Di GIROLAMO DE MICHELE

Il nuovo libro di Telmo Pievani è in buona parte una raccolta, riorganizzata per temi, di scritti pubblicati sulla stampa nazionale: un valido esempio di divulgazione scientifica “alta” nei contenuti, con precisi fili tematici che si dipanano negli anni a dispetto dell’apparente occasionalità degli articoli. Programmatico il titolo, nella cui semplicità sono ripiegate sette diverse spiegazioni del perché La natura è più grande di noi (Solferino, pp. 206, euro 16); in primo luogo, perché la nostra comprensione della natura è ancora inadeguata alla vastità delle sue zone inesplorate, dalle quali possono giungere «inattesi» (per lo sguardo antropocentrico) agenti patogeni.

È PIÙ GRANDE DI NOI perché è una trama di relazioni dalle quali siamo avvolti, e nelle quali mutamento climatico, zoonosi, devastazione degli ecosistemi, conflitti bellici ed economici, migrazioni e crescenti diseguaglianze si relazionano a vicenda, rilanciandosi in un perverso crescendo di instabilità. È più grande di noi perché si svolge su tempi geologici, al cui confronto la breve esistenza del Sapiens è poco più di un battito di ciglia: incommensurabilità che ci impedisce, a meno di non abbandonare il nostro punto di vista cui dobbiamo l’impreparazione verso eventi percepiti come imprevisti, e assumere quello della natura – o dei costruttori medievali di cattedrali.

È più grande di noi perché sfugge alle nostre categorie interpretative: non è una persona, non è dotata di volontà o scopo, non distribuisce premi o punizioni, non discrimina fra il bello e il brutto, il virtuoso e l’abominevole; la sua cifra è la contingenza, la stessa (e non un disegno provvidenziale) che ha fatto sì che gli ominidi di ieri si aggirino oggi «come scimpanzé a New York». È più grande di noi perché la sua biodiversità non è basata sul mito dei luoghi vergini o incontaminati, ma è maggiore laddove popoli indigeni, co-evolvendosi lentamente con gli ambienti, naturali, ne favoriscono la manutenzione. È più grande di noi perché nei recessi sconosciuti della sua biodiversità dimorano futuri farmaci, principi attivi, prototipi di cibo, modelli di economie circolari, modelli bio-chimici dai quali abbiamo tanto da imparare.

È, INFINE, più grande di noi perché nella natura scopriamo non quello che stavamo cercando, ma l’impensato, l’inatteso, in breve ogni manifestazione di alterità che rimette in questione la rigidità dei nostri schemi, costringendoci a quella variabilità che già Machiavelli ci insegnava a praticare. Da questa compresenza di sfaccettature Pievani prende le mosse per un attraversamento ragionato e curioso di alcuni temi sensibili: la pandemia, com’è ovvio – ma ovvie non sono le riflessioni sugli errori comunicativi della scienza; un disegno per brevi tratti di un punto di vista evoluzionistico sulla natura, che a distanza di un secolo e mezzo dal suo capolavoro L’origine della specie ancora non abbiamo interiorizzato; e il posto nella natura di quell’essere imperfetto che è l’umano, la cui comprensione per specie dovrebbe insegnarci che non esistono tipi o essenze ideali, ma popolazioni di individui concreti. Una di queste popolazioni, proiettando sull’interazione con l’ambiente le proprie diseguaglianze classiste, si è fatta agente geologico, dando l’avvio all’Antropocene. Il dialogo con alcuni grandi uomini di scienza che conclude questa riflessione è allora la proposta di alcune figure esemplari le cui vite e i cui studi costituiscono punti di riferimento in favore di un tempo migliore.

IN CONCLUSIONE: sembra che la comunità scientifica sancirà ufficialmente, il prossimo anno, l’esistenza dell’Antropocene, il cui avvio, stante il parere maggioritario dei geologi – che propendono per un evento netto, piuttosto che per un periodo sfumato come il neolitico o la rivoluzione industriale – sarà l’esplosione dell’atomica su Hiroshima. Da un punto di vista scientifico, è pacifico che mutamento climatico e guerra nucleare convergono: non si vede perché non debbano convergere anche nelle prassi dei movimenti.Pubblicato 3 giorni faEdizione del 22 dicembre 2022.

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 22 dicembre 2022.

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