiaro fin dall’inizio: con l’annuncio che qualsiasi danno alle proprietà personali non sarebbe stato risarcito, la popolazione stessa ha iniziato a organizzare raccolte fondi per aiutare a ricostruire le case di coloro che avevano perso tutto. Con all’hashtag #SOSAmapá, si sono diffuse in quel momento di collasso iniziative per donare generi alimentari ai quartieri più poveri.[3]

L’auto-organizzazione per sopravvivere nell’inferno si muoveva così in una zona ambigua tra la solidarietà e il trasferimento dei danni del disastro alla popolazione. Qualche mese dopo, quando il sistema sanitario è crollato nello stato di Amazonas, la commozione su internet ha portato a raccogliere donazioni in tutto il paese. Cercando di aggirare il sovraffollamento e la mancanza di rifornimenti nelle unità di terapia intensiva, le famiglie hanno improvvisato posti ospedalieri in casa per curare i parenti malati. Reti di amici e volontari si sono mobilitati per ottenere bombole di ossigeno direttamente dalle industrie della Zona Franca di Manaus, ridistribuite ai domicili dei pazienti in tutta la città. Se il conteggio quotidiano dei morti della pandemia nei telegiornali mette in evidenza quanto gran parte della popolazione sia considerata in fin dei conti sacrificabile, questo stesso incubo si mostra produttivo nella misura in cui spinge i vivi ad accettare un regime di totale disponibilità a qualsiasi lavoro: “stiamo diventando medici. Questo è quello che dobbiamo fare”, disse a un giornale una giovane donna che aveva appena imparato a somministrare l’ossigeno in casa ai famigliari che non avevano trovato posto in ospedale.[4] Shock dopo shock, la catastrofe permanente in cui siamo stati sospesi per due anni ora potenzia e normalizza i vecchi espedienti – informali, improvvisati, insicuri, illegali – di sopravvivenza nella guerra quotidiana. Ma questo superlavoro informe, che in un’altra epoca era stato identificato dai sociologi brasiliani come il motore nascosto della nostra modernizzazione capitalista, non riesce più da tempo ad animare nessuna speranza di sviluppo: in mezzo al collasso, non fa che ripristinare costantemente l’orizzonte negativo del confinamento in un’attesa disperata, estenuante e senza fine.

Nello stesso momento in cui radicalizza il “modo di vivere periferico del si salvi chi può”[5], la “decostruzione” come forma di governo[6] prepara il terreno per i movimenti di capitale che stanno infittendo le maglie del controllo e dando “scala a questa zona nebulosa”[7] dell’informalità. Da questo punto di vista, il sussidio d’emergenza è ben lontano dalla proposta di un “reddito universale”, tanto celebrata dagli analisti economici.[8] L’esperimento di trasferimento monetario reso possibile durante il 2020 è strettamente legato a un altro trasferimento: quello di costi e rischi dallo Stato e dalle imprese a una popolazione debitamente registrata e remunerata in dosi limitate.[9] Quando l’azione delle autorità nella pandemia si riduce a “una maggiore o minore indulgenza o un (piccolo) rafforzamento di una quarantena organizzata dagli stessi lavoratori”[10], è perché la gestione stessa dell’emergenza sanitaria è stata esternalizzata alla popolazione. Quell’“autogestione subordinata”[11] caratteristica del lavoro di piattaforma si dimostra qui una tendenza alla sopravvivenza nella catastrofe. Dalle maschere di stoffa fatte in casa e vendute per strada – una fonte di reddito per chi inventa sempre un modo diverso per tirare avanti – alle barriere sanitarie in cui i residenti si alternavano volontariamente agli ingressi dei piccoli paesi e delle zone turistiche,[12] la quarantena poteva esistere solo sulla base dell’arrangiarsi,[13] in una somma di sforzi scoordinati (e spesso contrastanti) che si traducevano, alla fine, in una gigantesca quantità di lavoro sporco.[14] Mentre i morti venivano sepolti, noi tutti collaboravamo – in isolamento o no – per mantenere in funzione la macchina urbana.[15]

Negli ultimi mesi del 2020 il sussidio di emergenza è stato gradualmente interrotto – con la progressiva esclusione di milioni di beneficiari e la riduzione del valore delle ultime rate – fino alla scadenza, in dicembre, dello stato di calamità pubblica e, con esso, del “budget di guerra” che ha reso possibile il più grande processo di trasferimento diretto di denaro mai realizzato in Brasile.[16] Con l’avanzare della seconda ondata di contagi, a partire dalla fine dell’anno, gli stati e i comuni sono tornati a imporre misure di restrizione del commercio e dei servizi per contenere il virus – e i lavoratori informali, ora senza lo stesso sostegno economico che ricevevano prima, sono stati spinti a una condizione limite. La situazione si è fatta ancora più allarmante nelle regioni turistiche, dove l’estate suole essere l’occasione per accumulare risparmi per il resto dell’anno.[17]

Le numerose manifestazioni anti-lockdown che hanno avuto luogo a partire da dicembre 2020 avevano una composizione sociale diversa dai cortei d’auto bolsonaristi di inizio della pandemia. Di fronte alla decisione giudiziaria che ha chiuso le spiagge, limitato il commercio e negato l’accesso ai turisti pochi giorni prima di Capodanno, la città di Búzios [nello stato di Rio de Janeiro, NdT] è stata teatro di proteste: centinaia di persone hanno circondato il tribunale fino a quando il provvedimento è caduto. Ad Angra dos Reis [sempre nello stato di Rio, NdT], i lavoratori hanno bloccato l’autostrada Rio-Santos e i negozianti hanno occupato il municipio contro l’inasprimento delle restrizioni.[18] In tutto il paese, i piccoli imprenditori scendevano in piazza insieme ai propri dipendenti, ma anche a venditori ambulanti, artisti, venditori al mercato, tassisti in motocicletta, musicisti, autisti di Uber, ecc. Questo movimento era sì una reazione alla fine del sussidio d’emergenza, ma allo stesso tempo rientrava nell’orbita del bolsonarismo, prendendo di mira le misure sanitarie dei governi locali. Nello stato di Amazonas, dove il 52% della forza lavoro è informale, il decreto di lockdown del 23 dicembre vietava espressamente la “vendita di prodotti dei lavoratori ambulanti” e “le fiere e le esposizioni artigianali”.[19] Sarebbe stato revocato tre giorni più tardi, dopo che una manifestazione sfuggì al controllo dei suoi organizzatori e scatenò una notte di barricate a Manaus.[20]

E fu proprio nelle settimane successive che il mondo intero assistette angosciato alla notizia di morti per mancanza di ossigeno negli ospedali dell’Amazzonia, devastati da una nuova e più contagiosa variante del virus. Come continuare a sostenere una rivendicazione la cui ovvia conseguenza è la morte di più persone? Nelle parole di un autista di Uber che organizzava le proteste, il movimento “non è diretto da negazionisti, tutti sanno che la malattia esiste e purtroppo molte persone sono morte”, ma “bisogna coesistere e sviluppare modi o strategie che possano garantire la continuità di tutte le attività economiche”.[21] Alla ricerca di una “stabilità tra economia e salute”, le manifestazioni indette al culmine della catastrofe ospedaliera hanno iniziato a rivendicare anche la distribuzione di “kit di Covid gratuiti”. In un nuovo giro a vuoto (ma verso destra) della crisi, la lotta contro il lockdown adottava la difesa del cosiddetto “trattamento precoce”, un riferimento generico alla prescrizione di farmaci senza efficacia dimostrata contro il nuovo coronavirus (e con possibili effetti collaterali dannosi per la salute), ma ampiamente adottati durante la pandemia nel paese.

