di MASSIMO RUGGIERI.

Continuiamo a seguire la questione-Ilva con inteerventi dalla città. Su Taranto è possibile scaricare il Piano B per Taranto in pdf ⇒ qui (⇒ qui la versione sintetica, qui il primo capitolo), firmato da: Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, FLMUniti – CUB, Giustizia per Taranto, Tamburi Combattenti, Taranto Respira, TuttaMiaLaCittà, singole e singoli cittadine/i.

Le cose a Taranto non vanno bene. Ad eccezione della propaganda, di chi vuol crederci e di chi ci casca, le cose non vanno affatto bene.
Per chiudere l’era Ilva e smantellare il suo sistema di interessi e collusioni ci sarebbe voluta una determinata volontà politica che non c’è stata. I documenti della cessione escono dai cassetti quasi per caso ed ogni giorno se ne scopre uno capace di aggravare ulteriormente il quadro. Il piano industriale non lo ha mai visto nessuno, i bilanci sono stati nascosti per anni ed il piano ambientale è stato modificato in senso peggiorativo con ben due “addendum”, di cui l’ultimo venuto fuori solo ad accordo concluso.

Non c’è bisogno di addentrarsi nei numeri delle decine di inquinanti sputati fuori dalla fabbrica per realizzare che il dato resta inalterato: ancora una volta ad essere salvaguardata è stata unicamente la produzione. A ‘controbilanciare’ questo amarissimo boccone non c’è però né il Pil nazionale e neppure l’occupazione, come è facile far credere a chi vive lontano da Taranto. Se ieri l’interesse era assicurare il profitto ai Riva, oggi lo è far rientrare i crediti alle banche. Ben 1,5 miliardi investiti in una fabbrica fallimentare che, con la cessione a Mittal, saranno del tutto ristorati, lasciando sulle spalle delle persone ‘solo’ il restante miliardo e due di massa debitoria scaricata sul pubblico con la procedura di amministrazione straordinaria. Un vero affare il capitalismo in Italia, bene ha fatto la Lega ad investire circa trecento mila euro dei suoi fondi (o nostri dovremmo dire, visti i recenti scandali) in un bond di ArcelorMittal solo poco tempo fa, come reso pubblico da una inchiesta de l’Espresso.

E l’occupazione? Di certo ad essere tutelata è stata quella della classe dirigente locale, che dalla Taranto in crisi ricava i suoi ritorni da sempre, non rendendo praticabile alcuna strada di emancipazione dalle industrie inquinanti. Si è operata una scelta di continuità assai più semplice e proficua rispetto a uno straordinario programma di riconversione dell’economia locale. Il Piano proposto da movimenti ed associazioni che prevedeva di ricorrere ai fondi europei per le grandi aziende in crisi è rimasto del tutto inascoltato. Con questi si sarebbero potute riqualificare le professionalità ed accompagnare le maestranze verso una nuova occupazione per un periodo di due anni. Non è servito neppure illustrare i ritorni economici ed occupazionali della bonifica e della riconversione socio-economica del territorio che, a conti fatti, sarebbero costate meno di quanto sprecato per lo scellerato salvataggio del siderurgico.

Mittal ha creato devastazione sociale ed ambientale ovunque abbia prodotto nel mondo, ma politica e sindacati hanno avuto così tanta fiducia da siglare l’accordo persino prima della votazione dei lavoratori e addirittura prima di far apportare degli importanti correttivi garantiti solo verbalmente. Anche qui la comunicazione ha giocato un ruolo fondamentale nella narrazione degli eventi, poiché sui tg nazionali si è fatto rimbalzare il responso plebiscitario dei lavoratori all’accordo, senza mai citare ed analizzare quel 60% di astenuti. Le ragioni sarebbero state presto spiegate: i tanti che volevano l’Ilva chiusa non hanno trovato alcuna proposta alternativa da parte dei decisori e la paura e l’incertezza hanno finito per prevalere sulla speranza di cambiamento.
La città ha risposto con veemenza al tradimento dei 5S riversandosi in piazza, perché alle abitanti e agli abitanti di Taranto, vittime di dodici decreti che tutto hanno potuto stravolgere in tema di diritto, proprio non ci si può permettere di agitare l’alibi dell’impossibilità ad annullare un contratto.

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