di CLARA MOGNO.

Di lavoro si muore. E questo vale anche per il lavoro organizzato attraverso le piattaforme, in particolar modo quello di delivery urbano. Lo sanno tutti: sfrecciare nel traffico è pericoloso, tra gli scooter, le auto e i bus impazziti che compongono le giungle urbane. E se non lo si sapesse, ne è una riprova la morte di Mario Ferrara, fattorino di 51 anni, investito in via del Lavoro da una volante della polizia domenica scorsa mentre tornava in pizzeria dopo una consegna.

Purtroppo non è l’unica morte bianca da segnalare. Tra gamification e precarietà, tra cottimo e ranking, le piattaforme le descrivono come “incidenti stradali” – come nel caso di Pujan, 22 anni, nepalese sans papier, che ha perso la vita mentre consegnava un ordine come rider per Glovo a Barcellona. Pujan, irregolare in Spagna, lavorava con il conto di un’altra persona – fenomeno diffuso nella componente migrante della forza lavoro di piattaforma. Forme di caporalato digitale, come più volte ha denunciato in Francia da Jérôme Pimot di CLAP (Collectif des Livreurs Autonomes de Paris): chi non può accedere allo statuto di autoentrepeneur, perché per esempio ha lo statuto di rifugiato o non ha i documenti, noleggia profilo e codice di accesso di chi è iscritto regolarmente all’app, il quale trattiene dal 30 al 50% della busta paga. Tra questi anche numerosi minori – il più giovane un ragazzino di 10 anni.

Artyk Orozaliev, kirghiso di 21 anni rider per Yandex Food a San Pietroburgo, è invece letteralmente morto di fatica lo scorso 16 aprile, dopo 10 ore non-stop di consegne in bicicletta. Iderval da Silva, brasiliano, ha perso la vita a Londra, mentre faceva una consegna per Uber Eats, a causa delle ferite riportate durante il tentativo di furto del proprio scooter da parte di alcuni teenager.
Anche i casi di incidenti gravi non mortali sono molti. Si pensi a Francesco Iennaco, fattorino ventottenne a Milano per Just Eat, che l’anno scorso ha perso una gamba; o ad Aziz Bajdi, che lavorando a Parigi per Deliveroo, si è perforato la milza con il manubrio della bici – per poi scoprire che il gigante AXA non prevedeva una copertura assicurativa per l’addome.

I lavoratori delle piattaforme non solo devono farsi carico di mettere a disposizione i propri mezzi (nel caso del delivery urbano il cellulare, la bicicletta o lo scooter) ma eventualmente anche di produrre la documentazione per poter accedere ai rimborsi delle assicurazioni – un incubo burocratico, fatto di subappalti assicurativi in cui tutto è a carico del/della rider. Per fare un esempio, Deliveroo in Italia ha stipulato un’assicurazione (con dei massimali ridicoli) con Qover, compagnia che ha a sua volta appaltato i casi della piattaforma all’agenzia assicurativa Van Ameyde – pressoché impossibile da contattare. Nel caso di un incidente con un’auto quest’ultima non si assume la responsabilità di mettersi in contatto con l’RC auto della controparte, avventura lasciata intraprendere alla lavoratrice o al lavoratore (che dovrà rivolgersi a un avvocato o a un’infortunistica privata) e chiede una documentazione estremamente difficile da produrre: testimonianze scritte con documenti di chi era presente, verbale della municipale e, addirittura, i dati di tracciabilità della piattaforma al momento dell’incidente. Se almeno Deliveroo indica cosa e quanto copre (50.000 € in caso di decesso, 7.500 € per la perdita dell’udito da un orecchio – qui la scheda), Glovo non fornisce nemmeno queste informazioni – e legalmente non è tenuto a farlo, in quanto si tratta di un’assicurazione per conto terzi.

Ma i riders si stanno organizzando, e la solidarietà è già transnazionale. Un esempio è il video lanciato dalla Transnational Federation of Couriers, piattaforma di fattorin_ e alleat_ nelle lotte della cosiddetta gig economy, che raccoglie voci da Buenos Aires a Hong Kong. E lo sanno bene, che “an injury to one is an injury to all!” – e si faranno sentire sempre più forte, come già sta succedendo ovunque.

 

Per approfondire:

R. Ciccarelli, «Bologna, l’economia dei lavoretti uccide un fattorino di 51 anni»

D. López Frías, «Pujan, el repartidor de Glovo muerto, hacía sustituciones clandestinas sin conocer Barcelona»

«Yandex Food Courier Reportedly Dies From Over-Exhaustion, Sparking Outrage in Russia»

«Boy, 16, is charged with murdering Uber Eats delivery driver who was beaten to death as he tried to stop gang stealing his moped from a Tesco car park in south-west London»

J. Macher, «Tod eines Fahrradkuriers löst Proteste aus»

 

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