Celebrata dal presidente nelle sue lives, somministrata negli ospedali pubblici e raccomandata dalle assicurazioni sanitarie e dai medici privati, la “profilassi” di medicine per malaria, pidocchi e vermi disponibile sugli scaffali delle farmacie era ancora, a metà del 2021, riconosciuta da quasi la metà dei medici brasiliani come utile per combattere il coronavirus.[22] La sorprendente capillarità di questa cura miracolosa, venduta da opportunisti di ogni tipo, più di un anno dopo l’inizio della pandemia, era segno che il suo appello trovava un’eco nella prima linea degli ospedali. Ora, se i “metodi alternativi” non sono mai stati efficienti per la guarigione dei malati, lo furono certamente per dare un po’ di sollievo ai pazienti disperati e per alleviare l’impotenza degli stessi operatori sanitari, sull’orlo del burnout di fronte a quella malattia sconosciuta e mortale. Da alternative improvvisate nella crisi, tali procedure sono diventate popolari proprio come “Protocollo di collasso” – titolo di una delle lives in cui medici dello stato di Pará hanno condiviso la loro drammatica esperienza durante la prima metà del 2020. Quando “le reti ospedaliere di Belém sono crollate e le farmacie hanno esaurito le scorte di medicinali”, i medici hanno dovuto improvvisare per salvare la vita dei pazienti. Nelle lives abbondano le esperienze delle assicurazioni sanitarie e delle cliniche pubbliche che confermerebbero che il trattamento precoce salva la vita e che sostengono che coloro che non hanno avuto accesso al trattamento hanno avuto la peggio. (…) Allo stesso tempo, i casi di pazienti che muoiono nonostante il trattamento sono visti come naturali: dopo tutto, “nessun trattamento è infallibile”.[23]

In forum chiusi su Facebook e Telegram, medici condividevano i risultati di terapie sperimentali e casalinghe, come la nebulizzazione di compresse di idrossiclorochina su parenti malati; discutevano su come blindarsi legalmente quando eseguono questo tipo di procedura clandestina; organizzavano campagne per il riconoscimento dei loro metodi e, soprattutto, creavano un’enorme rete di professionisti e pazienti. Più che una semplice ricetta – e una per di più gratuita, per fidelizzare il paziente – la prescrizione di ivermectina era spesso accompagnata da un invito a un gruppo WhatsApp.[24]

E in un paese in cui l’automedicazione è molto diffusa,[25] non è sorprendente che una gran parte della popolazione non abbia esitato ad aggiungere un’altra confezione alla propria cassetta dei medicinali. Anche per gli altri lavoratori tormentati ogni giorno dalla paura del contagio – circondati dalla morte di conoscenti, amici e familiari, e costretti a correre quotidianamente il rischio in autobus affollati[26] e al chiuso in uffici e mense – il movimento del “trattamento precoce” costituiva una “comunità” di cura e sicurezza, una macabra rete di sostegno mutuo che offriva loro qualche appoggio per mantenere la sanità mentale in mezzo al caos. Proprio come per il personale sanitario, la credenza nel “kit covid” funziona come un meccanismo soggettivo di difesa per “tollerare l’intollerabile”: la sofferenza del lavoro nella nuova normalità.[27] Il dispositivo ha aiutato a placare la disperazione e a sopportare la paura in un contesto di drammatico approfondimento dell’esperienza negativa del lavoro, da cui non era possibile disertare. In questo senso, il diffuso ricorso a farmaci senza efficacia provata sembra aver avuto non tanto con un rifiuto ideologico delle misure conosciute per combattere la pandemia ma piuttosto con la sofferenza generata dalla loro impraticabilità. L’impegno dei pazienti stessi – diretto o potenziale – nella causa dei “farmaci salvavita” non solo si aggiunse alle strategie di difesa psichica di migliaia di persone costrette a disattendere i più elementari protocolli sanitari per sopravvivere, ma conformò anche un senso politico all’indifferenza a cui la necessità li costringeva.[28]

Mentre molti medici aderivano volontariamente alla causa delle cure domiciliari (tratamento precoce), altri erano costretti a prescriverle e a prendere parte a questo tenebroso “campo di sperimentazione e diffusione della crudeltà sociale”[29]. Sottoporre i pazienti a ricerche sperimentali senza il loro consenso, prescrivere il “kit covid” per posticipare i ricoveri o anticipare la liberazione dei posti letto ordinando “dimissioni celesti” (cioè lo spegnimento delle apparecchiature e la somministrazione di un “trattamento palliativo”)[30] è stato il lavoro sporco necessario per chiudere i conti di una manciata di operatori sanitari, in una fosca dimostrazione di come la perversione possa diventare un sistema di gestione.[31]

Risulta quindi evidente come la calamità verde e gialla [cioè brasiliana, dai colori della bandiera nazionale, NdT] sia servita, su molti fronti, come un laboratorio avanzato per la gestione del collasso. Per quella che potrebbe essere, secondo il generale Edson Pujol, la missione più importante della sua generazione, l’esercito brasiliano ha centuplicato la produzione di clorochina nelle sue strutture, dopo aver fatto un immenso acquisto di materie prime.[32] Nella battaglia contro il virus, i meccanismi di difesa soggettiva rappresentavano armi di difesa nazionale in un’operazione che le Forze Armate ammisero essere essenzialmente psicologica: più che una cura per la malattia, recita un documento dell’esercito, si trattava di “produrre speranza per milioni di cuori afflitti dall’avanzata e dagli impatti della malattia in Brasile e nel mondo”.[33]

Che lo sforzo bellico richiesto dalla pandemia sarebbe sfuggito agli schemi del combattimento convenzionale è sempre stato evidente alla catena di comando globale nella lotta contro il nuovo virus: “più che di una guerra, si tratta di una guerriglia”, ha annunciato un direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel marzo 2020. L’affermazione riecheggia il paradigma del conflitto irregolare che da molto tempo guida i manuali militari, attenti al moltiplicarsi di dispute asimmetriche e frammentate, in cui non è possibile distinguere chiaramente le forze in campo come nel modello classico di “due eserciti nazionali, uno contro l’altro”. E la perdita di forma della guerra contemporanea – che assume sempre più un “carattere informale, dinamico, flessibile”, come spiega un colonnello brasiliano[34] – non è forse estranea alla perdita di forma del lavoro, ma un indizio del fatto che il confine stesso tra guerra e lavoro si è sfumato…

Nuova moda nelle accademie militari di tutto il mondo, il gergo della “guerra ibrida” descrive il rimescolamento tra operazioni di combattimento militare – aperte o coperte, condotte da forze esternalizzate – e il coinvolgimento di moltitudini di civili nei social network e nelle strade, come è avvenuto nell’ultimo decennio in Siria o in Ucraina.[35] È curioso che un’altra combinazione tra gestione algoritmica delle masse e coercizione diretta esercitata da operatori in outsourcing descriva il regime di lavoro di parte dei rider delle piattaforme. Tra software e capi in carne ed ossa, scopriamo una gestione “ibrida” del lavoro?

Non meno “ibridi” sono i contorni che sta assumendo a queste latitudini l’amministrazione di territori e popolazioni sempre più ingovernabili: è difficile distinguere gli insorti dalle forze dell’ordine, e governare si confonde con demolire. Nella sua ben riuscita operazione per garantire la legge e l’ordine in un paese collassato, il governo federale ha fatto affidamento su un’immensa rete per la diffusione del “trattamento precoce”, su movimenti sociali per la riapertura del commercio, delle chiese e delle scuole, e sulle donazioni comunitarie e aziendali per i più vulnerabili, senza mai rinunciare, tuttavia, alla potenza di fuoco delle guardie ufficiali e non ufficiali: nel primo anno della pandemia la polizia brasiliana ha stabilito un nuovo record di letalità.[36]

Alla fine, la paura che aveva portato il Congresso a difendere un sussidio d’emergenza superiore e più diffuso di qualsiasi altro programma del genere nel paese non era più giustificata: la capacità della popolazione “di arrangiarsi in situazioni di crisi”[37] trasformò lo scenario devastato in una “nuova normalità”, nonostante i redditi da lavoro in caduta libera, l’inflazione in crescita e il vertiginoso aumento della fame[38]. In tale contesto, il pagamento del sussidio sarebbe ripreso solo dopo mesi di indefinizione, a livelli più “realistici” – con portata ridotta e valori più bassi – e infine sostituito da una riformulazione del programma Bolsa Familia e da linee speciali di credito[39]. Ricalibrata, la politica del bonus in denaro continua a funzionare come “capitale circolante” della viração (là dove è per definizione impossibile separare ciò che è denaro “per investire e per sopravvivere”[40]) nell’arsenale di questa mobilitazione totale per il lavoro.

Anche se più al sicuro dai rischi della prima linea, l’esperienza di essere confinati a casa propria – in regime di telelavoro, frequentando lezioni a distanza, senza un impiego o addirittura monetizzando le proprie prestazioni nei games – non è sfuggita allo sforzo bellico. Da un lato, l’isolamento sociale ha approfondito il divario storico tra lavoratori qualificati e non qualificati, poiché la sicurezza dello smartworking non era un’opzione per più dell’80% della popolazione occupata.[41] Dall’altro, l’improvvisazione dell’ufficio o della lezione dentro casa, sostenendo costi che un tempo sarebbero ricaduti sui datori di lavoro, indica che le caratteristiche dell’informalità hanno invaso tutti gli strati della forza lavoro. Dalle resistenze silenziose al regime di sorveglianza e sovraccarico della didattica a distanza[42] agli insoliti scioperi degli streamer[43], le tensioni di questo telelavoro informe tra quattro mura hanno prodotto anche conflitti durante tutta la pandemia. Dilatando il confine tra gli spazi di lavoro e di riposo, la vita in quarantena è pressata da un’incessante richiesta di rimanere produttivi – tra corsi online per migliorare il curriculum ed esercizi fisici per mantenersi in forma – “in un mix di ritmi da mattatoio con lives sulle sfide della paternità e insegnamenti su ‘come vivere da soli e rimanere felici’”[44].

Nelle strade o in casa, coloro che vivono la vita come una guerra, “lavorando al ritmo della morte” – soccombendo un po’ ogni giorno – sono già mezzi morti. E “non esiste lockdown per i morti-vivi: essi attraversano le barriere, non si preoccupano di morire di nuovo”.[45] Ma l’apocalisse zombie, nella cosmologia di Hollywood, è anche l’immagine dell’insurrezione.[46]

Abbandonate ogni speranza

Nelle stesse settimane in cui si diffondeva l’appello per un nuovo sciopero nazionale dei camionisti, previsto per il 1° febbraio 2021, circolava nei gruppi WhatsApp della categoria il video di un autista che si impiccava accanto al suo veicolo, su un albero al lato della strada. La scena veniva condivisa con messaggi di lutto e di avvertimento per la situazione disperata dei camionisti autonomi, intrappolati tra le basse tariffe dei carichi e una serie di aumenti dei costi di trasporto, soprattutto del carburante. Nonostante questo, il movimento non ha avuto neanche lontanamente la stessa forza dello sciopero del maggio 2018, quando l’approvvigionamento dell’intero paese fu asfissiato in pochi giorni e il governo, terrorizzato, offrì qualche ristoro immediato con misure che avrebbero perso effetto negli anni successivi.[47] Senza l’ampia – e ambigua – composizione della mobilitazione precedente, che aveva coinvolto autisti con il proprio veicolo, proprietari di piccole flotte e grandi imprese di logistica, l’ebollizione dell’inizio del 2021 si è ridotta a iniziative sparse di camionisti autonomi, che hanno cercato di bloccare tratti stradali in diversi stati, ma sono stati rapidamente repressi dalla polizia autostradale.[48]

Anche se lo sciopero non ha ingranato nelle strade, l’agitazione ha contagiato i lavoratori che dipendono direttamente dal carburante per guadagnarsi da vivere nelle città. Tra febbraio e aprile, manifestazioni di rider, autisti di Uber e di pulmini scolastici, oltre a nuove proteste di camionisti, si sono verificate quasi quotidianamente in tutto il Brasile, dando contorni insurrezionali a strade che erano già a circolazione ridotta per via del picco della seconda ondata del coronavirus nel paese. Questo movimento di lavoratori motorizzati ha bloccato le autostrade e i centri di distribuzione della Petrobras; ha riempito le stazioni di servizio, con la tattica di fare un solo real (corrispondente a circa 0,19 euro, NdT) di benzina per formare file e causare perdite alle stazioni di servizio; ha stimolato l’organizzazione di proteste e blocchi dei rider; e ha dato impulso al più grande corteo motorizzato di autisti di Uber nella storia di San Paolo, che ha bloccato l’accesso all’Aeroporto Internazionale di Guarulhos per una notte intera per chiedere la fine delle corse mal pagate.[49]

Nell’epoca dell’uberizzazione, l’inflazione – che tradizionalmente si traduceva in rivendicazioni intorno al costo della vita – provoca, in primo luogo, mobilitazioni mirate al costo del lavoro, cioè lotte per “poter lavorare”. La riproduzione della forza lavoro si trasforma in amministrazione della micro-impresa di se stessi, da qui la frequente vicinanza tra le proteste contro l’aumento dei prezzi del carburante e le campagne anti-lockdown dei negozianti nei primi mesi dell’anno. Per molti, gli scioperi sono stati l’ultima risorsa prima di abbandonare la lotta e consegnare le armi, o meglio, prima di restituire l’auto alla compagnia di noleggio (in alcune città, le associazioni di autisti di Uber stimano che più della metà di quelli registrati sulle piattaforme hanno abbandonato la professione durante il 2021).[50]

Tra la crescente impraticabilità finanziaria del lavoro autonomo, da un lato, e la crisi del lavoro formale, dall’altro, non vi è riparo alcuno in cui rifugiarsi. L’unica alternativa è continuare in una corsa senza fine, vivendo in condizioni sempre più avverse. Questo senso di confinamento in un lavoro estenuante e senza futuro trova eco dall’altra parte del globo, riassunto dalla parola in voga tra gli utenti cinesi dei social network “per descrivere i mali della loro vita moderna”: nèijuǎn (内卷).[51] Prima di diventare di moda nel paese più popoloso del mondo in questi anni ‘20, il termine è stato utilizzato dagli studiosi per tradurre il concetto di “involuzione”, una dinamica di stagnazione delle società agrarie – ma anche delle grandi città alla periferia del capitalismo globale – in cui l’intensificazione del lavoro non si legge in termini di modernizzazione.[52] “Composta dai caratteri ‘dentro’ (内) e ‘rotolo’ o ‘rotolare’ (卷)” l’espressione può essere “intuitivamente intesa come qualcosa tipo ‘girare verso l’interno’”.[53] Mentre “sviluppo” porta l’immagine di uno svolgimento verso l’esterno, verso qualcosa, nèijuǎn suggerisce una vite che gira in falso su se stessa. Un movimento incessante, ma che non porta da nessuna parte. – Non è forse questa, dopo tutto, l’eterna viração quotidiana? Riflettendo la disperazione dell’esperienza quotidiana di studenti e lavoratori nelle metropoli cinesi, il termine condensa

la sensazione di essere intrappolati in un ciclo miserabile di lavoro estenuante che non è mai sufficiente a raggiungere la felicità o un miglioramento duraturo, da cui nessuno può uscire senza cadere in disgrazia. La sentono quando si lamentano che la vita sembra una competizione senza fine e senza vincitori, e sognano il giorno in cui finalmente vinceranno. Ma quel giorno non arriva mai. I debiti si accumulano, le richieste di aiuto vengono ignorate, le opzioni rimaste cominciano a diminuire. In un’epoca di involuzione, quando anche le più piccole riforme sembrano impossibili, non restano che misure disperate.[54]

Se un po’ di questa disperazione attraversa i movimenti degli autisti autonomi in Brasile, assume caratteristiche ancora più drammatiche sulle strade cinesi. Nel gennaio 2021, un rider cui la piattaforma si rifiutava di pagare quanto dovuto si è dato fuoco davanti alla sua stazione di delivery a Taizhou. In aprile a Tangshan un camionista, a cui la polizia ha sequestrato il veicolo perché era troppo carico, ha preso una fiala di pesticidi e ha inviato un messaggio di addio ai colleghi autisti sui social network. Nello stesso mese in cui un disabile in sedia a rotelle di São Caetano do Sul si è legato al corpo dei falsi esplosivi e ha minacciato di far saltare in aria un’agenzia dell’INSS [Istituto Nacional de Segurança Social, equivalente al nostro INPS, NdT] se non avesse avuto accesso alla sua pensione d’invalidità,[55] il residente di un villaggio nel distretto meridionale cinese di Panyu, dove lo Stato aveva espropriato la terra collettiva per venderla alle compagnie turistiche, è arrivato alle estreme conseguenze nel palazzo del governo locale: con bombe vere ha fatto saltare in aria se stesso e cinque impiegati. Licenziato all’inizio di luglio, un muratore ha fatto irruzione nella casa del suo ex datore di lavoro sulla costa di Santa Catarina, ha tenuto la sua famiglia in ostaggio per dieci ore ed è stato ucciso dalla polizia quando li ha liberati[56]. E la pandemia avrebbe portato ancora più pressione e disperazione, come mostrato nel caso dell’uomo che ha guidato la sua auto in un affollato pronto soccorso pubblico nella regione metropolitana di Natal dopo che a sua moglie era stato negato il ricovero per Covid.[57]

Quando un poliziotto militare di Bahia ha lasciato la sua postazione e ha guidato da solo per più di 250 chilometri fino al Farol da Barra, attrazione turistica di Salvador, dove ha sparato in aria con il suo fucile gridando contro la violazione della “dignità” e “dell’onore del lavoratore”, il suo sfogo è stato celebrato nelle reti anti-lockdown come un gesto eroico contro gli “ordini illegali” dei governatori.[58] La tragica fine del soldato, ucciso in una sparatoria dai suoi stessi colleghi, è stata utilizzata dai deputati di estrema destra per incitare un ammutinamento nell’esercito. Il corteo di macchine della polizia che è partito da quello stesso luogo il giorno seguente, tuttavia, ha trovato il traffico congestionato da un’altra manifestazione: erano rider che denunciavano la morte di un loro collega, investito da un autista che stava guidando ubriaco la sera prima. Accidentalmente unite dal lutto per i compagni caduti in una guerra sociale senza forma definita, le due manifestazioni convergevano verso la sede del governo statale.[59]

Nello stesso tempo in cui la crisi si aggrava, o meglio, allarga la fossa in cui da decenni ci dibattiamo senza muoverci di un passo, la politica di terra bruciata di Bolsonaro gli permette di mobilitare la disperazione, in attacchi suicidi, con la promessa di una decisione[60] – di un “colpo finale”[61]. Per quanto il malcontento per l’aumento dei prezzi del carburante abbia scalfito il sostegno del presidente in una delle sue principali “basi” (i camionisti), il bolsonarismo è rimasto la principale forza politica con qualche capacità di egemonizzare la turbolenza sociale di questi tempi apocalittici, nel tentativo di unire le più diverse insoddisfazioni in una “rivolta all’interno dell’ordine”[62], dirottandole ad attaccare i bersagli del momento all’interno delle istituzioni – siano essi i sindaci, i governatori, la magistratura, i media, il vaccino o il voto elettronico – o semplicemente mimando le lotte concrete con riti estetici, come le corse domenicali in moto.

Al culmine dell’agitazione, la Corte Suprema ha riportato sulla scacchiera un pezzo decisivo che gli stessi giudici avevano rimosso dal gioco qualche anno prima. La sua decisione di ribaltare le condanne di Lula e di permettergli di partecipare nuovamente alle le elezioni presidenziali, segnala che potrebbe non essere possibile contenere l’assalto dell’insurrezione bolsonarista senza rivolgersi al comandante della grande operazione di pacificazione che è andata avanti quasi incontrastata fino allo shock del giugno 2013, nella speranza che tutto torni a funzionare come prima. Vale la pena chiedersi, tuttavia, “quale tecnologia avrà a disposizione per placare” una massa urbana in fase accelerata di “proletarizzazione discendente” nel pieno dell’attuale escalation della guerra sociale.[63] Per quanto la manovra della magistratura ravvivi la vana speranza della sinistra di ripristinare i diritti smantellati, i formulatori del programma economico del PT per il 2022 non solo riconoscono la perdita di forma del lavoro, ma si uniscono ai dirigenti di iFood nel “portare i lavoratori delle piattaforme digitali fuori dal limbo normativo”[64] , il che “non significa inquadrarli nella vecchia CLT, ma non è nemmeno lasciarli come sono oggi”[65].

“Un nuovo governo Lula significherà, nella migliore delle ipotesi, che la gente potrà continuare a lavorare con Uber”,[66] con una regolamentazione della “partnership” tra piattaforma e autisti e più “certezza giuridica” per le imprese. E, anche se il regime incendiario di Bolsonaro fornisce un terreno fertile per l’espansione del loro business, le foodtech brasiliane non disconoscono nemmeno l’expertise nel dialogo e nella mediazione dei conflitti accumulata nel paese durante i governi “democratico-popolari”. Per minimizzare l’impatto negativo degli scioperi sul suo marchio, iFood – che, per inciso, celebra “mete di diversità e di inclusione razziale e di genere” all’interno dei suoi uffici[67] – ha reclutato personale formatosi nelle ONG e nei progetti sociali delle zone periferiche per placare la ribellione dei suoi “partner” motorizzati[68] . Per tutto il 2021, i rider coinvolti in conflitti in tutto il paese sono stati cercati da un “community manager” assunto dall’azienda non esattamente per soddisfare le richieste, ma per dialogare, annunciando la costruzione di un “Forum di rider[69] con digital influencer della categoria e presunti leader degli scioperi, nel miglior stile delle conferenze partecipative del Brasile di un tempo.

Un ritorno dell’ex metalmeccanico al Palácio da Alvorada (palazzo presidenziale, NdT) dovrebbe rappresentare non un momento di ricostruzione nazionale, ma la possibilità di riunire i resti e consolidare il nuovo terreno di accumulazione nel paese, in una normalizzazione del disastro con un sapore di vittoria – e quindi “più perfetto di quanto sarebbe possibile sotto qualsiasi politico conservatore”.[70] L’aspettativa delle elezioni del 2022 approfondisce così lo stato di attesa dei grandi partiti e dei piccoli collettivi di sinistra, che durante la pandemia hanno trovato nell’imperativo dell’isolamento sociale una giustificazione alla loro quarantena politica. Incarnando la difesa delle raccomandazioni sanitarie, la sinistra in generale si è bene adattata alla realtà dello smartworking, in un’attesa paralizzante di aspettative abbassate: l’attesa del conteggio quotidiano dei morti, rallegrandosi per la caduta della curva; l’attesa dell’arrivo dei vaccini in Brasile, seguita dall’attesa – e dalla disputa[71] – per un posto nella fila; l’attesa della fine del “governo Bozo” (Bozo è un soprannome di Bolsonaro, NdT), ravvivata ad ogni nuovo conflitto di questi con la Corte Suprema o ogni nuova testimonianza nella Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla gestione del Covid; insomma, l’attesa che il peggio passi e tutto sia di nuovo meno peggio, come prima. Con il miglioramento degli indicatori della pandemia, a metà del 2021, questa speranza inerte è uscita di casa ed è diventata una fotografia aerea sui viali. Tuttavia, se le manifestazioni hanno dimostrato la dimensione del rifiuto al presidente nelle principali città del paese, hanno anche reso flagrante l’impotenza di questa opposizione. Dopo aver radunato centinaia di migliaia di persone, le manifestazioni si sono gradualmente ridotte, nella misura in cui diventavano sfilate sempre più controllabili da parte delle organizzazioni.

Il letargo della sinistra contrasta con l’insorgenza dell’estrema destra, che si nutre della mobilitazione di coloro che non hanno più aspettative. E se non è possibile escludere totalmente una vittoria imprevista di Bolsonaro nelle urne, non si possono nemmeno disprezzare le minacce di una rottura dell’ordine costituito, sempre rimandate, per preservare la sua militanza in una prontezza quasi paranoica e tenere l’opposizione sulla difensiva, ipnotizzata dall’imminenza del colpo decisivo che non arriva mai. La politica rimane in trance, in eterna preparazione di un conflitto mai conflagrato, che è essa stessa una tattica di guerra nell’arsenale della gestione “ibrida” di territori e popolazioni.

Pur contando solo sullo zoccolo duro di militanti fedeli, l’esercizio di mobilitazione delle truppe del 7 settembre ha rappresentato più un banco di prova che un segno di impotenza[72]. Il giorno successivo, quando all’alba le autostrade di quindici stati del paese sono state bloccate dai camionisti – che, fino ad allora incapaci di sostenere una mobilitazione intorno al valore delle corse e del carburante, hanno mostrato invece una notevole forza a sostegno dell’attacco strategico del presidente contro le urne elettroniche e la Corte Suprema[73] – il governo è stato costretto a riconoscere che la chiamata non era altro che una prova generale, suscitando l’ira di molti manifestanti e lasciando intravedere un bolsonarismo che già supera Bolsonaro stesso. Dentro o fuori dallo Stato, comandato dal capitano o meno, “la rivoluzione che stiamo vivendo”[74] – e che “rimette la violenza, intesa come uso della forza armata, nella condizione di risorsa politica fondamentale” – si farà sentire ben oltre il 2022, come annunciato dalle scene quasi surrealiste dell’assalto a Capitol Hill e ad altri parlamenti statali dopo la sconfitta di Donald Trump negli Stati Uniti.[75]

Programmato per l’11 settembre, un nuovo sciopero nazionale dei rider finì col confondersi con la notizia dello sciopero dei camionisti – non tanto per un appoggio al presidente quanto per il significato che l’ultimo grande sciopero di quell’altra categoria centrale del settore logistico ha acquisito nell’immaginario dei motoboys.[76] Senza la stessa ripercussione del Breque dos Apps dell’anno precedente, lo sciopero del 2021 si estese, qua e là, oltre la data prevista. In un distributore di bevande della piattaforma Zé Delivery, nella zona sud di San Paolo, i corrieri hanno deciso di iniziare lo sciopero con due giorni di anticipo per riscuotere i pagamenti dovuti.[77] E a São José dos Campos, nello stato di San Paolo, i rider hanno continuato a fermarsi per i cinque giorni consecutivi, nel più lungo sciopero in una piattaforma nella storia del paese fino ad allora.[78]

Ispirati da un video in cui dei rider della capitale mostravano passo dopo passo “come bloccare un centro commerciale”,[79] i motoboys del quinto comune più grande dello stato si sono divisi in piccoli gruppi per bloccare i grandi stabilimenti della città, mentre altri circolavano per le strade per intercettare i crumiri, oltre a distribuire acqua e cibo a chi stava realizzando i picchetti. Ogni sera, tutti si riunivano in una piazza per discutere la strategia del movimento e votare se continuare lo sciopero. Mentre una piattaforma più piccola, appena arrivata in città, cedeva alle pressioni annunciando un aumento delle tariffe, iFood organizzava una controffensiva e prometteva un incontro ai leader locali, attraverso uno dei suoi “articolatori comunitari”. La notizia che la più grande piattaforma di food delivery dell’America Latina aveva aperto una trattativa – per quanto limitata – di fronte all’eroica tenacia dei “trecento di São José dos Campos”, come la raccontavano i meme sulle reti dei rider, ha dato a quella sconfitta un sapore di vittoria e l’ha trasformata in un esempio per le zone circostanti. Nelle settimane successive, lo stato di San Paolo fu investito da una sequenza non coordinata di scioperi, che sarebbero continuati per diversi giorni a Jundiaí, Paulínia, Bauru, Rio Claro, São Carlos e Atibaia.[80]

Nei momenti di tensione che hanno segnato la fine della mobilitazione a São José dos Campos, tuttavia, le promesse di dialogo si sono combinate con un’altra trattativa di iFood con i ristoratori e gli operatori logistici locali che, con tono minaccioso, hanno inviato ai rider il messaggio che, se il movimento fosse continuato, avrebbero potuto esserci ad “atti di violenza” in città.[81] Ricorrendo contemporaneamente a strategie di smobilitazione partecipative e miliziane, la più grande piattaforma di delivery del Brasile allude al futuro del paese tra Lula e Bolsonaro – o semplicemente ci ricorda che pelegos [moderati, riformisti, “recuperatori” delle lotte, NdT] e jagunços si sono sempre incrociati nella zona grigia degli intermediari popolari.[82]


[1] Amazônia Real, “População de Macapá se revolta com apagão”, YouTube, 8 novembre 2020. Per un resoconto delle mobilitazioni durante il blackout, vedi Transe, “SOS Amapá – O apagão e as lutas”, YouTube, 19 novembre 2020.

[2] “Decreto Nº 3915 de 17/11/2020”, Diário Oficial do Estado do Amapá, 17 nov. 2020.

[3] La catastrofe che ha colpito Amapá può anticipare, su scala minore, lo scenario di collassi energetici a venire – vedi il falso allarme per nuovi blackout in cinque stati brasiliani nella seconda metà del 2021, a causa della siccità (Alexa Salomão, “Governo emite alerta de emergência hídrica em 5 estados e vai criar comité para acompanhar setor elétrico”, Folha de S. Paulo, 27 maggio 2021). In un contesto di emergenza climatica, di cui la crisi idrica è solo una delle componenti, non sorprende che i costi e i rischi siano a carico della popolazione – a questo convergono sia la malattia ambientale che i rimedi prescritti da governi e organizzazioni internazionali, come la “carbon tax: una tassa aggiuntiva specifica per i prodotti inquinanti (…) altamente regressiva” (Antonio Celso, “Dirigindo pelo retrovisor”, Passa Palavra, 15 agosto 2021). Vale la pena ricordare che la creazione di un’imposta di questo tipo è stata la causa scatenante del movimento dei “gilet gialli” in Francia nel 2019.

[4] Agência France Press, “A busca desesperada por oxigênio em Manaus para salvar pacientes em casa”, Estado de Minas, 18 jan 2021.

[5] Ludmila C. Abílio, “Breque no despotismo algorítmico: uberização, trabalho sob demanda e insubordinação”, Blog da Boitempo, 30 jul. 2020.

[6] Sulla forza politica del non governo come modalità di governo, una sorta di “governo della sospensione” inaugurato da Bolsonaro nel suo “tentativo rivoluzionario”, si veda Miguel Lago, “‘Batalhadores do Brasil…’”, Piauí, mai. 2021.

[7] Tom Slee, Uberização: a nova onda do trabalho precarizado, São Paulo, Elefante, 2017

[8] Raquel Azevedo, “Qual a origem de uma renda sem contrapartida?”, Passa Palavra, 14 set. 2020 e Nelson Barbosa, “Renda básica universal”, Folha de S. Paulo, 27 ago, 2022.

[9] Si può dunque capire che, durante il blackout in Amapá in novembre, il pagamento del sussidio – ridotto in quel momento a 300 reais – sia stato straordinariamente mantenuto a 600 reais per decisione del Tribunale Supremo Federale. Vedi José Antonio Abrahão Castillero, “Amapá: le proteste garantiscono un aiuto di emergenza di 600 real”, A Comuna, 15 novembre 2020.

[10] Organizzati in “reti di quartiere in edifici, movimenti di baraccopoli, reti di solidarietà tra occupazioni urbane” ecc. (Victor Hugo Viegas Silva, “Quem fez e faz a quarentena no Brasil? Os trabalhadores!”, Crônicas do Titanic, 21 ago. 2020).

[11] Il termine è, ancora una volta, di Ludmila Abílio (“Uberização: Do empreendedorismo para o autogerenciamento subordinado”, Psicoperspectivas, v. 18, n. 3, nov. 2019).   

[12] Vedi Alfredo Lima, “Barreira sanitária é vida, flexibilização é morte!”, Passa Palavra, 21 giugno 2020 e Renato Santana e Tiago Miotto, “Povos indígenas reforçam barreiras sanitárias e cobram poder público enquanto covid-19 avança para aldeias”, Conselho Missionário Indigenista, 29 maggio 2020. Per un’intervista ai residenti che hanno partecipato a uno di questi blocchi nella regione di Trindade, vedi Invisíveis, “Paraty: barreira sanitária e retomada territorial”, Passa Palavra, 27 settembre 2020.

[13] Anche prima che il coronavirus sbarcasse in Brasile, l’immagine di una “bricolage quarantine” era già stata usata per analizzare come le “scarse connessioni tra tutti i livelli di governo” hanno portato a sforzi contrastanti per affrontare il focolaio iniziale del virus in Cina, dalla “repressione dei medici ‘denuncianti’ da parte delle autorità locali” alle misure sanitarie applicate in modo apparentemente casuale da ogni località, fuori dal controllo del potere centrale. (Chuang, “Contagio sociale”, Centro de Estudos Victor Meyer (CVM), 17 marzo 2020). La mancanza di fiducia “che lo stato avrebbe avuto la capacità di contenere efficacemente il virus” ha portato a una “mobilitazione massiccia in risposta alla pandemia, con gruppi di volontari che fornivano tutti i tipi di servizi, sia per contenere il contagio che per aiutare la gente a sopravvivere”, così come i blocchi da parte dei residenti all’ingresso dei villaggi dell’interno (vedi l’intervista con Chuang di Aminda Smith e Fabio Lanza, “The State of the Plague”, Brooklyn Rail, settembre 2021).

[14] Vedi Paulo Arantes, “Sale boulot”, in O novo tempo do mundo, cit. Nei contorni mal definiti della “zona grigia” della gestione privata della sofferenza, c’è anche lo specialista in malattie infettive che ratifica – al servizio della “consulenza” firmata in grandi contratti con questo o quel rinomato ospedale – il cinico “selezionamento” delle scuole private che, anche al culmine della pandemia, “trovavano il modo” di riempire di studenti le loro aule mal ventilate; c’è l’insegnante, rassegnato al ritorno in presenza e costretto a chiudere un occhio sull’inevitabile violazione dei protocolli sanitari tra gli studenti per garantire, precariamente, il proseguimento delle lezioni; c’è l’autista autonomo del pulmino scolastico che, senza bambini da portare e senza soldi, ha trovato una fonte di reddito temporaneo nel trasporto dei defunti nel mezzo dell’aumento di di morti nella città di San Paolo. (Vedi Roberto Acê Machado, “Esse ano não tem bandeirinha”, Le Monde Diplomatique Brasil, 10 febbraio 2021; Aline Mazzo, “Vans escolares vão transportar mortos por Covid até cemitérios de SP”, Folha de S. Paulo, 29 marzo 2021; e anche Carolina Catini, “O brutalismo vai à escola”, Blog da Boitempo, 13 settembre 2020).

[15] Il ruolo della viração nel riprodurre questo collasso infinito è evidente per il presidente di un istituto di ricerca, uno studioso della cosiddetta “nuova classe media brasiliana”, secondo il quale, “è la favela che ha impedito al Brasile di paralizzarsi nella pandemia. ‘La persona che raccoglie la spazzatura, l’assistente infermieristico, il collettore e l’autista dell’autobus sono abitanti della favela. Le classi A e B hanno potuto in quarantena solo perché gli abitanti della favela continuano a lavorare” (Henrique Santiago, “Favela S/A”, UOL, 13 dicembre 2020).

[16] Victor Hugo Viegas Silva, “O Auxílio Emergencial não acabou em janeiro. Foi acabando aos poucos – e sem chance de defesa”, Crônicas do Titanic, 28 jan. 2021.

[17] Per un’osservazione sul ruolo dele nuove tecnologie, da Airbnb all’internet banking, nella viração di spiaggia durante questo “periodo de ultravalorizzazione temporanea dei terreni”, vedere Três trabalhadores de férias, “Uma tarde na praia”, Passa Palavra, 28 jan. 2019.

[18] Victor Hugo Viegas Silva,, “A revolta de Búzios contra o lockdown e a conexão evangélica x #AglomeraBrasil (2)”, Crônicas do Titanic, 4 jan. 2021.

[19] “Decreto N.°43.234, de 23 de dezembro de 2020”, Diário Oficial do Estado do Amazonas, 23 dez. 2020.

[20] Victor Hugo Viegas Silva, “A revolta popular de Manaus e os dilemas do lockdown (3)”, Crônicas do Titanic, 6 jan. 2021.

[21] Serafim Oliveira, “Movimento Todos pelo Amazonas e a Covid-19 – O risco da suspensão das atividades causar perdas econômicas e a ascensão dos movimentos populares”, O Conservador, 4 jan. 2021.

[22] Secondo un sondaggio dell’Associazione brasiliana dei medici, il 34,7% dei medici credeva ancora in una certa efficacia della clorochina nel giugno 2021, e il 41,4% aveva fiducia nell’uso dell’ivermectina per il trattamento o la prevenzione del covid-19. (Paula Felix, “Pesquisa diz que 1/3 dos médicos ainda acredita na clorochina, comprovadamente ineficaz contra covid”, O Estado de S. Paulo, 2 fev. 2021).

[23] Victor Hugo Viegas Silva, “‘A culpa não é nossa’ e ‘precisamos fazer alguma coisa agora’: Entre a luta do lockdown e o tratamento precoce há um fio tênue”, Crônicas do Titanic, 12 abr. 2021.

[24] Victor Silva, “O que dizem no WhatsApp médicos a favor da cloroquina”, Folha de S. Paulo, 19 jun. 2021.

[25] “Automedicação é um hábito comum a 77% dos brasileiros”, G1, 13 mai. 2019.

[26] Nella pandemia, gli autobus sono, più che mai, veicoli di morte: a San Paolo, quelli che muoiono di più sono “quelli che andavano al lavoro e facevano lunghi viaggi con i mezzi pubblici” come mostrato da Raquel Rolnik e outros, “Circulação para trabalho explica concentração de casos de Covid-19”, LabCidade, 30 jun. 2020.

[27] Ver Christophe Dejours, A banalização da injustiça social, São Paulo, FGV, 2000.

[28] Il discorso cosiddetto “negazionista” e le sue panacee sono in sintonia con un mondo in cui “la disuguaglianza rende la quarantena un lusso insostenibile per i più poveri”, come ha osservato Rodrigo Nunes. “Se in altri tempi il sacrificio era presentato come un modo per migliorare la vita, ora è un fine in sé. (…) c’è un senso in cui è possibile affermare che le fantasie dell’estrema destra offrono, anche se in modo irrazionale, una risposta ragionevole alla follia che stiamo costruendo. Ridurre il potere che queste fantasie hanno di parlare alla gente alla stregua di semplici fake news è un tentativo di negare questo fatto fondamentale”. (“O presente de uma ilusão: estamos em negação sobre o negacionismo?”, Piauí, marzo 2021).

[29] Paulo Arantes, “Sale boulot”, cit. Nella seconda metà del 2021, i lavoratori di Prevent Senior hanno denunciato pubblicamente una serie di pratiche irregolari che sono stati costretti ad adottare nel trattamento dei pazienti con covid-19. La compagnia occupa una nicchia di mercato formata dagli anziani che non possono permettersi i valori esorbitanti delle assicurazioni sanitarie per la loro fascia d’età, ma riservano come possono le loro risorse per assicurarsi un’assistenza medica privata. Con tariffe ridotte e un pubblico di riferimento che richiede servizi ospedalieri più frequentemente, l’azienda ha sempre fatto ricorso a “modi” per evitare o posticipare procedure costose per mantenere la redditività. Durante la pandemia, che ha colpito più duramente gli anziani, queste pratiche hanno assunto contorni ancora più macabri. Anche altri operatori, come HapVida e alcune unità di UniMed, sono stati denunciati. Oltre ai reportage dell’epoca, si veda il podcast “Prevent Senior não deveria ter sido aberta, diz especialista”, con intervista a Ligia Bahia di Maurício Meireles e Magê Flores, Café da manhã, Folha de São Paulo, 11 ottobre 2021.

[30] Arthur Rodrigues, “Direção da Prevent cobrava ‘altas celestiais’ para liberar leitos a pacientes VIP, diz advogada em CPI”, Folha de S. Paulo, 21 out. 2021.

[31] Il “Male” si rappresenterebbe oggi come un sistema di gestione, come un principio organizzativo: delle imprese, dei governi, di tutte le istituzioni e attività, insomma, che, organizzate secondo questo stesso principio, si sono convertite in centri diffusori di una nuova violenza e incubatori dei suoi agenti, i cosiddetti collaboratori del nostro tempo.” (Paulo Arantes, “Sale Boulot”, cit. p. 102).

[32] Exército Brasileiro, “Mensagem do Comandante do Exército – COVID-19”, YouTube, 24 mar. 2020.

[33] Lisandra Paraguassu, “Em ofício, Exército defendeu sobrepreço de 167% em insumos da cloroquina por necessidade de ‘produzir esperança’”, Reuters, 22 dez. 2020.

[34] Alessandro Visacro, Guerra Irregular, São Paulo, Contexto, 2009. Con l’esperienza sul campo ad Haiti e nelle favelas brasiliane, l’ufficiale ha aggiornato la sua riflessione in A guerra na Era da Informação, São Paulo, Contexto, 2019.

[35] Prima di tornare alla ribalta con l’escalation del conflitto in Ucraina, il termine ‘guerra ibrida’ si è diffuso in occasione dell’ondata di proteste nei paesi arabi, a partire dal 2011, ed è diventato ampiamente utilizzato da governanti e analisti per ridurre i sempre più frequenti sconvolgimenti sociali in tutto il pianeta a oscure trame geopolitiche (vedi Jonas Medeiros, “‘Guerras Híbridas’, um panfleto pró-Putin e demofóbico”, Passa Palavra, 28 jan. 2020). Se il discorso su una “guerra ibrida” condotta dalle agenzie dell’imperialismo yankee ha alimentato la fantasia ufficiale della sinistra sul processo politico brasiliano post-2013, l’antropologo Piero Leirner ha osservato come la stessa nozione corra con un segno invertito all’interno delle Forze Armate – interessate a un presunto progetto occulto di egemonia culturale condotto dalla sinistra “gramscista” fin dagli anni ‘80 nel paese. Il ricercatore sostiene che negli ultimi anni lo stesso esercito brasiliano è arrivato a farsi guidare dai principi del conflitto ibrido per condurre una campagna interna, in cui le elezioni del 2018 rappresenterebbero un episodio chiave (O Brasil no espectro de uma guerra híbrida, São Paulo, Alameda, 2019).

[36] La polizia brasiliana ha ucciso 6.416 persone nel 2020. Tra le vittime, il 78,9% era nero. Il 2021 è iniziato con il secondo più grande massacro nella storia di Rio de Janeiro, compiuto dalla polizia civile nella favela Jacarezinho. Vedi Fórum Brasileiro de Segurança Pública, 15º Anuário Brasileiro de Segurança Pública, 2021.

[37] Come lo stesso presidente di un istituto di ricerca descrive lo “slancio imprenditoriale” della favela (Henrique Santiago, “Favela S/A”, cit.).

[38] Leonardo Vieceli, “Pandemia empurra 4,3 milhões para renda muito baixa nas metrópoles brasileiras”, Folha de S. Paulo, 6 jul. 2021.

[39] Wellton Máximo, “Beneficiários do Auxílio Brasil terão acesso a crédito especial”, Agência Brasil EBC, 12 ago. 2021.

[40] “Non ha senso dire al favelado di separare ciò che è (denaro) di risparmio e ciò che è per la sopravvivenza famigliare. Se hai intenzione di risparmiare per avviare un’impresa, non risparmierai mai”, spiega Celso Athayde, CEO da Favela Holding (Henrique Santiago, “Favela S/A”, cit.).

[41] Tra maggio e novembre 2020, il numero medio di persone che lavorano a distanza o lontano a causa a causa della quarantena corrispose al 17,6% della popolazione occupata in Brasile (circa 14,5 milioni di persone). I lavoratori che hanno potuto di svolgere le loro attività lavorative a distanza “erano per lo più composti da persone con un’istruzione superiore completa. Con meno intensità, ma comunque responsabili della maggioranza delle persone in smartworking, si ha il genere femminile, il colore/razza bianco, la fascia d’età da 30 a 39 anni e la relazione lavorativa nel settore privato”. Inoltre “si osserva, sia per il settore privato che per quello pubblico, una forte partecipazione di insegnanti” (Geraldo Sandoval Goés e outros, “Trabalho remoto no Brasil em 2020 sob a pandemia do Covid-19: quem, quantos e onde estão?”, Carta de Conjuntura, n. 52, IPEA, 2021).

[42] L’implementazione emergenziale della didattica a distanza ha incontrato seri ostacoli materiali e sociali, come la mancanza di strutture e attrezzature nelle case degli alunni (“Ensino remoto na pandemia: os alunos ainda sem internet ou celular após um ano de aulas à distância”, BBC Brazil, 3 mai. 2020). Allo stesso tempo, ha accelerato un processo di ristrutturazione del lavoro docente che era già in corso, esacerbando le tensioni, come registrato nelle testimonianze di insegnanti di reti private e pubbliche raccolte nel bollettino A Voz Rouca durante i primi mesi della pandemia (“Diários de Quarentena”, Passa Palavra, 25 mai. 2020 e Professores Autoconvocados, “Pequeno manual de resistência no EaD”, Passa Palavra, 28 apr. 2020, sulla ristrutturazione produttiva nel mondo dell’istruzione e dell’università si veda, per esempio, Carolina Catini, “O trabalho de educar numa sociedade sem futuro”, Blog da Boitempo, 6 jun. 2020). Dall’altra parte della videochiamata, gli studenti riuscivano a connettersi testavano anche il loro margine d’azione in un ambiente trasformato, creando “nuove forme di sabotaggio scolastico nella DAD” (per una raccolta di alcune di queste tattiche da parte di “alcuni maleducati”, vedi Boletim do GMARX-USP, n. 22, 14 mai. 2020). È stato anche attraverso gli strumenti online che gli insegnanti delle scuole pubbliche hanno organizzato degli scioperi, già nel 2021, per boicottare il ritorno in classe di persona prima della vaccinazione. Durante la seconda ondata della pandemia, cortei in macchina di insegnanti in sciopero e manifestazioni di riders si sono persino riuniti a San Paolo – nonostante il divario di realtà sociale e di linguaggio, gli striscioni di entrambe le categorie convergevano nella richiesta del vaccino (João de Mari, “Professores e entregadores de app se unem em greve contra retorno presencial e pedem vacina contra a Covid”, Yahoo! Notícias, 16 abr. 2021).

[43] Nell’agosto 2021, gli streamer e viewer della piattaforma Twitch, acquisita nel 2014 da Amazon e ampiamente utilizzata per lo streaming in diretta di partite e campionati di games, si sono uniti per una giornata di “blackout” del servizio, contro la riduzione del 66% del valore dei subs (cioè dei pagamenti) dei canali brasiliani. Come nei movimenti dei rider, le rivendicazioni di questi produttori di contenuti uberizzati evitano la grammatica lavorista della sinistra, criticando i progetti di regolamentazione e la pressione fiscale (vedi Nell’agosto 2021, gli streamer e gli spettatori della piattaforma Twitch, acquisita nel 2014 da Amazon e ampiamente utilizzata per lo streaming in diretta di partite e campionati, si sono uniti per una giornata di “blackout” del servizio, contro la riduzione del 66% del valore dei subs (cioè dei pagamenti) dei canali brasiliani. Come nei movimenti di consegna delle app, le rivendicazioni di questi produttori di contenuti uber-organizzati evitano la grammatica del lavoro di sinistra, criticando i progetti di regolamentazione e la pressione fiscale (vedi Alexandre Orrico e Victor Silva, “Por dentro da greve de streamers da Twitch no Brasil”, Núcleo, 23 ago. 2021).

[44] Vladmir Safatle, “Não falar”, El País, 10 ago. 2020.

[45] Isadora Guerreiro, “Lockdown: o problema e o falso problema”, Passa Palavra, 15 mar. 2021.

[46] Comitê Invisível, Aos nossos amigos: crise e insurreição, São Paulo, N-1, 2016.

[47] Il documentario Bloqueio (dir. Victória Álvares e Quentin Delaroche, 2018) ritrae l’atmosfera di quei giorni di flussi interrotti, che forse annunciavano qualcosa di quello che sarebbe successo in seguito. Vedi anche l’articolo scritto a caldo da Gabriel Silva, “A greve dos caminhoneiros e a constante pasmaceira da extrema esquerda”, Passa Palavra, 28 mai. 2018.

[48] Raquel Lopes, “Greve dos caminhoneiros tem baixa adesão e poucos problemas nas rodovias até o início da tarde”, Folha de S. Paulo, 01 feb. 2021. Uno degli strumenti utilizzati per disarticolare la mobilitazione sulle strade, l’infrazione per “l’uso del veicolo per interrompere, limitare o disturbare la circolazione sulla strada”, punibile con una multa esorbitante e la sospensione del CNH, è stato creato dal governo della presidentessa Dilma Rousseff per combattere le manifestazioni dei camionisti per l’impeachment nel 2015 ed è anche frequentemente utilizzato per reprimere il movimento dei rider.

[49] Bersaglio di critiche e boicottaggi da parte degli autisti durante tutto l’anno, le modalità Uber Promo e 99 Poupa si sono estinte alla fine del 2021. Per un resoconto dell’ondata di proteste contro l’alto costo del carburante nella prima metà dell’anno, vedi Comrades in Brazil, “Petrol in the Pandemic: short report of motorised workers’ protests in Brazil”, Angry Workers of the World, 29 mai. 2021.

[50] Vedere Akemí Duarte, “Combustível caro faz motoristas abandonarem apps de corrida”, R7, 14 jul. 2021, “30% dos motoristas por aplicativos abandonam a função em Campinas e região”, Digital, 18 mar. 2021, Jael Lucena, “Motoristas de aplicativo devolvem carros às locadoras após decreto no AM”, D24am, 22 jan. 2022.

[51] Wang Qianni e Ge Shifan, “How One Obscure Word Captures Urban China’s Unhappiness”, Sixth Tone: Fresh voices from today’s China, 4 nov. 2020.

[52] “In modo (…) prosaico, l’“involuzione” agricola o urbana può essere descritta come l’aumento inarrestabile dell’auto-sfruttamento della manodopera (tenendo fissi gli altri fattori), che continua, nonostante la riduzione del reddito, finché produce qualche ritorno o incremento”, scrive Mike Davis, riprendendo il concetto dell’antropologo Clifford Geertz, nel suo studio sull’“involuzione urbana e il proletariato informale” (Mike Davis, Il pianeta degli Slum, Milano, Feltrinelli, 2006). “Tali società hanno bisogno di correre di più e più velocemente – solo per rimanere nello stesso posto e non scivolare” (“Cina: Neijuan 内卷”, Wildcat, n. 107, 1 abr. 2021)

[53] “‘Neijuan’ è ormai diventato il termine che i cinesi urbani usano per descrivere i mali delle loro vite moderne, la loro sensazione di camminare freneticamente sull’acqua in una società ipercompetitiva. Competizione intensa con basse possibilità di successo, sia negli esami di scuola superiore, nel mercato del lavoro (o nel matrimonio!), o quando si fanno straordinari pazzeschi. “Tutti hanno paura di perdere l’ultimo autobus – eppure sanno che è già partito”. (“Cina: Neijuan 内卷”, Wildcat, cit. corsivo nostro).

[54] Come per gli episodi riportati nel seguito, l’estratto è tratto da “Bombing the Headquarters”, Chuang, mai. 2021.

[55] “Cadeirante ameaça explodir agência do INSS com bomba falsa em SP”, UOL, 16 mar. 2021.

[56] Carolina Fernandes, “Homem demitido invade casa de ex-chefe e faz família refém no Sul de SC, diz polícia”, G1, 5 jul. 2021.

[57] “Em Parnamirim (RN), homem joga carro contra UPA após ter atendimento negado”, Diário de Pernambuco, 22 mar. 2021.

[58] João Pedro Pitombo, “Morre policial baleado após dar tiros para o alto e contra colegas no Farol da Barra, em Salvador”, Folha de S. Paulo, 28 mar. 2021.

[59] Gil Santos, “Grupo faz protesto no Farol da Barra após morte de PM”, Correio, 30 mar. 2021.                                        

[60] Vedere Felipe Catalani, “A decisão fascista e o mito da regressão: o Brasil à luz do mundo e vice-versa”, Blog da Boitempo, 23 jul. 2019.

[61] “È stato un colpo finale, vediamo ora cosa ne viene fuori”, spiegava un residente dell’estremo sud di San Paolo il giorno dopo l’elezione di Bolsonaro nell’ottobre 2018. Sei mesi dopo, un altro residente ha detto agli stessi intervistatori: “vedo il paese come una cloaca, un buco. Ogni presidente che entrava, tappava il buco con il cemento. Sono passati quattro anni e ‘oh, il buco è lì: se vuoi risolvere il problema, risolvilo o coprilo anche tu’”. Poi è arrivato il nostro presidente, l’ha tappato, ha lottato per portare Dilma al potere, per tappare il buco. Quando Dilma se n’è andata, Temer è entrato, ha cercato di tappare il buco, ma fregando Dilma. Quando Temer se n’è andato, è arrivato Bolsonaro, e sai cosa ha fatto? Ha rotto il coperchio della fogna. E sarebbe lui a sbagliarsi? Lui ha ragione. Questa fogna risale a prima di Fernando Henrique, è un buco molto grande. Quindi, amico, lui ha solo bucato il buco della fogna. Non c’è più merda nella fossa, è tutto saltato in aria. Io la penso così. (Carolina Catini e Renan Santos, “Depois do fim”, Passa Palavra, 1 nov. 2018 e “Apesar do fim”, Passa Palavra, 10 jun. 2019).

[62] Questa è la formula sintetica usata da João Bernardo per definire il fondamento del fascismo (Labirintos do Fascismo, 3ª versão, revista e aumentada, 2018).

[63] Leo Vinícius, “Que horas Lula volta?”, Passa Palavra, 30 set. 2015.

[64] Fabrício Bloisi (presidente di iFood), “Novas regras para novas relações de trabalho”, Folha de S. Paulo, 21 jul. 2021.

[65] Non si tratta, dunque, di revocare la riforma del lavoro, ma di intraprendere qualcosa che uno degli organizzatori della campagna ha suggestivamente battezzato come “post-riforma”, da realizzarsi, ovviamente, attraverso “la negoziazione tra i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori” (Fábio Zanini, “Regras fiscais precisam ser revistas, diz coordenador econômico de plano do PT”, Folha de S. Paulo, 11 jul. 2021 e C. Seabra e C. Linhares, “Petistas procuram Alckmin para desfazer ruído com fala de Lula sobre lei trabalhista”, Folha de S. Paulo, 10 jan. 2022).

[66] “Lula oggi si è espresso per una ri-statizzazione di ciò che sta venendo privatizzato di Petrobras e per prezzi del carburante senza parità internazionale. In questo momento molti camionisti e autisti di piattaforma stanno letteralmente smettendo di lavorare perché l’attività è diventata impraticabile con il prezzo del carburante. (…) Un nuovo governo Lula sarà un governo in cui l’orizzonte delle aspettative non dovrà essere più grande della possibilità di guadagnarsi da vivere lavorando in una piattaforma”. (Leo Vinícius, 10 mar. 2021).

[67] “iFood terá 50% de mulheres na liderança e 40% de colaboradores negros até 2023”, iFood News, mai. 2021 e Pablo Polese, “A política identitária do Ifood”, Passa Palavra, nov. 2021.

[68] È rivelatore che uno dei principali interlocutori di iFood con i rider mostri nel suo curriculum esperienze in programmi in cui l’“inclusione sociale” attraverso “l’educazione all’arte” fa parte di uno sforzo di “pacificazione dei giovani e dei territori più precari”, come le Fábricas de Cultura a San Paolo (vedi Dany e outros, “Rebelião do público-alvo? Lutas na fábrica de cultura”, Passa Palavra, 18 jul. 2016).]

[69] Gabriela Moncau, “iFood assina compromisso com entregadores escolhidos pela própria empresa e não aumenta repasse”, Brasil de Fato, 16 dez. 2021.

[70] Luis Felipe Miguel, “Favorito em 2022, Lula pode normalizar desmonte do país se ceder demais”, Folha de S. Paulo, 14 ago. 2021. Quando ha assunto il governo federale all’inizio degli anni 2000, il PT ha svolto un ruolo analogo, completando e approfondendo, con l’aiuto della sua capillarità sociale, lo “stato di emergenza economica” attuato nelle amministrazioni dei suoi predecessori e criticato dal partito quando era all’opposizione (Vedi, per esempio, Leda Paulani, Brasil delivery, São Paulo, Boitempo, 2008).

[71] Per tutta la prima metà del 2021, stiamo abbiamo assistito a una profusione di lotte corporative per la priorità nell’ordine di vaccinazione. Ora, solo le “categorie” chiaramente identificabili, dove il lavoro “in prima linea” mantiene una qualche forma, possono reclamare un posto speciale in fila. Naturalmente, la priorità è stata limitata ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato o determinato, diplomati o comunque con contratti regolati dalla CLT: insegnanti, poliziotti, lavoratori della metropolitana, autisti di autobus, biologi, ecc. Per molti di loro, la conquista ha significato immediatamente un ritorno anticipato al lavoro in presenza – di regola, prima dell’immunizzazione completa. Nelle parole di un lavoratore della metropolitana, “il vaccino è diventato il nuovo ‘trattamento precoce’. Non importa se distribuiscono vaccini o clorochina. L’importante è continuare a lavorare, indipendentemente dal fatto che ne muoiano mille o quattromila al giorno. Nelle mani dei capitalisti, il vaccino è un’arma in più per imporre il ritorno al lavoro”. (Um funcionário do Metrô de São Paulo, “Prioridade para os trabalhadores do transporte?”, Passa Palavra, 14 abr. 2021).

[72] “In effetti, l’appassimento ha finito per essere un elemento importante, un charme” (Eduardo Moura, “‘Piroca verde e amarela’ do 7 de Setembro é gigante pela própria natureza, diz autor”, Folha de S. Paulo, 15 set. 2021).

[73] Tra le ragioni di una tale differenza tra i tentativi falliti di blocco dei camionisti autonomi contro l’aumento del carburante e la mobilitazione a sostegno di Bolsonaro, c’è il sospetto dell’appoggio dell’agribusiness e delle imprese di logistica, entità che però si sono posizionate in maniera contraria ai blocchi iniziati il 7 settembre. L’audio del presidente che circolava nei gruppi WhatsApp della categoria la mattina dopo si allontanava dalla retorica esplosiva dei giorni precedenti e chiedeva di liberare le strade per “seguire la normalità”. Mentre alcuni dei leader della protesta, per i quali era troppo tardi per fare marcia indietro, sono stati lasciati al loro destino, Bolsonaro è stato accusato di tradimento sui social network, dove alcuni hanno parlato di “game over” (“O que se sabe sobre paralisação de caminhoneiros que atingiu 15 Estados”, BBC, 8 set. 2021 e “‘Game over’: a decepção e revolta de bolsonaristas com recuo de Bolsonaro”, BBC, 9 set. 2021).

[74] L’espressione è di Bolsonaro, recuperata nell’articolo di Gabriel Feltran, da cui proviene anche la seguente citazione (“Forme elementari della vita politica”, cit.).

[75] Come ha notato un acuto osservatore, “la vista di invasori che prendono furiosamente d’assalto il Senato e chiedono che Mike Pence si riveli; di un uomo in abiti proletari con i piedi sulla scrivania nell’ufficio della (…) miliardaria Nancy Pelosi; e del perverso divertimento che la maggior parte di loro sembrava provare, forniscono potenti immagini politiche (…), per quanto effimere”. “In un paese dove la maggior parte dei cittadini non vota”, dove “la violenza dilagante, la dipendenza, le sparatorie di massa e le epidemie di suicidio attestano una profonda mancanza di speranza che qualcosa possa essere fatto per migliorare la vita quotidiana”, essi “riaffermano nella mente di milioni l’idea che misure drastiche possano essere prese dalla gente comune” (Jarrod Shanahan, “The Big Takeover”, Hardcrackers, 7 gennaio 2021).

[76] I blocchi che hanno fermato il Brasile tre anni fa sono spesso evocati come riferimento dai rider – alcuni hanno persino portato cibo agli scioperanti nel 2018 e sognano un sindacato che interrompa i flussi nelle città e nelle strade di tutto il paese. Sullo sciopero dell’11 settembre 2021, vedi Treta no Trampo, “Almoço brecado”, Instagram, 11 set. 2021 e “Teve jantar brecado em SP”, Instagram, 11 set. 2021.

[77] Treta no Trampo, “Entregadores de aplicativo bloqueiam Zé Delivery Jabaquara”, Instagram, 9 set. 2021.

[78] Amigos do Cachorro Louco, “Entregadores de app de São José dos Campos completam 6 dias em greve”, Passa Palavra, 16 abr. 2021 e Ingrid Fernandes e Victor Silva, “Como uma greve de entregadores no interior de SP enquadrou o iFood”, Ponte Jornalismo, 20 set. 2021.

[79] Treta no Trampo, “Manual de como brecar um shopping”, Instagram, 29 ago. 2021.

[80] Vedere Amigos do Cachorro Louco, “Greves de entregadores no interior de São Paulo já completam 7 dias”, Passa Palavra, 14 out. 2021 e Gabriela Moncau, “Greves de entregadores contra apps de delivery se espalham e já duram dias”, Brasil de Fato, 11 out. 2021.

[81] Durante la mobilitazione a São José dos Campos, oltre a “sconnettersi da alcuni ristoranti senza alcun preavviso” e a fare pressione sugli stabilimenti per riprendere le consegne, iFood ha minacciato di usare presunte “registrazioni di rider che si lamentano dello sciopero” e ha fatto sapere agli scioperanti “che la polizia potrebbe iniziare a comparire nei luoghi picchettati” (Renato Assad, “Entregadores de São José dos Campos recuperam métodos históricos de luta e emparedam Ifood”, Esquerda Web, 24 set. 2021).

[82] “Nei contesti più popolari, i leader locali diventano intermediari di un’enorme quantità di relazioni, regolando tutto, dalle questioni commerciali, domestiche, comunitarie, politiche ecc. e svolgendo il ruolo di accentratori di richieste e di articolatori della comunità con agenti esterni”. Come nota Isadora Guerreiro, questi intermediari sono figure necessariamente ambigue: allo stesso tempo in cui “sono parte della comunità, si appoggiano alla sua esistenza e alle sue reti, avendo bisogno di mantenerle e incoraggiarle”, i loro interessi economici “pongono chiari limiti a questo partenariato”. “Non sorprende che nei resoconti dello sciopero di São José dos Campos, i commercianti appaiono prima come sostenitori e poi come deflagratori di una probabile violenza se non ci sarà una negoziazione”. (Isadora Guerreiro, “Lições do Breque entre a cidade e o trabalho”, Passa Palavra, 27 set. 2021).

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